Storia ‘diversa’ del cinema: E negli anni ’80 in Italia finisce la magia – Parte II | Rolling Stone Italia
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Storia ‘diversa’ del cinema: E negli anni ’80 in Italia finisce la magia – Parte II

Poche eccezioni (Nanni Moretti su tutte) in quello che è un decennio di profonda crisi per la produzione nazionale. Che la nuova ondata di comici – Benigni, Troisi, Verdone – prova a risollevare, almeno negli incassi

Storia ‘diversa’ del cinema: E negli anni ’80 in Italia finisce la magia – Parte II

Nanni Moretti in ‘Palombella rossa’ (1989)

I Taviani si sono bene accreditati, negli anni ’80 hanno già una loro nicchia. Avati ha già iniziato il suo discorso di buon autore, ma la sua creatività è troppo monocorde: non sarà mai un maestro. Un autore già importante è Scola, che fa un ottimo film, La famiglia. Si intravede Salvatores nell’estremo lembo del decennio, l’89 appunto, che dirige Marrakech Express. Sarà, per qualche stagione, un buon autore, vincerà persino un Oscar immeritato (detto anche da lui) con Mediterraneo. Si smarrirà una volta perduta la sua prima identità. Gli Ottanta sono invece il decennio della buona comicità. I nomi sono quelli di Verdone, Troisi e Benigni. Certo non è grande cinema, non è “movimento”. Anche Argento ha già offerto la sua parte migliore. Una citazione naturalmente gli è dovuta, a lui, raro esportatore di cinema italiano e “semi-inventore” di genere.

Naturalmente non può non esserci un’eccezione. L’Italia è un Paese a cui il cinema si addice con grande naturalezza. Il disordine, la non univocità di quella forma d’arte, gli è congeniale in assoluto. Mi piace la metafora del calciatore in declino che tuttavia trova sempre il momento, per attitudine, tecnica e fantasia, magari non più per energia, di fare un gol d’autore. L’eccezione è Nanni Moretti. Verso la fine del decennio precedente, esattamente nel ’78, venticinquenne, con Ecce Bombo, suo primo film “vero”, mostra un’attitudine magnificamente anomala per il nostro cinema: la capacità di rappresentare contenuti importanti con ironia, leggerezza, facendo sorridere e ridere. È un’esclusiva, parlo di alto profilo naturalmente, che gli appartiene.

Palombella Rossa trailer ita

Ma c’è un’altra prerogativa, anche questa quasi sua esclusiva: Moretti è un ottimo scrittore. I suoi film partono da lì, com’è giusto che sia. Il regista non sarà mai un acrobata del linguaggio, la cinecamera non percorrerà mai chilometri di rotaie in dritto o in tondo, e neppure in alto o in basso. Si piazzerà sui volti e sui campi, più o meno lunghi, per rappresentare chiaramente, non per stupire in velocità. Nella Messa è finita Nanni è un prete triste, perché non può fare niente intorno a sé. Nel 1989 firma Palombella rossa, film vicino alla politica, certo di qualità ma sopravvalutato, che apre la nuova fase, politica appunto, che diventerà in futuro sempre più definita e perentoria. Citando Moretti, da molte stagioni lo accompagno con la didascalia “forse l’unica prova di esistenza in vita del cinema italiano”. Ho detto “lo accompagno”, avrei dovuto usare il passato, perché è legittimo il timore, rispetto alle sue ultime proposte, che il meglio anche lui lo abbia già dato.

Fine della magia non significa che il decennio non produca altri titoli di qualità. Si fa largo un napoletano di talento, Massimo Troisi, col suo Ricomincio da tre (1981), dando corpo a un personaggio, Gaetano, che emigra dalla provincia di Napoli. Ma era meglio che non lo facesse. Nel 1982 arriva il momento di Diego Abatantuono, diretto da Carlo Vanzina in Eccezzziunale… veramente. Il suo gergo sfonda. Durerà molto tempo, proposto e riproposto anche anni dopo. Nel 1980 nasce la stella Carlo Verdone, che dirige e interpreta Un sacco bello, e dà corpo e volto al ragazzone romano che, deluso dalla sua vita, se ne inventa un’altra, esagerata.

Ricomincio da tre - Trailer Ufficiale

Mario Monicelli dirige Amici miei – Atto II° (1982) e fa rivivere le avventure goliardiche dei quattro amici toscanacci. Manca il Perozzi di Philippe Noiret, morto subito dopo il primo atto. Ettore Scola firma due titoli ricordabili, La terrazza (1980) e La famiglia (1988). La sua visione dei collettivi è sempre ricca, anche se l’ispirazione di C’eravamo tanto amati, del 1974, non è più la stessa.

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