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‘The Testament of Ann Lee’ è un film stranissimo e intenso

Arriva al Lido l'opera di Mona Fastvold con Amanda Seyfried nei panni di un'ultracredente visionaria. Il nostro consiglio? Non ascoltate chi lo definisce un musical e andate a vederlo

Foto: courtesy of TIFF

The Testament of Ann Lee è uno dei film che stanno dividendo Venezia 82 tra chi lo ama e chi invece lo trova un’occasione utilizzata a metà. Noi, lo diciamo subito, siamo nel primo gruppo.

Nuova opera della regista norvegese Mona Fastvold (già co-writer di The Brutalist, mentre qui è il marito Brady Corbet a fare il co-sceneggiatore), il film racconta la storia e la vita di Ann Lee, una delle poche, se non l’unica, leader religiose del XVIII secolo. Già qui potremmo spalancare gli occhi: donna, leader spirituale, 1700. Definirla così però è riduttivo, perché Ann Lee era per i suoi adepti l’incarnazione di Cristo in abiti femminili. “You believe God is a woman“, come giustamente cantava Ariana Grande.

Amanda Seyfried è alle prese con forse uno dei personaggi più complessi della sua carriera, quello di una donna che evangelizza, che vede quello che gli altri non vedono, che sembra sapere quello che ci sarà dopo e che deve combattere ogni giorno contro il mondo, la società, la perdita. Nata a Manchester, in Inghilterra, Lee emigrò con un piccolo gruppo di seguaci negli Stati Uniti, dove contribuì a fondare una società utopica nota per la sua uguaglianza tra i sessi, il canto, il celibato. Tutto, ricordiamo, sempre nel 1700.

Una vita disgraziata perché “sporcata dalla lussuria” in contrasto a scelte quasi laiche rendono la storia di Ann Lee unica. E il film di Fastvold ne esce drammatico e complesso. Complesso perché è difficile da incasellare. Qualcuno vi dirà che è musical, non cascateci. Non troverete canzoni su Spotify o vinili nei negozi: Amanda Seyfried canta, sì, ma quelli che si sentono sono canti religiosi, litanie, invocazioni che, come ha dichiarato lei stessa, nascono “dal dolore e dalla disperazione”. La disperazione e la forza con cui gli Shaker, i puritani di cui Ann Lee è stata faro, rinunciano a tutto ciò che non è previsto dalle Sacre Scritture per condurre una vita più vicina possibile a quella di Dio. E che soprattutto sono passati alla Storia per i loro incontri in cui chiamavano lo Spirito in Terra, letteralmente, attraverso manifestazioni esteriori fisiche, urlate e ballate.

Come ha raccontato a Vanity Fair, la regista ha avuto l’idea di realizzare questo film dopo essersi imbattuta in un inno Shaker mentre stava ultimando le riprese di The World to Come, il suo film del 2020 sempre presentato a Venezia. Ha deciso quindi di approfondire questa anomala storia americana: «Oltre alla rarità che questo gruppo fosse guidato da donne, gli Shaker hanno creato più di mille canzoni da cantare e ballare senza inibizioni durante il culto». Una comunità che non ha resistito al tempo: negli Stati Uniti oggi si contano solo tre persone che si dichiarano Shaker.

Ma cos’è The Testament of Ann Lee? Difficile dirlo, come vi dicevamo prima. È il West End che incontra una storia puritana, ma anche un film cupo dove il corpo viene messo al centro e mostrato in maniera cruda mentre attraversa il dolore e la morte. Tra i punti di forza, una regia e una fotografia che rendono i momenti rituali il videoclip più figo che abbiate mai visto. E l’interpretazione di Amanda Seyfried, così brava che alla fine vien quasi voglia di diventare uno Shaker pure a te.

Un po’ The Witch spruzzato dalle visioni di San Pietro sulla traversa, The Testament of Ann Lee in ogni caso non vi lascerà indifferenti. E se forse il vero “testamento” non si capisce quale sia, non importa. Il nostro consiglio è quello di guardarlo al cinema, senza distrazioni, di prendersi due ore per fare un viaggio che vi porterà in un passato dove troverete molti collegamenti con il presente. Perché, in fondo, sono passati 300 anni ma le donne che hanno visioni (anche non mistiche) fanno ancora paura.

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