‘Enea’: la recensione del film di Pietro Castellitto a Venezia 80 | Rolling Stone Italia
Buona (anche) la seconda

Viva l’ambizione di ‘Enea’ (e di Pietro Castellitto)

L’opera seconda dell’attore e autore dei ‘Predatori’ riconferma la voce di uno dei nomi più interessanti della nostra scena. Portatore di un cinema vivo, spiazzante, che vuole smuovere le cose. E anche farci capire un po’ di più Roma Nord

Viva l’ambizione di ‘Enea’ (e di Pietro Castellitto)

Cesare Castellitto, Benedetta Porcaroli e Pietro Castellitto in una scena di ‘Enea’

Foto: Vision Distribution

Noi del Nord non potremo mai capire Roma Nord, non basta Google Maps e nemmeno Michela Giraud. Ora però ci viene in soccorso Pietro Castellitto col suo Enea, opera seconda in concorso a Venezia 80 dopo l’esordio I predatori premiato a Orizzonti per la sceneggiatura nell’annata Covid. Ma la Roma di Enea, che è anche il nome del suo protagonista (sempre Castellitto), è sì molto Nord, ma si allarga, diventa deformata e deformante, smostrata e mostruosa. Una città dei vivi certamente meno oscura, più tragicomica, ma ugualmente orrida, molle, incartata su sé stessa. E però anche, sempre, “che meraviglia Roma”, come sospira la mamma di Enea rimirando la vista dalla Pergola, tra un piccione e uno champagnino.

È giustissimo che Enea sia qui a Venezia e che sia in concorso, checché ne pensino e dicano certi critici che storcono il naso. Castellitto ha una voce precisa, la stessa subito esplosa nei Predatori e presente pure nel romanzo (minore rispetto ai film) Gli iperborei. I titoli di questi precedenti già indicavano l’attenzione per i gruppi sociali, e difatti anche qui si comincia dalla celebrazione della famiglia intesa come clan che procede verso un fine comune. Solo che qui da celebrare c’è poco o niente, e il fine comune non esiste: ci sono solo egoismi, risentimenti, solitudini.

Il titolo stavolta è il nome del protagonista, ma anche questa è la storia di tanti: Enea che fa lo spaccino d’alto bordo in Tesla, il suo amico che reprime baci ed emozioni (bella scoperta d’attore Giorgio Quarzo Guarascio aka Tutti Fenomeni), il fratello minore naturalmente iscritto al liceo americano che vuole solo fare a botte (Cesare Castellitto), la fidanzata decorativa (Benedetta Porcaroli versione piccole Baby crescono, in un ruolo piccolo ma che ruba sempre la scena), e mamma e papà (Chiara Noschese e Sergio Castellitto) pieni di tristezza e smarrimento anche se, per mestiere e per ruolo (lei conduttrice della “tv di qualità”, lui psicologo), dovrebbero capire il mondo meglio di tutti.

ENEA (2023) - TEASER TRAILER UFFICIALE

Gli adulti son tutti depressi (non che i figli…), e tra questi svetta Castellitto padre, splendidamente diretto dal figlio, con un personaggio che è quasi un aggiornamento del suo Iacovoni (il suo personaggio più bello, il padre di Caterina va in città), con la differenza che stavolta è un borghese non più piccolo piccolo, ma comunque “nato povero”.

È la Roma dei circoli sul Tevere, degli intellettuali d’accatto, dei pranzi al mare anche d’inverno, delle limousine, dei ricordi di nonna, dei sushi alla milanese, di rum e cocaina (zan zan). E Castellitto, anche sceneggiatore, la fa parlare come fosse un coro, attraverso dialoghi che toccano l’incomunicabilità e che sono già la cifra personalissima, spassosa e insieme dolorosa, di chi li ha scritti.

Pietro Castellitto è ambizioso, anche presuntuoso, ma è giusto che sia così un autore trentenne che una voce sa di averla già trovata. Ha la presuntuosa ambizione (però mandata a segno) di fare un cinema che guarda a modelli altissimi, a volte sembra Moravia, qua e là Bellocchio, altre persino un Magnolia ai Parioli; un cinema in cui si sente forte e chiara una bestemmia (brividini alla proiezione stampa veneziana) e si vede un aereo finire dentro un grattacielo senza che sembrino esibizioni(smi).

Un cinema d’autore a suo modo non immediato o conciliante, ma fatto da un trentenne cresciuto nel pop, pieno di musica leggerissima perché Enea, in fondo, ha voglia di niente (il leitmotiv Spiagge di Renato Zero, e poi Maracaibo, Bandiera gialla, il climax finale sullo standard Maledetta primavera); un cinema che spiazza continuamente, che forse pecca un po’ di lunghezza ma proprio perché si diverte (ci diverte) ad aggiungere, esasperare, stressare un racconto che ti porta dove vuole.

Pietro Castellitto è un autore nato a Venezia come molti altri nel passato, l’abbiamo visto nel doc Rai/Canal+ La parte del Leone (lo trovate su RaiPlay): il giovane Nanni Moretti che vediamo lì era forse meno ambizioso e presuntuoso di Castellitto oggi? No, e Castellitto è un giovane regista capace finora di darci film parimenti interessanti e incandescenti. È cosa buona che la Mostra faccia crescere i suoi talenti, soprattutto i nostri che vogliono smuovere le cose.