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Short Culture Cuts #5: L’arte eXistenZiale e sintetica di David Cronenberg

Arriva alla Fondazione Prada di Milano ‘Cere anatomiche’, la mostra che fa incontrare i modellini realizzati alla Specola di Firenze tra il XVIII e il XIX secolo e la poetica del maestro canadese, autore di un corto inedito. Un match made in heaven

Foto: Roberto Marossi/Fondazione Prada

Una serie a puntate, in collaborazione con MAX3MIN – Very Short Film Festival, per riflettere su cosa è, oggi, corto. Spoiler: tutto.

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L’arte può essere sintetica, rapida, immediata? Può essere “corta”? L’arte non intesa come processo creativo, che, al di là del gesto e dell’estro, è ovviamente frutto di percorsi sempre tortuosi, accidentati, lunghi; non prende certo scorciatoie. Ma l’arte intesa come atto del guardare e del recepire, come fine più che come mezzo.

Ha appena aperto alla Fondazione Prada di Milano Cere anatomiche, in sintesi (appunto): i modelli di corpi realizzati in cera, e dunque delicatissimi, tra il XVIII e il XIX secolo alla Specola di Firenze, il museo di fisica e storia naturale probabilmente più antico del mondo, incontrano il mondo di David Cronenberg, fresco ottantenne che li mette al centro di Four Unloved Women, Adrift on a Purposeless Sea, Experience the Ecstasy of Dissection, un corto di 3 minuti e 54 secondi (un corto vero, mica come quelli di oggi) per sintetizzare e sintetizzarsi – forse il messaggio non era sufficientemente chiaro.

Si capisce anche solo a leggerlo, che è un match made in heaven. La storia dell’uno (il museo) e dell’altro (il regista) s’intrecciano in quest’universo popolato di creature, esserini, feti, donne sventrate (ma con la collana di perle: nemmeno in una visione di Cronenberg, appunto). Oltre ad essere protagoniste del corto inedito dell’autore canadese, le creature umane e quasi divine sono pure esposte dentro le loro teche, in cui sembrano, a seconda dell’occhio di chi le guarda, cadaveri, reliquie, idoli, marionette, mostri.

Sono creature che si portano dietro un discorso sul femminile e lo psicanalitico che là – cioè nell’opera degli artigiani sette-ottocenteschi – era probabilmente casuale o inconscio e qua – ovvero nella libera traduzione del regista – è invece pienamente consapevole e chirurgico – nell’accezione, in questo caso, pure letterale.

Foto: Roberto Marossi/Fondazione Prada

Ne esce una sintesi (poi la smetto, giuro) che parte dal mostruoso per arrivare – e tornare – all’umano. Un percorso eXistenZiale dove i corpi di queste donne sezionate, studiate, fino ad essere sublimate se ne stanno lì distese in piscina (CGI) come Barbie, ma anche sospese in quell’acqua quasi amniotica a rispondere alle solite domande che restano al solito aperte: chi siamo?, da dove veniamo?, eccetera.

La Specola aveva già collaborato con Wes Anderson per Il sarcofago di Spitzmaus e altri tesori, arrivata anch’essa alla Fondazione Prada, altra sintesi (è l’ultima volta, promesso) di una poetica, di un processo creativo, di un modo di intendere l’arte. Con Wes Anderson era la Wunderkammer che è, eternamente, il suo cinema; con David Cronenberg sono i corpi: nudi, inseparabili, violenti, futuribili, crashati. Da smontare e rimontare, come nell’ultimo (sottovalutatissimo) Crimes of the Future.

Ci voleva un lavoro lunghissimo – di realizzazione, di conservazione, di reinterpretazione – per arrivare a questo cort(issim)o che, in tre minuti, forse davvero ci spiega i demoni che abbiamo sotto la pelle.

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