‘Era ora’. Che arrivasse un film italiano come questo | Rolling Stone Italia
Ricominciamo da capo

‘Era ora’. Che arrivasse un film italiano come questo

Un film che (come altri di recente uscita) riscopre i generi. Un film che è un successo su Netflix. Un film che è la conferma che si possono fare opere per non andare a Venezia, e vivere comunque felici

‘Era ora’. Che arrivasse un film italiano come questo

Barbara Ronchi e Edoardo Leo in ‘Era ora’ di Alessandro Aronadio

Foto: Fabio Lovino/Netflix

Partiamo da una premessa importante: in Italia il cinema di genere c’è sempre stato e sempre ci sarà. Ma a determinate condizioni. Una garbata commedia senza De Sica e Boldi incassava trenta milioni? Facciamo cinquanta garbate commedie, perché questo vuole il pubblico. Vinciamo qualche premio minore nei festival internazionali? Puntiamo a più non posso sul cinema d’autore con una spruzzata di realismo magico. Quando però gli incassi languono e premi non ne vediamo neanche con il binocolo, ecco che torna l’eterno ritornello: il cinema italiano è in crisi.

Vi svelo un segreto: il cinema italiano non è mai stato in crisi. Ma ha sempre fatto comodo dirlo, perché la politica della lamentela dalle nostre parti è un’arma e una giustificazione. È quel coltello dalla parte del manico che fa aprire i cordoni della borsa del Ministero, con sovvenzioni, incentivi produttivi, tax credit, film commission sempre più ricche, un giro d’affari importante per l’industria dell’audiovisivo e per l’indotto conseguente. Alla fine ci guadagnano tutti, e va bene così, giusto? Non proprio. Perché le sale sono comunque sempre poco sopra la linea di galleggiamento, e per quanto supportate anche loro dalle politiche culturali istituzionali, il confronto è impari rispetto a chi il cinema lo fa o lo distribuisce.

Tutto questo preambolo per esprimere un certo rammarico. Quello di avere visto due film come Beata te ed Era ora entrambi proposti a un pubblico casalingo. Il film di Paola Randi è stato lo Sky Original più visto del 2022, nonostante sia “uscito” il 25 dicembre. Era ora, presentato a ottobre alla Festa del Cinema di Roma, è dal 16 marzo su Netflix e macina ore di visione a pieno ritmo, occupando saldamente il primo posto della classifica italiana e cavandosela egregiamente anche a livello internazionale (dove è identificabile con il titolo Still Time).

La storia di Era ora è semplice, un Ricomincio da capo in cui il protagonista ogni giorno si ritrova a festeggiare il suo successivo compleanno, perché nella vita non ha mai dato la giusta importanza al tempo e al modo migliore per usarlo. Quello che accade a ogni risveglio lo potete scoprire guardando il film diretto da Alessandro Aronadio (Orecchie, Io c’è) e da lui scritto insieme a Renato Sannio. Tratto, molto liberamente, da un film australiano dal titolo Long Story Short (in italiano tradotto con Come se non ci fosse un domani), Era ora non è un film monogenere: è una commedia romantica fantastica con contaminazioni mélo e tracce di horror. Beata te è una commedia generazionale fantastica al femminile. Entrambi i film riflettono su importanti questioni contemporanee, con il tempo sempre protagonista, perché alla fine questo mondo moderno ha inventato tanti aggeggi che dovevano farcelo risparmiare e invece ci spingono a perderlo in maniere inutili. Rientra nello stesso filone anche La donna per me, film che l’anno scorso ha segnato il ritorno alla regia di Marco Martani, anche questo andato direttamente su Sky e che avrebbe meritato uno schermo anche più ampio.

A tutto questo aggiungiamo dei buonissimi attori (Edoardo Leo e Barbara Ronchi nel primo, Serena Rossi e Fabio Balsamo nel secondo), una scrittura intelligente (Lisa Nur Sultan l’abbiamo intervistata proprio per Beata te) e una regia pulita e il gioco è fatto: il successo è servito. Il cinema americano o britannico di film di questo tipo ne tira fuori a ciclo continuo da sempre. Un esempio? La vita è meravigliosa. Ne volete un altro? Questione di tempo, quel gioiellino firmato Richard Curtis che guarda caso è il nume tutelare di molti sceneggiatori e registi nostrani. Mai fatto caso alla curiosa somiglianza tra L’incredibile storia dell’Isola delle Rose di Sydney Sibilia e I Love Radio Rock? Fateci caso. E a proposito di Sibilia, Mixed by Erry rientra perfettamente nella tipologia di film di cui stiamo parlando. Così come, cambiando completamente genere, L’ultima notte di Amore, quasi 2 milioni di euro incassati per un vero e proprio “polar” alla francese con un ottimo Pierfrancesco Favino diretto dall’assai bravo Andrea Di Stefano (e con Linda Caridi che ruba la scena).

Pierfrancesco Favino e Linda Caridi sul set di ‘L’ultima notte di Amore’. Foto: Loris T. Zambelli

E di esempi, negli ultimi anni, ce ne sono altri: Metti la nonna in freezer di Stasi e Fontana o Gli uomini d’oro di Vincenzo Alfieri (scritto insieme a Stasi, Aronadio e Sannio), che ha rivelato il talento anche drammatico di Fabio De Luigi, lo stesso che con la sua commedia fantastica per famiglie Tre di troppo ha sbancato il botteghino post natalizio. Si potrebbe continuare con il cinecomic post apocalittico La terra dei figli, sottovalutatissimo film di Claudio Cupellini tratto da Gipi, e restando nel post qualcosa non dimentichiamo Mondocane con Alessandro Borghi, che dal 23 marzo sarà al cinema con Delta, un western della Bassa firmato da Michele Vannucci in cui duella con Luigi Lo Cascio. Sì, lui, il protagonista di The Bad Guy, la migliore serie italiana dell’annata. E prossimamente è da tenere d’occhio Denti da squalo, coming of age fantasy che segna il debutto alla regia di Davide Gentile, con Gabriele Mainetti che produce.

Tutto questo per dire che c’è qualcosa di nuovo e fresco nel cinema italiano, e se addirittura il New York Times mette Era ora tra i cinque film sci-fi da vedere in streaming in questo periodo, la cosa migliore da fare è prendersi il complimento e portarselo a casa. Facendo però attenzione a non cadere nella dipendenza di cui è da sempre vittima la nostra industria cinematografica: l’infinita ripetizione di un prototipo per andare sul sicuro. Il pubblico sicuramente finirà per non poterne più.