Le pagelle di Venezia 80: episodio 1 | Rolling Stone Italia
The Lido dispatch

Le pagelle di Venezia 80: episodio 1

I film visti finora (con ‘Poor Things’ di Lanthimos che fa la parte del Leone), Carla Bruni a caccia di mosche, i party alla Barbieland e il solito “drama”: mangiare al Lido

Le pagelle di Venezia 80: episodio 1

Carla Bruni a Venezia 80 per il doc ‘La parte del Leone’

Foto: Gabriel Bouys/AFP via Getty Images

VOTO 7:

I film (so far)

Al momento, Yorgos Lanthimos è… il favorito. Il suo Poor Things (da noi a gennaio 2024 col titolo Povere creature!) è l’instant-cool classic della Mostra: temi giustissimi e attualissimi (fuck the patriarchy!), una Emma Stone da vertigini e una confezione da Barbie punk che entusiasma cinefili e non. La strada fino al 9 settembre, giorno della premiazione, è ancora lunga, ma al momento non ha veri rivali. È piaciuto Dogman, il drama consapevolmente trash di Luc Besson con il suo protagonista (Caleb Landry Jones) lanciato verso la Coppa Volpi, ma abbaia, non ruggisce. I grandi autori – Pablo Larraín, Michael Mann, David Fincher (su Roman Polański apriamo a breve un triste capitolo a parte) – bene ma non benissimo, almeno secondo i critici. Persino Aggro Dr1ft, l’atteso nuovo titolo del cultissimo Harmony Korine feat. Travis Scott, costringe gli accreditati a una proiezione di mezzanotte e fa un buco nell’acqua (della Laguna). Meno male che fuori concorso c’era il delizioso corto di Wes Anderson, perché anche gli italiani in gara, in particolare Finalmente l’alba di Saverio Costanzo, non raccolgono al Lido i consensi sperati. Ne mancano ancora tre in concorso: sperèm.

VOTO 6:

Venezia strikes back

Strike” nel senso dello sciopero di sceneggiatori e, soprattutto, attori che ha cambiato i piani della Mostra. Niente Zendaya/Guadagnino in apertura, e nemmeno il Maestro Bradley Cooper (sostituito da un fan con la sua maschera: the artist is comunque present). Per ora, le presenze più acclamate dalla folla che in ogni caso non molla sono stati Adam Driver e Patrick Dempsey, volti di Ferrari. Ci devono dunque pensare gli italiani a ripigliarsi tutto il red carpet che è ‘o nuost’: vince a mani bassi Valerio Mastandrea, che s’improvvisa regista action alla Sollima sul tappeto rosso di Adagio riprendendo il Comandante Favino.

VOTO 3:

Non si mangia neanche quest’anno

L’abbiamo sempre scritto anche negli anni passati, con l’illusione di mandare un messaggio che evidentemente non è mai arrivato. Al Lido è sempre un dramma mangiare (soprattutto dopo le 22: e quasi tutti sono ancora in sala a vedere i film), impossibile chiedere scontrini separati e sempre più difficile trovare tramezzini decenti. Per fortuna per il pranzo c’è il self service sulla spiaggia (non diciamo come si chiama se no ci giochiamo pure quello) for veneziani DOC only. Che però, nei giorni della Mostra, amano vessare gli accreditati in cerca di uno spaghettino alla malamocchina. La sera, invece, tutti come Umberto Veronesi: digiuno intermittente, e a letto.

VOTO 8:

Come on Barbie, let’s go party!

I Covid years avevano decisamente smorzato gli entusiasmi festaioli che fanno la spola tra i palazzi di città e gli hotel del Lido. Quest’anno, i party in pompa magna sembrano definitivamente tornati. Campari riapre il glorioso Des Bains per il suo tradizionale happening, stavolta con uscieri-ballerini dai look fetish alla Querelle de Brest; i film italiani piazzano due o tre after-dinner niente male. Ma ovviamente la parola definitiva la mette Re Giorgio Armani con la sua sfilata evento, e festone a seguire, all’Arsenale. Servivano solo delle indicazioni più chiare per arrivarci (e dei barman più svelti), ma tra Benicio del Toro mollemente sdivanato e Mark Ronson alla consolle con le sue hit direttamente da Barbieland sembrava di essere tornati almeno per un attimo ai fasti di un tempo. Non più morte a Venezia: diciamo coma vigile.

VOTO 4:

Roman, perché?

THE PALACE di Roman Polanski (2023) - Trailer Ufficiale HD

Capitolo Polański, dicevamo. Primo problema: The Palace viene dopo un filmone come L’ufficiale e la spia, a cui nemmeno le solite polemiche avevano impedito di vincere il (meritatissimo) Gran premio della giuria a Venezia 2019. Secondo problema: sul genere tragicommedia decadente con ricchi brutti e annoiati la parola definitiva l’ha già data Ruben Östlund con il suo Triangle of Sadness. Qui resta solo la sadness per un Roman che vorrebbe forse tornare al grottesco-cult di Luna di fiele e invece si ritrova con un Vacanze di Natale a Gstaad tra Luca Barbareschi ex divo porno di nome Bongo (!) e deiezioni canine. E questo non è nemmeno il peggio.

VOTO 9:

La parte della mosca

Non ci saranno gli incidenti con Cate Blanchett, ma piccole chicche dal tappeto rosso – hosted by “il giornalista” – pure quest’anno. Carlà (serve il cognome?), voce narrante del doc Rai/Canal+ per gli 80 anni della Mostra La parte del Leone, va a caccia di mosche, però a favore di camera e in rigoroso haute couture. Mentre la radiosa Fanny Ardant ci rassicura sulla salute del chihuahua che mangia caviale nel film di Polanski: è italiano, si chiama (forse) Pippo, e sta bene. Speriamo lo stesso per la carica dei 101 cani di Besson.