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Sui generi(s): Nel segno del giallo – Parte II

La letteratura inglese ha dato anche al cinema una delle firme più prolifiche e “adattate” di sempre: Agatha Christie. Da Hercule Poirot a Miss Marple, i suoi sono diventati eroi anche dello schermo

Il giallo si addice alla Gran Bretagna. Vittoria, regina di Gran Bretagna e Irlanda, imperatrice delle Indie: sì, la leggendaria Vittoria che regnò per 64 anni. “Gran Bretagna, Irlanda, Indie…”: titoli davvero evocativi. L’epoca vittoriana era il centro del mondo. Storia, politica, potenza economica, cultura. “Commonwealth” era una delle parole più pronunciate negli ultimi secoli, meno nell’era recente, quasi più nell’era contemporanea. Foreign Office: c’era una rubrica fissa nei giornali radio e nei quotidiani di tutto il mondo che raccontava i fatti dell’impero, fino a non molto tempo fa. Scrittori come Kipling e Stevenson, come Conrad, Maugham e Forster, britannici nati in Ucraina e morti nel Kent (Conrad), o nati a Bombay e morti a Londra (Kipling), comunque sempre in giro nei due emisferi: sono loro, in quelle epoche, che hanno inventato un parte della nostra più bella educazione sentimentale, e anche culturale.

L’incanto, il sogno, l’avventura, le terre lontane e tante terre, l’estremo Oriente e il medio, l’India e l’Australia, il Canada, le isole del Pacifico e dei Caraibi. Una cultura tutta sui libri, prima che arrivasse il cinema. Le coste e le navi, le genti e gli animali, le armi e gli amori, il deserto e le carrozze, i poveri e i ricchi, quasi sempre i ricchi: tutto doveva essere desunto dalla scrittura, sforzo attivo di fantasia, con l’eroe da immaginare, non un Gary Cooper scelto da altri per nostra comodità. E in che grande misura il cinema avrebbe attinto a quegli autori.

In questo contesto, in questo strepitoso Paese della fantasia, verso l’inizio del secolo scorso irrompe un autore secondo, per vendite, solo agli evangelisti: Agatha Christie. Agatha nasce bene, famiglia ricca, buona cultura, possibilità di sperimentare e di cercare. Vita sociale “vittoriana”. Va a Parigi a studiare canto, non ha talento, torna in Inghilterra, scoppia la guerra, lavora in un ospedale, al dispensario, dunque a contatto con medicine e veleni. Un’esperienza che le servirà. Conosce un colonnello dell’aeronautica, se ne innamora, lo sposerà e avrà una figlia da lui. Nel frattempo ha assimilato il sentimento, la morale e la cultura imperiale britannica. Ha letto gli autori detti sopra, è pronta per cominciare ad operare, così scrive il suo primo romanzo, Poirot a Styles Court, un fatto che condizionerà letteratura e, di conseguenza, il cinema.

Poirot è un detective belga di mezza età, maniaco dell’eleganza, della cura del corpo – lui così goffo – e di altre cose, pieno di tic, naturalmente intelligentissimo. Non è un eroe e non è un seduttore. Non è competitivo. Insomma, non è Bond. Ma Christie gli attribuisce caratteri precisi, una conoscenza dell’animo umano profonda e una sovrumana capacità di mettere in relazione gli elementi della vicenda criminale. Certo la scrittrice non pensava al cinema durante la stesura delle sue prime storie, ma in realtà già scriveva per il cinema. Prosa essenziale, dialogo efficace, costruzione della trama a puzzle che il detective smonterà pezzo per pezzo alla fine. E poi i personaggi. Gente cosmopolita che girava il mondo. Gentiluomini che la sera si cambiavano per andare a tavola, su un traghetto sul Nilo, camicia bianca e cravatta con 40 gradi di temperatura. Oppure la cattivissima matriarca dal destino segnato sin dall’inizio del racconto.

Poirot ha avuto molti interpreti. La memoria del cinema seleziona soprattutto Peter Ustinov, in due grandi classici come Assassinio sul Nilo e Delitto sotto il sole. Un altro Poirot memorabile è Albert Finney in Assassinio sull’Orient Express, un ipertrofico contenitore di divi, Connery, Bergman, Redgrave, Perkins, Widmark, Bisset, Bacall fra gli altri. Quel film rappresenta un unicum per la soluzione finale, dove tutti sono colpevoli. E Poirot, uomo di legge tout court, strutturalmente incapace di trasgredire, decide invece per l’impunità di quegli assassini “collettivi”, perché l’ucciso meritava di essere giustiziato. Poirot non è solo un detective, è un carattere che fa parte del costume e del racconto popolare come i personaggi dall’epica trasversale, Achille e Ulisse, Robin Hood e D’Artagnan, Tarzan e Zorro.

Le storie della Christie, soprattutto quelle con Poirot, continuano nei decenni. Sono conosciute e reiterate ma resistono per affezione, nostalgia ed estetica. Le trame con David Suchet, l’ultimo Poirot televisivo, che davvero sembra un clone di Ustinov, non valgono certo per l’intreccio e la catarsi finale, tutta roba ormai conosciuta, ma per la ricostruzione, l’ambiente, caratteri che il giallo e l’action attuali hanno dimenticato. Sono un deterrente alla violenza e alla tecnologia dei Mission: Impossible con Cruise, dei Die Hard con Willis e della serie The Bourne Identity con Damon. Sono programmi salutari.

Dieci anni dopo Poirot, Christie ritenne che fosse il momento per un’altra invenzione. Si applicò in una sorta di marketing a modo suo e poi pensò a sua nonna, un’anziana, naturalmente, che non usciva mai di casa ma dotata di un’intelligenza allarmante. Così nacque Miss Marple, la vecchietta sedentaria e tranquilla, che vive nel borgo di St. Mary Mead, capace di lavorare a maglia, preparare il tè per gli amici, ma soprattutto di risolvere gli intrighi. Per Miss Marple il cinema ha scovato un modello perfetto, Margaret Rutherford, vecchia attrice di provenienza teatrale che ci ha masso qualcosa in più di dinamica e “teatralità” appunto, ma che è una Marple irresistibile. E qui è doverosa una citazione, quella del regista George Pollock che ha diretto fra il ’60 e il ’65 Murple&Rutherford in titoli che sono autentici gioielli, dei b/n culto dei “christiologi” puristi: Assassinio sul treno, … sul palcoscenico, … al galoppatoio, … a bordo.

Indimenticabile il suggestivo tema musicale della serie, composto da Ron Goodwin. Nel ’66 Pollock ha anche firmato il titolo principe di Agatha Christie, Dieci piccoli indiani. Anche Marple, come Poirot, ha nutrito una schiera di adepte. Certamente all’altezza della tradizione della grande giallista inglese è Angela Lansbury, la “Signora in giallo”. Agatha Christie è un carattere perfetto rispetto alla regola di questa storia poco normale, che privilegia la parte rimasta attiva, viva e vedibile del cinema nel tempo. L’evoluzione dei personaggi e del Paese di Agatha sono stati presi a cuore dal cinema, che continua a riproporli, nelle stagioni, con gradimento trasversale e continuo da parte del pubblico.

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