Rolling Stone Italia

Luca Guadagnino ha fatto felici noi feticisti del piede

Con ‘Salvatore , Shoemaker of Dreams’, il documentario su Ferragamo (fuori concorso a Venezia 77) che è anche una storia sul cinema. E, forse, un’autobiografia

Foto: La Biennale

Luca Guadagnino si trova nella posizione di poter fare tutto quello che vuole. E allora ha fatto una serie per Sky, farà il (secondo) remake di Scarface, e dopo ancora il seguito di Chiamami col tuo nome. Nel frattempo, ha fatto un documentario per noi feticisti del piede, minoranza (?) mai sufficientemente ascoltata: e dire che, di questi tempi, c’è una quota per tutto; e dire che su Instagram, soprattutto d’estate, è tutt’una foto-di-piedi. Non giriamoci attorno: Salvatore – Shoemaker of Dreams, fuori concorso a Venezia 77, non è tanto un documentario su Ferragamo e il suo genio. È una celebrazione del più inferiore (e da molti sottovalutato) dei nostri arti, che difatti comincia con l’inquadratura di un bronzo di piede simil-Rodin ancora grezzo: nel corso del film, prenderà la forma perfetta che il calzolaio dei sogni (è anche il titolo della sua autobiografia) ha codificato in Italia e nel mondo.

Dell’epopea di Salvatore from Bonito, un centinaio di chilometri da Napoli, si sarebbe potuto trarre un gran biopic, ma ci voleva un attore con la faccia di Edward G. Robinson, e purtroppo non li fanno più. Perché quella era la fisionomia primo Novecento, quello lo stile, quella l’America: dalla Campania, Ferragamo arrivò a Santa Barbara prima (lì era nato per davvero il cinema) e a Hollywood poi, e il resto probabilmente lo sapete. Guadagnino insiste sulla virilità del volto e del corpo di Salvatore, «ma poi vedi la delicatezza con cui tocca i piedi delle donne» e tutto cambia: l’avevo detto, che questa è una cosa sui piedi.

Poi è anche un filmino aziendale di lusso, con la famiglia Ferragamo riunita al completo nel ricordo del capostipite. L’altro biopic che vorremmo è quello sui figli intervistati: si amano? Si odiano? Ci si potrebbe tirar fuori una saga? Del resto, anche nell’Amica geniale c’erano gli scarpari, e un certo successo l’ha avuto. E poi Salvatore è un audiolibro (ma letto da Michael Stuhlbarg, che era il papà di Call Me by Your Name), e un’ode alla creatività analogica, e Hollywood di Ryan Murphy, però elegante. E una storia della storia del cinema. Guadagnino ha dato fondo alla sua agenda, ed ecco, tra gli altri, Martin Scorsese enciclopedico pure su tacchi e solette: sarà che Ferragamo aveva una faccia anche da newyorkese dei suoi.

Ed è, questo documentario, il racconto di un viaggio dal Meridione a Hollywood, come quello dell’autore: ma lui nega che l’ispirazione venga da lì. L’altro film presentato a Venezia da Guadagnino è Fiori! Fiori! Fiori!, un corto bello e tenero (e con elettro-musiche di Cosmo) girato durante il lockdown. Il regista è tornato – era l’inizio di maggio – nella Sicilia che scoppiava di primavera. È tornato alla casa di papà a Canicattì (come Bonito?), alle vigne degli amici, all’Etna. L’autobiografia è qui e non nel ritratto di Salvatore, ma – tra una forma del piede di Katharine Hepburn e l’altra di Bette Davis – vogliamo credere di sì. «Ferragamo ha vissuto la sua vita da outsider», dice Luca, sempre fuori (bravissimo) dal sistema cinema romano, che prima lo rifiutava e oggi lo tiene in palmo di mano (troppo facile così).

Salvatore è anche un film sulla moda, che possiede «una cosa straordinaria: anticipare il desiderio creandolo». E un film sulla bellezza, anche se «la bellezza è qualcosa che cambia, che muta. Pensare a un’idea di bellezza assoluta mi fa tremare, mi fa pensare a un canone conservatore e reazionario, non mi interessa. Mi interessa la capacità di rischio di Ferragamo. La modestia». Però appunto è un film su quella bellezza che non c’è più, e dunque scusaci Salvatore, se sullo schermo rimiriamo i piedi di donne e di uomini che hai reso perfetti dentro le tue scarpe e poi – anche se sono belle (vabbè) pure loro, anche se sono la cosa più comoda del mondo mondiale e in questi giorni di corse veneziane di più, anche se fanno ancora più felici noi feticisti del piede – alla fine andiamo in giro con le Birkenstock.

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