‘May December’: la recensione del film di Todd Haynes con Natalie Portman e Julianne Moore | Rolling Stone Italia
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‘May December’ ci insegna che nessuno è giusto

Un grande regista (Todd Haynes), due grandi attrici (Natalie Portman e Julianne Moore), un grande caso mediatico che diede scandalo a metà anni ’90. Un grande film? Anche. Soprattutto perché non cerca una morale

‘May December’ ci insegna che nessuno è giusto

Natalie Portman e Julianne Moore in ‘May December’ di Todd Haynes

Foto: Lucky Red

Candidato all’Oscar per la migliore sceneggiatura originale, in uscita nelle sale il 21 marzo con Lucky Red, l’ultimo film di Todd Haynes, May December, forse manca in qualcosa, ma è innegabilmente seducente, forse addirittura uno dei suoi migliori. Due splendide attrici, Natalie Portman e Julianne Moore, sono protagoniste di questa storia vera quanto assurda, ispirata al caso di cronaca di Mary Kay Letourneau, che generò una bufera mediatica tra il 1996 e i primi 2000.

Tredicesimo lungometraggio del regista americano, May December riesce ad essere sentimentale e drammatico, attrattivo e vellutato, lascia col fiato sospeso grazie a un ritmo incredibilmente incalzante. La regia ricca di esperienza è variegata elegantemente da movimenti di camera, scelta di colori, saturazione e fotografia. Porta una firma d’autore ben distinta anche la sceneggiatura, nonostante sia scritta da una debuttante, Samy Burch (firma insieme a lei Alex Mechanik); un copione studiato, consapevole, maestoso, che mette al centro il sesso come colpa, la perversione, il giudizio della società sul privato di un individuo, il valore statistico dell’età, l’essere disposto a qualsiasi cosa per poter realizzare un buon lavoro.

May December di Todd Haynes, candidato Oscar per la miglior sceneggiatura originale - Trailer ITA HD

Tutto parte con una farfalla annidata tra le piante, ben nascosta. Gli accordi di un pianoforte, malinconici e romantici (che riprendono la colonna sonora di Michel Legrand per Messaggero d’amore, e che tornano in tutti i momenti più concitati) suonano per lei e richiamano atmosfere torbide, parallele all’idillio di quella apparente normalità.

La prima in ordine di apparizione è Elizabeth Berry (Natalie Portman), un’attrice televisiva con qualche esperienza teatrale, che ha scelto una piccola produzione cinematografica per poter incarnare nel migliore dei modi Gracie Atherton-Yoo (Julianne Moore), vittima dello scandalo successo dieci anni prima, la storia d’amore con l’allora tredicenne Joe (Charles Melton), ormai coetaneo di Elizabeth. Donna erotica, scaltra, ben disposta, Elizabeth arriva in quella casa pittoresca a Savannah, Georgia, per poter passare del tempo insieme a Gracie ed estrapolare il più possibile da lei e dall’ambiente che la circonda.

Legge tutti gli articoli la riguardano, parla con i suoi vicini, con Joe, con i figli della coppia, e cerca di farsi strada nella loro vita privata. Inizialmente i due fanno leva, ma l’attrice risulta una novità troppo interessante per entrambi. Comprensibile, perché da una parte abbiamo una signora colpevolizzata, preoccupata di ciò che potrebbe succedere, ma con gran senso di rivalsa; vorrebbe che il film fosse il più possibile reale e giusto nei suoi confronti, non sentendosi carnefice e vittima del suo passato. Dall’altra, abbiamo un uomo ancora giovane, fedele a ciò che ha scelto in passato, e incuriosito in modo più o meno velato dal suo presente e da quel nuovo arrivo. Gli sembra infatti un segnale del destino aver trovato tre piccole uova di farfalla in linea retta, tra i fiori, la mattina dopo aver incontrato Elizabeth.

Natalie Portman è Elizabeth Berry. Foto: Lucky Red

Dunque Elizabeth e Gracie cominciano ad avere un rapporto uscendo, mangiando insieme, andando a comprare i vestiti per il giorno del diploma dei figli della seconda; intanto Joe alleva con passione quelle uova, una cosa quasi incomprensibile per la moglie cacciatrice. Fuori da questo rapporto triangolare, nel frattempo Elizabeth continua a recitare la sua parte, cura l’asma mentre parla con il suo agente e guarda i provini dei piccoli tredicenni, che sembrano proprio non essere adatti per accompagnarla in quel ruolo. Comincia a conoscere tutta la sfera privata di Grace, l’ex marito, il proprietario del negozio di animali dove la donna lavorava dove si consumò lo scandalo con Joe, allora giovane garzone, che la portò all’arresto. In una scena virata al blu e altamente sensuale ambientata nel magazzino di quel negozio, lei finge un orgasmo da sola, proprio nel punto dove Gracie fu arrestata.

Nel frattempo le uova sono diventate bruchi, e la piscina che prima era solo un buco sta per essere costruita. “Bisogna proteggere le uova e i bruchi prima dello sviluppo, in un ambiente protetto che darà loro la possibilità di diventare farfalle monarca”: questo è ciò che Joe dice all’attrice la prima volta che lei si appassiona all’hobby dell’uomo. Una frase che è uno specchio di questa storia e che dice tanto su tutti e tre, prima ancora che i bruchi diventano farfalle.

Ci sono tante similitudini tra il caso raccontato nel film e quello reale, ma con degli accorgimenti da prendere in considerazione. Mary Kay Letourneau fu una professoressa che violentò uno dei suoi studenti di prima media (ma questo solo secondo le autorità, perché entrambe le “vittime” hanno sempre parlato di relazione consensuale). Aveva 34 anni quando iniziò a fare sesso con l’appena dodicenne Vili Fualaau. Ebbero due figli insieme prima che Fualaau compisse 15 anni, uno dei quali nacque in prigione, dove stava scontando una condanna a sette anni per aver violato la legge (Vittorio Feltri non approverebbe questa condanna). Dopo il suo rilascio nel 2004, Letourneau e Fualaau, ormai adulti, hanno lottato e ottenuto il ribaltamento dell’ordine di non contatto, sposandosi nel 2005. La coppia è rimasta sposata per 14 anni fino alla separazione nel 2019. Letourneau è morta nel 2020.

Julianne Moore (Gracie) con Charles Melton (Joe). Foto: Lucky Red

Una storia d’amore complicata e drammatica, sicuramente meno incantata di quello che il film ci racconta. Qui vediamo invece una coppia di genitori facili da dividere, dai sentimenti infantili e volubili, messi a repentaglio da un’attrice che tenta in tutti i modi di provare le stesse emozioni di Gracie, senza voluta consapevolezza di ciò che questa imitazione potrebbe comportare.

Uno scandalo scandalosissimo è quello che unisce il film al caso del 1996. Guardando il film di Haynes, un animo gentile capisce subito che nessuno ha violentato nessuno, che l’amore non ha età, ma conseguenze e responsabilità che a dodici anni non puoi prenderti. Le relazioni amorose possono essere inquiete, passionali, perverse, ingestibili, ossessive, morbose, ma l’amore resta è l’unico sentimento che, nonostante tutto, può far. avvicinare due persone così diverse l’uno dall’altra, ma che hanno bisogno di stare insieme, nel bene o nel male.

Che il cuore sia l’unica cosa che conta, però, non sembrerebbe proprio la morale di Haynes. La relazione di Gracie e Joe ha condotti a martellanti dubbi, ad addolorare persone vicine, addirittura a traumatizzarle. Tanti anni non sono bastati a renderla totalmente solida e indistruttibile, nonostante le traversate che hanno dovuto compiere per rimanere insieme, nonostante l’amore assurdo. Gracie Atherton-Yoo ci lascia dicendo che le persone più pericolose sono quelle insicure. Forse ha ragione. Forse questa è l’unica morale. Anche perché tutti hanno sbagliato, ma tra i serpenti forse è stata lei l’unica che non ha morso.