‘Giovani madri’ è il cinema migliore dei fratelli Dardenne | Rolling Stone Italia
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‘Giovani madri’ è il cinema migliore dei fratelli Dardenne

Il nuovo, bellissimo film dei registi belgi accompagna cinque adolescenti a cui la vita ha chiesto di prendersi cura di qualcuno senza che nessuno si sia mai davvero preso cura di loro. Starring cinque magnifiche protagoniste

‘Giovani madri’ è il cinema migliore dei fratelli Dardenne

Il cast di 'Giovani madri'

Foto: BIM

Il cinema dei fratelli Dardenne è da sempre fatto più di gesti che di parole, più di sguardi che di dialoghi. Eppure nel loro nuovo, bellissimo film ci sono quattro battute che di quelle Giovani madri raccontano meravigliosamente il dramma esistenziale. Siamo nella stanza della casa-famiglia (il francese è ancora più evocativo: maison maternelle) in cui è ambientata la storia, un’operatrice si rivolge a una delle protagoniste, Perla: «Il tuo bambino piange, lo prendi in braccio?», chiede l’educatrice. «Piango anche io», risponde la ragazzina. «Ha fame», insiste la donna. «Anche io ho fame», ribatte Perla. In quell’“anche io” sta il paradosso crudele che vivono queste ragazze, ancora figlie – ferite, traumatizzate, dimenticate – prima di essere mamme, a cui il mondo chiede di prendersi cura di qualcuno quando nessuno si è mai davvero preso cura di loro. E che ora stringono un neonato mentre cercano di capire, spesso con una lucidità che ferisce, dove finisce la loro infanzia e dove dovrebbe iniziare un’età adulta a cui nessuno le ha mai davvero preparate.

Premio per la sceneggiatura allo scorso Festival di Cannes, Giovani madri (dal 20 novembre nelle sale con BIM) è un film che non giudica e non salva, semplicemente accompagna queste piccole donne, queste ragazze – ciascuna interrotta a modo suo – nel loro viaggio più difficile. Per i Dardenne è sempre stato questo il gesto davvero radicale: osservare, stare vicino, persino addosso ai personaggi. «Noi cerchiamo sempre di rendere i nostri protagonisti sfuggenti», hanno spiegato i registi durante l’affollatissima masterclass al Parma Film Festival – Invenzioni del vero. «Devono proprio sfuggire allo spettatore e alla macchina da presa, che deve stare sempre al posto sbagliato per far sì che il personaggio appunto la eluda, diventi autonomo, un’entità a sé stante».

GIOVANI MADRI di Jean-Pierre e Luc Dardenne | Trailer Ufficiale Italiano

E infatti non forzano mai un messaggio nei loro film, piuttosto accompagnano un movimento. Accade lo stesso anche qui: Jessica, Perla, Julie, Naïma e Ariane sono filmate con quella distanza prossima che è la firma dei fratelli belgi – un metro e mezzo di pudore e di compassione. Quanto basta per vedere e non invadere, per capire. Perché il giudizio, nel mondo che mostrano i Dardenne, è un lusso degli adulti che hanno dimenticato cos’è stato crescere senza protezione. E loro scelgono di fare l’opposto, rivolgendo lo sguardo proprio là dove di solito lo distogliamo e restituendo dignità alla vulnerabilità.

Così il film diventa la quotidianità di queste ragazzine tra biberon, pianti, discussioni con i loro compagni (ragazzini pure loro), stanze e sogni condivisi, operatrici che provano a insegnare ciò che forse anche loro hanno imparato tardi, convivendo con il fallimento strutturale di un sistema che dovrebbe sostenere queste teenager ben prima che restino incinte. Ma il miracolo dei Dardenne è che la denuncia non è mai gridata: sta appunto nei volti, nell’incapacità delle protagoniste di nominare il proprio dolore. Sta, soprattutto, nell’assenza: di padri, di madri, di famiglie, di figure che possano reggere un po’ di quel “peso” al posto loro.

Foto: BIM

Babette Verbeek, Elsa Houben, Janaïna Halloy Fokan, Lucie Laruelle e Samia Hilmi (il primo cast davvero corale dei fratelli belgi) danno magnificamente vita alla loro resistenza giornaliera, ai loro silenzi, alla giovinezza che sfugge dalle mani e che non ha avuto il tempo di diventare esperienza:
 «Cerchiamo sempre di rimanere sulla persona, non vogliamo mai rappresentare un “gruppo sociale”. Il nostro obiettivo è che i personaggi esistano come individui, come esseri umani, ovviamente in dialogo con lo spettatore», per dirlo ancora con le parole dei Dardenne.

Le protagoniste sono adolescenti, e il film non lo dimentica mai: hanno voglia di ballare, di scappare, di chiudersi in bagno col telefono, di innamorarsi, di urlare. E il fatto che tutto questo debba convivere con l’arrivo di un neonato crea una tensione che il film preferisce non mediare mai e invece lasciare vibrare. La camera le segue nei loro tentativi di imparare a cambiare un pannolino, nelle chiacchierate complici, nella ricerca costante di un appiglio. E ogni volta che sembra arrivare un momento di tenerezza, la vita entra a gamba tesa e rimette le cose in prospettiva. Anche se c’è ancora domani (pardon), un futuro tutto da progettare, la porta aperta alla speranza.

Giovani madri commuove nella semplicità con cui in fondo mostra una verità che tutti conosciamo ma che evitiamo di affrontare: una madre che non ha mai potuto essere figlia fino in fondo rischia di diventare una ferita che si replica, un trauma che non può che diventare ereditario. Allora i Dardenne scelgono di mostrarci cosa significa spezzare – o almeno provare a spezzare – quella catena senza però mai offrire soluzioni, perché per la loro idea di cinema sarebbero un tradimento. E torniamo a Perla, che vorrebbe rispondere «non ce la faccio, per me è troppo», ma riesce solo a dire «anche io piango, anche io ho fame». Di amore, di cura, di riconoscimento. Ed è proprio quell’“anche io” a diventare la chiave del film e a ricordarci che queste ragazze, prima di essere madri, sono ancora figlie che chiedono una cosa semplicissima: essere viste.

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