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‘The Marvels’ abbandona le sue eroine a sé stesse

Brie Larson, alias Captain Marvel, guida il trio di superdonne impegnate nella solita (dis)avventura nell’ormai immancabile multiverso. Ma stavolta nessuno, a partire dalla Marvel, sembra crederci davvero

Foto: Laura Radford/Marvel Studios

È una verità universalmente riconosciuta che il Marvel Cinematic Universe ha avuto un periodo difficile, nel tentativo di trovare una nuova via dopo la Saga dell’Infinito. Ma uno dei punti di forza degli ultimi anni è stata la serie Ms. Marvel, in cui l’adolescente pakistano-americana Kamala Khan scopre un braccialetto intergalattico appartenuto a sua nonna e… boom!, il braccialetto sblocca i suoi poteri e trasforma questa superfan degli Avengers del New Jersey in una vera e propria supereroina. La serie ha mostrato una rara, sfumata rappresentazione della vita familiare musulmana, ci ha regalato una nuova stella comica (l’attrice canadese Iman Vellani) e ha costituito una boccata d’aria fresca in questo universo interminabilmente interconnessa. Come ricorderete, la prima stagione si è conclusa con una sequenza post-credits che vedeva Khan scambiarsi inspiegabilmente il posto con la sua eroina Carol Danvers, alias Captain Marvel.

Vi suggeriamo quindi di pensare a The Marvels, ora nelle sale, meno come a un vero e proprio film del MCU e più come a un lungo episodio extra della serie Ms. Marvel; è probabile che avrete un’esperienza molto più soddisfacente, se filtrate questo film attraverso la lente di Khan & Co. che si lanciano in una disavventura cosmica. Riunendo la guardiana interstellare interpretata da Brie Larson, l’ex ufficiale dell’aeronautica/attuale impiegata dello S.W.O.R.D. Monica Rambeau (una delle tante Captain Marvel presenti nei fumetti) e la giovane e scarmigliata Vellani, questo traballante 33esimo capitolo della saga complessiva non supera la prova né come sequel di Captain Marvel (2019), né come somma delle sue parti. Per dirne una: essere una vetrina sul grande schermo per Vellani, che fa quello che sa fare meglio. Solo per questo Thor: The Dark World può mantenere saldamente il posto come peggior titolo del franchise.

The Marvels inizia da subito a giocare a rimpiattino con il suo trio, interscambiandolo tra scenari che coinvolgono lo spazio profondo, il quartier generale orbitante di Nick Fury (Samuel L. Jackson, che incassa l’ennesimo lauto assegno) e la casa di Khan nel New Jersey. Il motivo di questo incontrollabile teletrasporto avanti e indietro? Una guerriera Kree di nome Dar-Benn (Zawe Ashton) ha scoperto un braccialetto di pietra lunare che le conferisce un enorme potere, e ha intenzione di usare il suo nuovo dono per sottrarre risorse al suo pianeta natio, Hala, che è stato decimato per colpa di un tipo chiamato “l’Annientatore”. Il braccialetto di Ms. Marvel è il gemello di quel gioiello che distrugge il mondo. Questo talismano ha aperto un varco nel tessuto dello spazio e del tempo, per cui le varie eroine Marvel, capitane e non, vengono teletrasportate a casaccio.

Alla fine, le nostre si ritroveranno nello stesso posto e nello stesso momento, faranno squadra e combatteranno insieme in sequenze praticamente indistinguibili da tutte le altre battaglie già viste nei film Marvel (tranne quelle ambientate nel Wakanda). La Valchiria di Tessa Thompson appare (non è uno spoiler, è nel trailer) e poi se ne va: non sbattete le palpebre o ve la perderete. Una sequenza di addestramento con in sottofondo Intergalactic dei Beastie Boys non è così cool o intelligente come crede di essere, ma almeno le tre attrici sembrano divertirsi davvero… il che è più di quanto si possa dire per il resto della performance di Larson, a metà tra la stanchezza e l’obbligo contrattuale. Francamente, non la biasimiamo. Danvers e Rambeau hanno una lunga storia alle spalle, che il film continua a sfiorare brevemente prima di lanciarsi in uno strampalato numero musicale che sembra preso in prestito dal live-action di Aladdin; seguìto da un salvataggio che coinvolge letteralmente un branco di gatti e una canzone tratta dal musical Cats.

(Breve nota a margine: coloro che si sono tenuti aggiornati sulle varie guerre e le secret invasions del Marvel Cinematic Universe ricorderanno che i Kree e i mutaforma dalla pelle verde noti come Skrull sono impegnati in una lungo e prolungato conflitto che risale a eoni fa, e che gli Skrull sono diventati essenzialmente dei rifugiati che migrano per i diversi pianeti. La guerra gioca naturalmente un ruolo importante sia nel piano del cattivo Kree sia nella promessa di Carol Danvers di proteggere gli Skrull. Nel corso degli anni, i lettori più attenti dei fumetti e gli spettatori di lunga data dei film e delle serie del MCU potrebbero essersi trovati a fare alcuni parallelismi con gli eventi reali. Traete le vostre conclusioni. Ma possiamo confermare che, in questo particolare momento storico, le sottotrame che coinvolgono militanti radicalizzati, sfollati e contrattacchi aggressivi che offuscano le linee morali ed etiche risultano estremamente diverse, e non funzionano né come possibilità di fuga dalla realtà in cui viviamo né come allegoria della realtà stessa.)

Brie Larson è Carol Danvers/Captain Marvel. Foto: Marvel Studios

Ogni volta che The Marvels si concentra sul fangirling di Kamala Khan nei confronti delle sue nuove partner, o sulla sua famiglia nel New Jersey (un grande applauso a Saagar Shaikh, Zenobia Shroff e Mohan Kapur per aver ripreso i rispettivi ruoli all’interno del clan Khan), o sul costante senso di meraviglia provato dal personaggio (la stessa vertigine di Vellani a volte diventa persino contagiosa per le sue compagne d’avventura), si può sentire il lontano suono di un battito di cuore sotto il frastuono. Al di là di questo, si tratta di un film tre volte più commerciale del solito, ma realizzato con un terzo dell’impegno che la casa di produzione mette di solito. Avrebbe dovuto essere un “episodio speciale” di 45 minuti o una miniserie di sei ore, in cui i rapporti tra i membri di questa nuova trinità avrebbero potuto essere approfonditi meglio, e gli stridenti cambi di tono relegati in capitoli separati.

Per quanto riguarda la regista Nia DaCosta, ha già dato prova di sé con un discreto thriller indie (Little Woods del 2018) e un remake/requel horror sottovalutato e purtroppo dimenticato (Candyman del 2021). E qui ci sono alcuni momenti notevoli, dalla rapida conversazione prima della battaglia tra Vellani, Larson e Parris a un’inquadratura mozzafiato di Danvers che si lancia a salvare un amico dentro l’universo infinito e nerissimo; momenti che suggeriscono una sensibilità reale, che ogni tanto fa capolino. Non è dato sapere se corrispondano a verità le voci dell’industria a proposito dei tantissimi reshoot (o di intere sequenze buttate via) del film; ma il risultato è un progetto che sembra aver subìto mille tagli, snaturando i piani originali.

Altri si accaniranno su The Marvels per motivi diversi, ovviamente: chi lo dirige, chi lo interpreta, il ritratto di questa sorellanza che si affaccia nello sturm und drang. Altro che guerra Kree-Skrull, ci toccano le guerre culturali! Haters gonna hate: non c’è niente da fare, se non lasciare perdere questi fan tossici e stronzi e andare avanti. Lo stesso vale per la solita necessità di inserire anticipazioni sui progetti futuri nelle sequenze post-credits, compreso quello che pare un crossover inevitabile, perché i multiversi sono multiversi (per avere un’idea, riguardate gli Easter eggs dell’ultimo episodio di Ms. Marvel; oppure no). Ma si può facilmente riconoscere che i produttori hanno trattato questo film non tanto come un tassello del più grande puzzle del MCU, quanto piuttosto come un’inutile deviazione tra un’avventura e l’altra. “Essere il meglio che puoi essere” era diventato il tormentone della versione a fumetti di Carol Danvers. Qui, invece, sembra che l’intera atmosfera si sia trasformata in: “Abbiamo già dato, grazie mille”.

Da Rolling Stone US

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