“Coraggiosa” è un aggettivo che viene usato spesso, quando si parla di interpretazioni cinematografiche. Anche “impavida”, “audace” e “grintosa” sono aggettivi che vengono utilizzati di frequente. Quello che Jennifer Lawrence fa in Die My Love (nelle sale italiane dal 27 novembre con MUBI, ndt), l’adattamento cinematografico di Lynne Ramsay del romanzo Ammazzati amore mio di Ariana Harwicz su una neomamma che sta lentamente perdendo la ragione, soddisfa sicuramente tutti questi requisiti.
Ma la parola principale che viene in mente quando si guarda la star sconfinare in una follia sempre più avvolgente è “libera”. Non solo perché Lawrence è seduta dentro un frigorifero aperto e sputa birra dalla bocca come una fontana. O perché si aggira a quattro zampe, annusando il suo partner come una pantera in calore. O ancora perché pugnala il terreno con un coltello da macellaio, mentre l’altra mano le scivola nei pantaloni. È più che altro per il fatto che si assiste a quel tipo di fluidità che normalmente si associa ai solisti jazz e agli atleti professionisti. Lawrence è liberata da qualsiasi cosa assomigli alla correttezza o all’imbarazzo. È impegnata al 100% nell’incarnare una donna che non è più sull’orlo di un esaurimento nervoso, ma già profondamente immersa in esso.
È molto probabile che il paragrafo precedente abbia stuzzicato la vostra curiosità al punto da spingervi a cercare questo ritratto di una depressione post-partum che si trasforma in qualcosa di psicologicamente catastrofico. In parole povere: dovreste farlo. Non biasimeremmo nessuno che, dopo aver dato un’occhiata alla descrizione dell’attrice premio Oscar che si lancia a capofitto in luoghi così oscuri e inquietanti, pensasse: «No, grazie». Questo è un film progettato per repellere tanto quanto attrarre, e in cui il suo disordine, la sua energia caotica e la sua ossessione vi avvicinano in modo scomodo alla mentalità di questo personaggio in crisi. Ramsay si è spesso descritta come una regista sperimentale, e l’autrice scozzese che ha dato al mondo opere crude e senza compromessi come Ratcatcher (1999), Morvern Callar (2002), … e ora parliamo di Kevin (2011) e A Beautiful Day – You Were Never Really Here (2017) – uno dei pochi revenge thriller che va davvero a fondo in termini di prezzo da pagare per la vendetta – non si è addolcita con l’età. Lawrence ha cercato Ramsay per adattare il libro dopo essersi assicurata i diritti, con la speranza che la spingesse fuori dalla sua comfort zone e lasciasse intatti i lati più crudi della storia. Missione compiuta su entrambi i fronti.
Ciò che per uno spettatore è una caratteristica, per un altro è un difetto, naturalmente, e Die My Love non cerca di convertire nessuno. Ti chiede semplicemente di accompagnare Grace – nome ironico, attenzione! – mentre perde la capacità di affrontare la situazione che la circonda o di scappare dall’auto che sta precipitando giù da un dirupo. Grace fa parte di una coppia che inizialmente sembra, in mancanza di un termine migliore, felice. Si capisce che suo marito, Jackson, è ancora nella fase “trentenne immaturo”: quando si trasferiscono nella casa del defunto zio nella campagna del Montana, una delle prime cose che nota è lo spazio perfetto dove piazzare la sua batteria. Il fatto che sia interpretato da Robert Pattinson aggiunge lo stesso carisma di Lawrence, ed entrambi sembrano connettersi e scontrarsi bene l’uno con l’altra come partner di scena. Ma, saggiamente, Pattinson interpreta Jackson in modo incredibilmente lineare. Questo marito è ancora il tipo di uomo che non si accorge dei problemi della moglie e porta a casa un cane con l’aspettativa che lei si occupi anche della cura a tempo pieno di quest’altra creatura. Ma dopo anni passati a cercare ruoli bizzarri che lo aiutassero a liberarsi dello status di rubacuori di Twilight, Pattinson cambia nuovamente rotta mostrando il suo lato “normale”. Tanto meglio per enfatizzare Lawrence, creando la sensazione che la presa di qualcuno sulla realtà stia diventando molto scivolosa.
Ad essere onesti, Ramsay ci suggerisce fin dall’inizio che non siamo entrati in un paradiso domestico, inquadrando Grace all’interno di una serie di porte mentre entra nella sua nuova casa. Non importa dove vaghi questa donna mentre esplora il posto: è comunque intrappolata. Dopo aver dato alla luce sua figlia, Grace si sente ancora più fuori posto e isolata. Jackson viaggia molto per lavoro. Ha dei parenti in zona, in particolare sua madre vedova (Sissy Spacek, perfetta nel ruolo), che danno un po’ di sostegno a Grace. Ma la depressione post-partum che travolge questa neomamma sembra essere qualcosa di più di quella che alcuni liquidano con disinvoltura come “malinconia post-partum”. Poiché il film gioca in modo rapido e libero con i tempi e il senso di progressione lineare da A a B, non è come se si vedessero piccole crepe nelle fondamenta che alla fine portano al crollo delle pareti. È più che altro come se i mattoni fondamentali fossero lì un attimo prima e spariti quello dopo, e Grace si ritrovasse improvvisamente a spostare disperatamente le macerie alla ricerca di una qualche forma di salvezza.

Jennifer Lawrence e Seamus McGarvey in una scena del film. Foto: Seamus McGarvey/MUBI
Il disorientamento e la dissociazione sono componenti fondamentali di Die My Love, e in mani più sicure questo avrebbe potuto essere più che altro un classico racconto ammonitore: non si può crescere un figlio da soli. Tuttavia, mani sicure non sono ciò di cui questa storia ha bisogno, e sicuramente non è ciò che ottiene. Vuole farti chiedere se il misterioso, forse minaccioso e sicuramente sexy motociclista interpretato da Lakeith Stanfield sia frutto dell’immaginazione erotica di Grace o un vero papà del posto. Spera di farti domandare se un incendio in un bosco sia una trovata espressionista o un vero disastro naturale. Il film ha bisogno che tu sia costantemente indeciso su cosa sia la realtà e cosa la finzione, in modo da capire ciò che Grace sta vivendo nel modo più intimo possibile. I film dovrebbero essere macchine di empatia. Questo è più simile a un’immersione nelle fobie legate alla maternità, nella salute mentale e nei vortici emotivi che rifiutano di essere domati o contenuti.
E il film vuole farti apprezzare il modo in cui Lawrence capisce tutto questo, getta al vento la vanità e l’ego e si avvicina al male e al lato veramente oscuro di tutto ciò. Quella che ci mostra qui non è una posa da Oscar, né una semplice performance punk-rock. Si tratta di un’artista che vede una sfida e la raccoglie secondo i propri termini, oltrepassando i confini in modo goffo e indisciplinato. Anche coloro che pensano che Die My Love corteggi l’indulgenza e l’incoerenza a proprio discapito – ci sono momenti in cui il film stesso rischia di andare in pezzi – rimarranno a bocca aperta davanti al modo in cui Lawrence riesce a far loro percepire il crollo di questa persona. Questa neomamma fa sembrare quello che ha fatto la star nell’altrettanto provocatorio madre! un gioco da ragazzi. È completamente fuori di testa, e le piace un sacco. Se solo ogni attore potesse trovare l’occasione di esercitare una tale libertà senza esclusione di colpi come fa lei in questo film.












