Tre italiani alla Festa del Cinema di Roma. Due li conosciamo. La terza è una novità, non però in assoluto. Tre modi di guardare al cinema giocandoci un po’, e depistando un pubblico che vogliono trattare da adulto. Li commento in ordine di presentazione qui all’Auditorium.
Il primo. Breve storia d’amore di Ludovica Rampoldi. Esordiente non in senso assoluto, dicevo, perché è una sceneggiatrice tanto brava e tanto premiata (e tanto cool in pizzo by Alessandro Michele). Finora tanta politica, detto per sintesi (1992 e seguiti, Il traditore, Esterno notte, The Bad Guy), adesso la storia che titilla il pubblico e gli accreditati di questa Festa. Si racconta di coppie che sono venute tranquille alla première e ne sono uscite bouleversatissime, per via di tradimenti passati non detti, di strade non prese. In un bar di Roma a tarda sera, è amour fou tra Pilar Fogliati e Adriano Giannini. Lei sta con Andrea Carpenzano, attore; lui con Valeria Golino, psicanalista. È un Closer, un Carnage, un gioco al massacro tra formichine che s’inventano una vita forse più grande di loro. O forse no. Ne escono in ogni caso terremotate. «Che film è?», mi hanno chiesto l’altra sera. E io: «Una commedia thriller erotica». «Ma non esiste!». Forse ora sì. Certamente è il film per adulti, ripeto, di cui avevamo bisogno. Son tutti bravissimi. Non vedi arrivare il colpo di scena, e in tempi di scrittura sciatta è un regalo. Vogliamo un altro film con questi personaggi, o una serie spin-off sulla psicanalista che tira al poligono. O va bene anche questa storia così, diritta, spessa e spassosa. Esce il 27 novembre.
Il secondo. Cinque secondi di Paolo Virzì. Una storia che dal buio si affaccia verso una luce che si può ancora pensare, sperare. L’autore chiede “no spoiler”, e io rispetto la richiesta. Valerio Mastandrea, anche più che bravissimo, è Adriano, un burbero (ex) avvocato con una ferita forse non rimarginabile. Va in una casa scassata in campagna e si trova in quella di fianco un gruppo di una (ultima) generazione diversa. Fluidi, colorati, ecosostenibili. Insopportabili o teneri? Tutt’e due. La capetta è la formidabile Galatéa Bellugi, contessina selvatica incinta di non importa chi. Adriano è braccato da Giuliana, cioè Valeria Bruni Tedeschi che si maschera e si smaschera e ti spezza il cuore. Faceva osservare qualcuno che è un film in cui ognuno accudisce qualcun altro senza che quell’altro lo voglia. E intanto cerca di curare sé stesso. È così. E anche questo è un gioco. Virzì fa la solita, precisissima commedia umana, ma anche il family drama, il mélo con pure le lacrime sotto la pioggia, un azzardo (riuscito) di legal thriller. Non esistono piccoli ruoli, eccetera eccetera: soprattutto nel cinema suo. Dunque menzione anche per Anna Ferraioli Ravel, Ilaria Spada, Marco Todisco che con due tratti (quelli, in scrittura, di Francesco Bruni e dei due Virzì, Paolo e Carlo) tira fuori un carattere da romanzo di Gogol’. Esce il 30 ottobre.
Il terzo. Gli occhi degli altri di Andrea De Sica. De Sica è nato parlando la lingua del cinema. Poi l’ha amato, l’ha studiato, l’ha piegato alla sua idea di genere. Indaga i mondi bui, di ragazzi e ragazze sperduti (I figli della notte, Baby). Erano la palestra per questo film “di grandi” che è pure lui un gioco. Il mélo e il noir, Hitchcock e Patroni Griffi, e inserti in filologicissimo Super 8. È la storia nera e vera del delitto Casati Stampa. Villozze al mare, corpi al sole, e l’Italia che si ribella alla sua repressione. E forse resta impantanata in ruoli di sopraffazione patriarcale che non moriranno mai. Jasmine Trinca e Filippo Timi, dolorosi e spudorati, sembrano (sono) due star d’epoca. Lei una femme fatale totale, dark e lucente. E poi Matteo Olivetti, Anna Ferzetti, Roberto De Francesco, Rita Abela, Alberto Paradossi, una corte borghese dal fascino assai indiscreto. La morale a-morale ci dice quel che siamo ancora oggi: guardoni e violenti, censori e infelici. Uscirà nei prossimi mesi.
La Festa continua, vediamo che altro cinema e che altri giochi ci porta.














