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Hans Zimmer, un sogno chiamato ‘Dune’

È stato il suo libro preferito fin da ragazzo e ora, grazie alla visionarietà di Denis Villeneuve, ne ha finalmente creato l'universo sonoro. Con un approccio viscerale, quasi epifanico, fuori dalla sua comfort zone abituale

Foto: Chiabella James/Warner Bros.


Cimentarsi in un kolossal fantascientifico è stato da sempre il banco di prova dei più illustri compositori per documentare il loro passaggio basilare nella storia della musica per il cinema. Da Bernard Herrmann, che introdusse l’utilizzo del theremin in Ultimatum alla terra del 1951, a John Williams, ideatore del mondo sonoro di Star Wars e dei classici sci-fi di Steven Spielberg, la musica nella fantascienza ha rappresentato il bacino per le più importanti tecniche di composizione moderne, permettendo di espandere i panorami e l’immaginazione degli spettacoli e svolgendo un ruolo cruciale nell’impostazione del tempo e del luogo narrativo.

Se pur il genere fantascientifico all’apparenza sembrerebbe essere terreno fertile per la sperimentazioni sonore, rappresenta in realtà lo scenario più impervio. Molti musicisti, pur avendo a disposizione numerosi stilemi e convenzioni fin dagli anni ’50, sono caduti nel tentativo di impersonificare il genere secondo le loro caratteristiche, andando a modificare uno standard perfetto per un filone narrativo così peculiare.

Uno dei casi più eclatanti fu sicuramente la colonna sonora realizzata dai Toto per la prima trasposizione cinematografica di Dune nel 1984. La musica, seppur basata su un progetto così iconico per la letteratura di genere come il romanzo di Frank Herbert, non riuscì a rappresentare le ambientazioni e tematiche trattate dall’autore americane come il territorio ricco e desertico di Arrakis, ma seguì lo stile compositivo delle band degli anni ’80, che poco avevano in comune sia con il mondo fantascientifico che con la formazione divina del protagonista Paul Atreides.

In generale il film, diretto da David Lynch, rappresentò un vero fallimento per gli amanti del genere, dettato anche da scelte commerciali fallimentari proprio come il coinvolgimento dei Toto. In quel dato periodo storico, era molto comune infatti coinvolgere artisti dell’immaginario pop, scelta scaturita dal grande successo avuto dai Queen per la colonna sonora di Highlander.

37 anni dopo, Denis Villeneuve ritorna sulle “macerie” di Dune per ridargli una nuova via narrativa/cinematografica coerente, mettendo al suo fianco colui che ha condizionato e influenzato l’evolversi della musica per il cinema dagli anni ’90 a oggi, Hans Zimmer.

Il compositore tedesco è sicuramente una delle menti musicalmente più brillanti dell’ultimo decennio. Passando dal kolossal epico con Il gladiatore fino alla collaborazione fraterna con Christopher Nolan, il suo sound è sempre rimasto fortemente riconoscibile, alternando minimalismo compositivo con la potenza sonora provocata da un mix perfetto tra orchestra ed elettronica.

Il suo stile si alimenta di triadi corali (accordi) imponenti come dimostrato in Time, presente nella colonna sonora di Inception. Il tema volutamente ripetitivo costituisce la stratificazione del sogno, elemento centrale del film, proclamando sul finale l’arrivo dell’ostinato catartico (disegno musicale ripetuto ad oltranza senza modificarne altezza e ritmo), rappresentazione sonora della svolta narrativa.

Per Zimmer la musica è narrazione e contestualizzazione storica. Ogni colonna sonora da lui composta non si discosta mai dal fulcro centrale, rispettando i canoni stilistici dei personaggi e delle ambientazioni. La musica si arricchisce di queste caratteristiche sino a formare una guida per lo spettatore, un leitmotiv musicale che possa congiungere tutti gli elementi in scena.

Come raccontato da Denis Villeneuve, che è alla sua seconda collaborazione con Zimmer: «Appena ho deciso di fare questo film, Hans è stata la prima persona a cui ho pensato. Durante un nostro incontro a Montréal mi confessò che il suo più grande sogno era quello di poter sonorizzare il mondo di Dune, essendo stato il suo libro preferito da adolescente… Mi consegnò la sua copia e mi disse: “Portalo con te nel deserto e respira l’anima di Dune“».



Da queste parole si nota come il suo approccio più che in altri film sia stato totalmente viscerale, quasi epifanico. Per mesi si è immerso nell’esplorazione sonora del libro attuando nuove sonorità che lo spingessero fuori dalla sua comfort zone abituale. Attraverso la rilettura di Dune, Hans Zimmer ha voluto dare spazio a due elementi principali: la sacralità intrinseca dell’opera e lo stato di trance indotto dalle spezie di Arrakis, su cui verte l’esistenza della società interstellare.

La voce, il costante sibilìo presente nelle partiture, diventa il fulcro narrativo, il collante sonoro e sacro, nel raccontare la figura divina che si cela all’interno di Paul Atreides. Sua madre Lady Jessica ha cresciuto suo figlio secondo le regole delle Bene Gesserit, sorellanza esoterica/religiosa basata sugli insegnamenti di Jihad Bluteriano, che ideò una scuola di addestramento mentale e fisico esclusivamente per persone di sesso femminile di cui la stessa Lady Jessica faceva parte.

Le Bene Gesserit sono capaci di leggere le emozioni attraverso i segnali somatici e di comandarle tramite la voce, una modulazione del tono vocale che influenza in modo profondo il subconscio di chi la ascolta fino a controllarlo. Il loro fine è quello di creare il cosiddetto “Ksiwatz Aderat” (colui che può essere in molti luoghi contemporaneamente) che porterà l’equilibrio cosmico.

Lo stesso Zimmer ha dichiarato: «Denis e io abbiamo convenuto che i personaggi femminili nel film guidano la storia, quindi la colonna sonora si basa principalmente su voci femminili. Abbiamo concordato che la musica avrebbe dovuto avere una spiritualità, una qualità santificata. Qualcosa che elevi l’anima e abbia l’effetto che solo la musica sacra può avere».

L’utilizzo persistente vocale ricorda volutamente la tradizione orale legata alle leggende epiche e religiose. I Fremen, popolazione nomade che abita sin dal principio Arrakis, attende l’arrivo del Ksiwatz Aderat e vocalmente ne tramanda le gesta di generazione in generazione. Zimmer sembra prendere spunto direttamente dalla tradizione orale araba, che rappresentava per la popolazione un immaginario collettivo e un riflesso della coscienza: «I racconti rispondono a una varietà di esigenze culturali, sociali, religiose, che emergono costantemente dall’interazione dell’individuo con l’ambiente circostante, nonché dall’influenza della società sull’individuo».

Il lavoro musicale di Hans Zimmer si dimostra un’opera imponente, un’opera che lega il compositore alla sua gioventù da appassionato del mondo fantascientifico. Come detto precedentemente, comporre una colonna sonora per una kolossal fantascientifico è qualcosa che segna la carriera per sempre e per Zimmer, attraverso il suo sogno chiamato Dune, si spalancano le porte per entrare ancor di più nella storia musicale hollywoodiana.

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