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‘Joker’, la risata di Joaquin Phoenix vi perseguiterà

Il film più atteso a Venezia 76 è una masterclass in recitazione dell'attore. Un film senza regole, una rivoluzione nel genere

C’erano una volta il Joker cartoon di Jack Nicholson, quello grunge di Heath Ledger e il clown schizzato di Jared Leto. Perché il villain più iconico e maledetto dei fumetti è una sorta di Amleto americano, un ruolo con cui diversi attori si sono misurati e che muta a seconda dei tempi. E poi c’è il Joker di Joaquin Phoenix, che degli altri non ne ha voluto sapere: “L’attrattiva era avere un approccio totalmente nostro, non ho fatto riferimento ad nessun’altra interpretazione, questa era la chiave per me”, spiega l’attore a Venezia 76.

Per gran parte del film il Joker di Joaquin Phoenix ride. E intorno a quella risata l’attore costruisce la sua prospettiva sul principe del crimine, che nell’origin story concepita dal regista Todd Phillips (quello di Una Notte da Leoni per intenderci), infusa delle mitologie più tradizionali del personaggio ma distintamente al di fuori, è semplicemente un uomo spezzato, solo, piegato dal mondo, in una Gotham City livida e violenta, che sta precipitando su se stessa.

La sua risata vi perseguiterà nel sonno, e pure da svegli: “Prima della sceneggiatura, Todd mi ha descritto il riso come una cosa quasi dolorosa, una parte del Joker che cerca di emergere”, spiega Phoenix. “Non pensavo di essere in grado di farlo, ho provato a lavorare da solo, ma ho dovuto chiamare Todd per fare un’audizione a questo riso, mi ci è voluto molto tempo per trovarlo”.

Arthur Fleck è uno stand up comedian fallito, convinto che la sua missione nella vita sia far divertire la gente, finché non capisce che la gente non ride con lui, ma di lui. Intrappolato in un’esistenza apatica e crudele, Arthur prende una decisione sbagliata dopo l’altra fino a provocare una reazione a catena esplosiva, agevolata anche dalla trattamento riservatogli dal conduttore di late night show interpretato dalla leggenda Robert De Niro.

Un film scritto senza regole, senza limiti, una rivoluzione all’interno di un genere che non ha (più) niente a che vedere con il canone DC o Marvel: “Mi piace la luce di Arthur, non solo il suo tormento, ma anche la sua gioia, la lotta interiore per cercare la felicità e il calore”, dice Phoenix, che ha già la nomination all’Oscar in tasca. “È un personaggio in costante evoluzione, con il quale ti sembra sempre di fare degli errori, non ho mai avuto un ruolo simile”.

Il Joker di Phillips ha un vibe alla Taxi Driver, alla Serpico, alla Re per una notte, ammette il regista stesso: “Sono stato ispirato dagli studi sui personaggi degli anni ’70 e ’80, che ho visto quando ero più giovane. L’aspetto, l’atmosfera, il tono di quei film aveva senso per questa storia. E solo se hai un attore come Joaquin puoi fare un approfondimento sul character come questo”. Già, perché Phoenix è semplicemente il più grande della sua generazione.

Joker è una vera e propria masterclass in recitazione dell’attore, che si è distrutto anche nel fisico per trovare quella cruda disperazione. Pelle e ossa, si improvvisa ballerino in coreografie dolorose e immaginarie: “Ho iniziato con l’affrontare il tema della perdita, ho perso molto peso e questo colpisce anche psicologicamente. Ho parlato molto con Todd, abbiamo letto un libro che suddivide i diversi tipi di personalità, ma non ho fatto combaciare quella di Arthur con una in particolare, non volevo che uno psichiatra potesse identificarla, avevo bisogno di essere libero”. Libero di essere il migliore.

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