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Short Culture Cuts #2: Basta un videoclip a farti diventare un grande regista?

Taylor Swift ha dialogato con Martin McDonagh per la serie di Variety ‘Directors on Directors’. E ha scosso la bolla cinéphile. Che si chiede se si può davvero diventare autrice così in fretta

Foto: Universal Pictures

Una serie a puntate, in collaborazione con MAX3MIN – Very Short Film Festival, per riflettere su cosa è, oggi, corto. Spoiler: tutto.

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Nella bolla della bolla della bolla, s’è di recente dibattuto assai (vabbè) a proposito di un’intervista della serie di Variety intitolata Directors on Directors. Quella che, in piena Oscar Race, mette coppie di registi a dialogare tra loro di cinema, arte, vita, morte, miracoli. Tra i nomi scelti quest’anno, un duo in particolare ha provocato effetto, se non indignazione (nella bolla della bolla della bolla). Quello composto da Martin McDonagh, regista di In Bruges, e Tre manifesti a Ebbing, Missouri, e ora dello splendido The Banshees of Inisherin (titolo italiano Gli spiriti dell’isola, nelle sale a febbraio); e da Taylor Swift, regista… regista?

Be’, tecnicamente sì. Non solo di molti dei suoi videoclip (i più recenti Anti-Hero e Bejeweled, dall’ultimo disco Midnights), ma anche di quello di un’altra sua canzone da poco rifatta, All Too Well, che ha per sottotitolo proprio The Short Film. Il buzz iniziale la dava per sicura candidata ai prossimi Academy Award, per questo che è a tutti gli effetti un corto, nella categoria miglior cortometraggio, appunto. Ma non ce l’ha fatta ad entrare nella shortlist che precede le cinquine vere e proprie. (Dovrebbe però spuntare quasi sicuramente una nomination per la canzone Carolina, scritta per il pessimo La ragazza della palude. Ma questa è un’altra storia.)

Fa effetto, dicevo, vedere Miss Swift associata a uno dei nomi più interessanti e premiati del panorama cinematografico attuale. Uno che avrebbe dovuto dire: “Sì, va bene che Taylor è una cocca dell’industria, ma proprio con lei dovevate farmi parlare?”. Chiunque salta sul carro del vincitore, e Swift è una delle pochissime popstar in grado di vendere milioni di dischi come succedeva nell’epoca analogica. Dunque tutti se la tengono in palmo di mano. (Ci riescono, a vendere milioni di dischi, praticamente solo lei e Adele, che però si fa dirigere i videoclip da professionisti come Xavier Dolan. Ma anche questa è un’altra storia. O forse, stavolta, no.)

Nella conversazione con McDonagh, Swift parla da pari a pari: «L’ho scritto sapendo che sarebbe diventato un corto. Volevo trattarlo in modo diverso dai miei videoclip precedenti. Volevo lavorare con una nuova direttrice della fotografia, Rina Yang. Volevo girarlo in 35mm. E l’ho scritto con già in mente Sadie Sink e Dylan O’Brien. Ho letto che anche tu hai scritto il tuo ultimo film con in testa tutto il cast». Il casting di All Too Well (due attori già famosini, lui per Maze Runner e lei per Strangers Things, che parlano poco o niente) come quello di The Banshees of Inisherin, che regala alcune delle performance migliori dell’annata: sicuri? Ma forse questo è il segreto: presentarsi come una regista, punto.

Il passato è una terra… cortissima. Nel senso che, com’è noto, tanti registi (David Fincher, Spike Jonze, Anton Corbijn, Jonathan Glazer, Mike Mills) hanno esordito nel videoclip, prima di diventare… ehm, registi. Ma non credo che, se all’epoca fosse esistito Directors on Directors, sarebbero mai stati invitati a chiacchierare con, che so, Steven Spielberg o Jane Campion.

Taylor Swift ha già annunciato che ora dirigerà un lungometraggio. «Ho sempre voluto raccontare storie. Le ho sempre scritte, e poi sono diventate canzoni, poesie, ora film», dice. Aggiungendo che la regia era una destinazione naturale: «Ho scritto i miei video per anni, poi per uno in particolare (The Man del 2019, ndr) avevo un concept preciso, e volevo che ci fosse una regista donna a dirigerlo. Quelle che ho contattato erano tutte impegnate, e allora mi son detta: forse posso farlo io».

Che l’industria abbia già accolto come regista “e basta” l’autrice di un solo short film “ufficiale” (e per di più musicale) forse è un buon segno. O, se l’autrice non si fosse chiamata Taylor Swift, forse non sarebbe mai successo. In ogni caso, le cose si muovono. Soprattutto nella bolla, o probabilmente (per ora) soltanto lì.

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