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‘Harry ti presento Sally’: 30 anni di friendzone, orgasmi finti e romanticismo poco ortodosso

Nel 1989 arrivava al cinema la commedia romantica delle commedie romantiche, con la strana coppia composta da Meg Ryan e Billy Crystal

Foto: Columbia Pictures/Everett Collection

Quando avete delle giornate no, pensate a come se la passano i dipendenti del Katz’s Delicatessen nel Lower East Side di Manhattan, che ogni anno devono sorbirsi un contest di finti orgasmi ispirato alla scena di Harry ti presento Sally. 30 anni dopo l’uscita della commedia romantica per eccellenza, c’è ancora un’insegna che recita: “Vi auguriamo di prendere quello che ha preso lei”, nel bel mezzo della tavola calda, il punto esatto in cui Meg Ryan zittiva Billy Crystal con una lezione pratica di fake it.

Già, perché oltre ad averci regalato una delle battute più famose nella storia di Hollywood (curiosità: l’ha pensata lo stesso Crystal e a pronunciarla è la mamma del regista Rob Reiner, Estelle), Harry ti presento Sally è diventato un instant classic per più di una ragione, a partire dalle verità universali sull’essere single e innamorarsi che Harry e Sally si (e ci) sbattono in faccia.

Tutto inizia nel 1977, con un viaggio in macchina: Sally (Meg Ryan) dà un passaggio a Harry (Billy Crystal), il ragazzo di una sua amica, da Chicago a New York. Lui è troppo invadente e volgare per lei, lei troppo snob e rigida per lui. Ma è qui che Harry espone la sua filosofia: “Uomini e donne non possono essere amici, perché ci si mette sempre di mezzo il sesso”. “Anche quando la donna non è attraente?”, chiede Sally. “Sì, vogliamo farcela anche in quel caso”, replica lui. Ovviamente Harry ci prova (almeno a parole) quasi subito e lei lo rimette al suo posto, in quella che possiamo considerare la prima bozza di friend zone, un termine che nel 1989 non esisteva, ma che avrebbe reso perfettamente comprensibile un tipo come Harry.

Da lì inizia una danza di incontri-scontri tra i due nel corso degli anni: il film conclude che l’amicizia tra uomini e donne è possibile ma alla fine insostenibile, almeno per i protagonisti e il pubblico: prima o poi, coinvolgerà il sesso, e nel caso di Harry e Sally, l’amore. Non solo, Harry ti presento Sally ha fatto entrare nel vocabolario delle relazioni espressioni come “chiodo-scaccia-chiodo” dopo una rottura o “partner ad alta manutenzione”, qualcuno con cui è particolarmente impegnativo stare. Quando ancora la gente non postava tutto sui social, il candore con cui il film parlava di coccole post coito e orgasmi finti era rivoluzionario. “Avrebbe funzionato solo se avessimo davvero esposto ciò che gli uomini e le donne sentivano e pensavano”, racconta Reiner. Parlare di simulazione in camera da letto, facendo diventare universale un problema che molte donne pensavano fosse solo loro, era una piccola ma grande rivoluzione. E a farlo sullo schermo era la nuova fidanzatina d’America, miss Meg Ryan.

Sally Albright e Harry Burns sono la coppia più improbabile del cinema. A lei piacciono il tip tap e le insalate con condimento a parte (grazie mille), indossa mutande predefinite per ogni giorno della settimana e si lamenta di non averlo mai fatto sul pavimento della cucina con i suoi fidanzati (“le mattonelle in ceramica messicana sono troppo dure”). Lui adora il baseball, sputa i semi dell’uva dal finestrino (chiuso) della macchina, è cinico, ha un lato oscuro molto pronunciato e vuole farsi ogni donna che incontra. E allora perché Harry ti presento Sally funziona così bene? Facile, perché la chimica tra Meg Ryan e Billy Crystal è elettrica, con i due attori che hanno tirato fuori le performance definitive di una carriera. Lui, sorprendentemente tenero, non ha paura di mostrare i lividi oltre la sfacciataggine: nella scena del grande magazzino, Harry si lancia in un karaoke improvvisato. Ha appena riacquistato parte del suo spirito divertito e sbruffone, poi appare la sua ex moglie: in pochi secondi, sulla faccia di Crystal passa uno tsunami emozionale. Senza dubbio questo è il suo lavoro più sincero e divertente.

Qualcuno potrebbe obiettare che Meg Ryan fosse troppo bella (era il 1989, prima della chirurgia plastica) per interpretare la sfortunata Sally, ‘miss incubo dei camerieri nei ristoranti’ e un’accozzaglia di insicurezze. Dopo essere stata la parte più riuscita di film brutti come Terra Promessa, qui l’attrice trova terreno per il suo talento in un mix di dolcezza, goffa sensualità e verve comica. Grazie a Harry ti presento Sally, Meg sarebbe diventata il volto delle commedie romantiche, almeno fino all’arrivo di Julia Roberts a darle battaglia.

Parliamoci chiaro, la trama è piuttosto ovvia, capisci come va a finire dopo i primi tre minuti. E senza dubbio, dai titoli di testa all’ambientazione lussureggiante di Manhattan fino alla colonna sonora jazz degli anni Trenta e Quaranta (con i gorgheggi di Harry Connick Jr.), Harry ti presento Sally perpetua un versione annacquata della New York del primo Woody Allen. Nel documentario sul making of, Nora Ephron spiega che “ci sono due tradizioni di commedie romantiche, quella cristiana e quella ebraica. Nella prima c’è un vero ostacolo all’amore. Nella seconda, introdotta da Woody Allen, l’ostacolo principale è la nevrosi del personaggio maschile”. Harry ti presento Sally porta avanti quella visione e la raddoppia, applicando la paranoia ad entrambi i protagonisti.

Così, grazie alle visione comica del regista Rob Reiner, alla sceneggiatura senza tempo di Nostra Signora delle rom-com Nora Ephron e alla strana coppia Crystal/Ryan, il film ha cambiato il genere per sempre. Da altri classici della Ephron, come C’è posta per te e Insonnia d’amore (con la solita Meg Ryan), agli sdolcinati film degli anni ’90 con Julia Roberts e Kate Hudson, da 27 volte in bianco con la puritana Jane di Katherine Heigl, fino a film più recenti come Always Be My Maybe e Someone Great, di Harry, Sally e di quella visione della Grande Mela ci sono tracce in tutte le commedie romantiche degli ultimi 30 anni. Harry ti presento Sally è la Star Wars delle rom-com. E la formula è piuttosto semplice: il film condensa in 90 minuti 12 anni di incontri casuali, battute spiritose, lacrime e romanticismo non proprio ortodosso e suona quasi come una serie di sketch, grazie a cui è facilissimo individuare le parti più memorabili: la scena nella tavola calda in cui Sally cerca di convincere uno scetticissimo Harry di aver avuto degli esaltanti incontri sessuali e poi procede con l’ordine di insalata più complicato di sempre, oppure la scena al Met in cui entrambi parlano con un esilarante accento est europeo. O, ancora, la sequenza della telefonata a quattro con i rispettivi migliori amici (una è Carrie Fisher) dopo la notte passata insieme, che tecnicamente è stato un incubo per il regista ma è una delle parti più geniali del film. Per non parlare del monologo finale di Crystal (“Ti amo quando hai freddo e fuori ci sono 30 gradi”). E, ovviamente, il leggendario “Oh, yes, yes, yes, yes” di Meg Ryan.

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