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Il Mereghetti compie trent’anni (è da poco uscito in libreria edito come sempre da Baldini e Castoldi) e la domanda, come si suol dire, sorge spontanea: in tempi in cui il cinema (in senso lato) e i luoghi in cui vive e si fruisce sono cambiati totalmente, ha ancora senso una guida come questa? È una domanda retorica. Perché il gusto, da parte di cinefili e non, di vedere le stellette (rigorosamente da quattro al temibile pallino, sinonimo di cocente delusione: e, spoiler, in quest’ultima edizione ne sono stati assegnati tanti) è ancora intatto. Abbiamo giocato anche noi con le schede delle ultime annate recensite, tra sorprese e qualche delusione. Come le misere **½ a The French Dispatch di Wes Anderson, di cui siamo grandi fan. Ma è il bello di questo gioco: il dibattito sì… Testo: Mattia Carzaniga
Uno dei massimi film italiani delle ultime stagioni è… una serie. Però uscita anche al cinema in due parti, dopo la première a Cannes 2022 e prima della messa in onda sulla Rai (e poi in streaming su Netflix). Le tre stelle e mezzo a Esterno notte confermano la statura dell’ultimo grande maestro del cinema italiano, che a 83 anni dimostra uno sguardo giovanissimo e liberissimo. Un verdetto che non discute, punto.
Esagerato, camp, pacchianissimo. House of Gucci di Ridley Scott, in fondo, sta simpatico anche a noi, ma le due stelle e mezzo assegnate nel nuovo Mereghetti (non poche, secondo i parametri del dizionario) ci sembrano un po’ troppo generose. Soprattutto se raffrontate a quelle di The Last Duel (soltanto due), sempre di Scott, uscito nello stesso anno e preferito dalla critica. Ma, effettivamente, ignorato dal pubblico. Quindi forse è giusto così.
Uno dei film italiani più incompresi (ma non da tutti, per fortuna) dell’annata cinematografica in corso. Tiepide le reazioni della stampa a Venezia, non memorabili neanche gli incassi, ma uno zoccoli di appassionati (eccoci!) che hanno apprezzato questa virata cupissima di Virzì. Unitamente alla sua solita capacità profetica, nell’immaginare un futuro-già-presente sconvolto da crisi climatiche e pandemie assortite. Una stella e mezza ci sembra davvero poco, uff.
Guerra animata. E, per giunta, in casa. Tra i due titoli Disney prodotti nel 2021, quello che ha trionfato è stato Encanto, complice la presenza alla colonna sonora di Lin-Manuel Miranda, uno dei nuovi favourite dell’industry USA. A scapito del “nostro” Luca, il coming of age ambientato in un’immaginifica Riviera italiana che invece è stata la vera sorpresa. Sul dizionario, il primo si becca il temutissimo pallino, mentre il secondo tre stellette piene. E siamo d’accordissimo.
Altro titolo italiano a suo tempo un po’ sacrificato (è rimasto fuori dal concorso di Venezia 78) ma che poi ha sollevato una vera e propria ola tra i critici (meno presso il pubblico, che ormai diserta le sale) e l’opera più matura di Leonardo Di Costanzo, starring due grandissimi Silvio Orlando e Toni Servillo. Dramma carcerario che non indugia nei cliché del genere, ma anzi trova una chiave nuova, visivamente e umanamente ricchissima. Tre stelle e mezzo, come a pochissimi altri italiani recenti (vedi il più fortunato al Lido, e comunque splendido, È stata la mano di Dio di Sorrentino): un voto inappuntabile.
Se si parla di film incompresi, al Cyrano del pur altalenante Joe Wright (vedi, sempre nel 2021, il terribile La donna alla finestra) spetta un posto d’onore. L’operazione kitsch-auteur non è ovviamente per tutti, ma nessuno ha compreso l’intuizione di usare il bravissimo Peter Dinklage in un ruolo anche simbolicamente così forte e di comporre un anti-musical di rara originalità. E liquidare «la qualità dei brani» dei National come «francamente discontinua» ci pare un po’ eccessivo, ecco.
Altro film poco capito – dalla maggior parte della critica e certamente dal pubblico globale – è il meno “deltoriano” tra i film di del Toro. Che in realtà mette tutti i suoi temi (dal conflitto realtà vs fantasia al lato “mostruoso” dell’essere umano) al servizio di un noir vecchia maniera di grande impatto estetico. Bradley Cooper offre una delle sue interpretazioni migliori, Cate Blanchett è una femme fatale che non si dimentica, e la confezione è extralusso. Due stelle appena ci sembrano davvero pochine: almeno tre, su!
Completamente (e ingiustamente) ignorato dalla giuria nel palmarès, quello di Kōji Fukada non è solo uno dei film più potenti visti all’ultima Mostra di Venezia, ma anche una delle opere più belle (e invisibili) della stagione in corso. Un lavoro sui sentimenti – e le vie imprevedibili che può prendere il destino – che solo un cineasta giapponese avrebbe potuto firmare, rendendolo un instant classic. Tra titoli nipponici ben più famosi (leggi: il premio Oscar Drive My Car, che sul Mereghetti conquista a buon diritto quattro stelle), è quello da recuperare e rivalutare.
Dopo le meritatissime tre stelle all’opera prima (La terra dell’abbastanza) e seconda (Favolacce), sul nuovo dizionario i Fratelli D’Innocenzi vengono “puniti” con… il pallino! America Latina è certamente un’opera molto ambiziosa e forse discontinua, ma riconferma il talento visivo e immaginifico dei due autori, tra le vere sorprese degli ultimi anni di cinema italiano. Diamo fiducia ai Fratellacci, già pronti per nuove visioni.
Già potremmo discutere le due stelle e mezzo assegnate al West Side Story originale del 1961, ma due stelle a uno dei film più apprezzati dai cinéphile nella stagione scorsa sono forse un po’ ingenerose. Certo, quella di Spielberg è chiaramente un’operazione “meta” destinata a titillare soprattutto i palati dei cultori, ma chi sa proporre una tale grandeur cinematografica oggigiorno? Attendiamo con ansia il futuro verdetto su The Fabelmans…
Tra le tante “correzioni” di schede passate (comprese tutte quelle dei film di Bud Spencer e Terence Hill), ce n’è una che salta agli occhi: il film che più di tutti ha imposto Spike Lee passa da due stelle e mezzo al massimo giudizio, cioè quattro stelle. Il “gioco” della critica serve anche a riconsiderare i propri giudizi, e questo certamente andava ripensato. In questo caso, è stata davvero fatta la cosa giusta.
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