Short Culture Cuts #6: Piccole sopravvalutazioni tra amici | Rolling Stone Italia
Academy of the Overrated

Short Culture Cuts #6: Piccole sopravvalutazioni tra amici

Il saggio ‘Aragoste, champagne, picnic e altre cose sopravvalutate’, curato da Arnaldo Greco, altro non è che una rassegna di “corti”. Ma perché siamo così ossessionati da liste, classifiche ed elenchi di ogni tipo?

Short Culture Cuts #6: Piccole sopravvalutazioni tra amici

‘Manhattan’ di Woody Allen (1979)

Foto: MGM

Una serie a puntate, in collaborazione con MAX3MIN – Very Short Film Festival, per riflettere su cosa è, oggi, corto. Spoiler: tutto.

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E se le raccolte di saggi ora assai in voga fossero nient’altro che piccole rassegne di cortometraggi involontarie? L’ultima uscita è Aragoste, champagne, picnic e altre cose sopravvalutate, la pubblica Einaudi, l’ha curata l’amico Arnaldo Greco e dentro ci sono i contributi di molti amici – lo dico a scanso di polemiche “l’editoria italiana è un buscio di culooooo!!! vi conoscete tutti e vi fate le pippe e vicendaaaaa!!!”, seguite dall’hashtag #conventicole, anche se al tempo del Giancarlo Iacovoni/Sergio Castellitto di Caterina va in città by Virzì gli hashtag non esistevano: eravamo ugualmente mitomani, però si vedeva meno.

Il titolo dello spedito multi-saggetto cita Christopher Hitchens, il quale appunto aveva scritto che le quattro cose più sopravvalutate nella vita sono lo champagne, l’aragosta, il sesso anale e i picnic (il sesso anale fa evidentemente troppa paura agli editori italiani, chissà). Ma inevitabilmente il pensiero va pure alla “Academy of the Overrated” di Manhattan, dove Woody Allen e Diane Keaton stilano la lista delle cose da ridimensionare – tipo: Gustav Mahler, Francis Scott Fitzgerald e Carl Jung; su Ingmar Bergman restano divisi (io do ragione a Woody/Isaac, secondo cui non è affatto sopravvalutato).

È un esercizio divertente, quello sulle cose sopravvalutate, che ciascuno di noi può fare a proprio piacimento. A me le prime che vengono in mente sono Firenze, Friends, i Queen, le lasagne, il Free Cinema inglese, e mille altre che v’interesseranno poco. In questa serie di riflessioni sulla cultura del corto, m’importa di più l’idea dell’elenco, della lista in sé stessa.

Siamo eternamente ossessionati dalle raccolte di idee, pensieri, anche solo di nomi o titoli, qualunque esse siano. Non è ancora finito aprile e Vanity Fair America ha già pubblicato la classifica dei migliori film dell’anno so far: a dicembre come arriveremo? (Tolto il fatto che questa lista nella fattispecie conferma che le raccolte sono spesso inutili se non dannose, soprattutto quando messe in piedi così presto: dentro l’elenco di Vanity Fair troviamo Le otto montagne, uscito negli Stati Uniti quest’anno, ma pure ciofeche come Sharper, filmaccio Apple con Julianne Moore: non si poteva aspettare Natale?)

Aragoste, champagne, picnic e altre cose sopravvalutate, invece, funziona davvero come piccolo festivalino di corti. Perché i diversi autori – da Francesco Piccolo ad Alessandro Baricco, da Guia Soncini a Nadia Terranova – ragionano come selezionatori di rassegne cinematografiche inconsapevoli. Si sono divisi i temi e i generi ordinatamente. C’è chi fa il memoir e chi la fiction, chi il documentario (per capirci) e chi la sperimentazione. Certo, prima forse bisogna porsi una domanda fondamentale: e se le raccolte (di qualsiasi cosa) fossero esse stesse sopravvalutate?