Dov’è finita Lea Massari? Se lo chiedevano Monica Vitti e Gabriele Ferzetti nell’Avventura, ce lo siamo chiesti un po’ tutti noi sempre in cerca di miti, idoli, icone (pardon). Dov’è finita Lea Massari, perché non veniva mai in mente fra i grandi nomi del grande cinema italiano, lei che grande lo è stata e che ha fatto film grandissimi? E però, appunto, era come sparita, evanescente come nel film che ha fatto di Antonioni il regista dei luoghi metafisici, delle parole smarrite anche più delle persone.
Sono spariti anche certi suoi film pure grandissimi, ma che nessuno oggi ricorda. Io scelgo, fra tutti, La giornata balorda (che titolo bellissimo!) di Mauro Bolognini, dove Massari è Freja (!), una donna sudamericana (!!!) che nella Roma della calura e dei giri permale fa perdere la testa al bellissimo Jean Sorel. Un film da rivedere subito, ora che è estate è ancora più bello.
Poteva fare ed essere tutto, Lea Massari. La brusca popolana e l’elegante borghese, la romana da peplum (Il colosso di Rodi di Sergio Leone) oppure da riscatto impossibile del dopoguerra (Una vita difficile di Dino Risi, ma ci arriviamo fra poco). Avrebbe dovuto fare pure la moglie di Marcello Mastroianni in 8½, dice la leggenda, al posto di Anouk Aimée. E allora lì sarebbe diventata icona? Ci saremmo ricordati di lei per sempre? Chissà, è la bella confusione (cit.) che spariglia o no le carte del cinema, e che è sempre imprevedibile.
Non era imprevedibile però che Una vita difficile sarebbe stato il metro di un’epoca, di uno stato della nostra tragicommedia. Quella scena. La cena dei poveracci coi padroni, i Rustichelli, che li hanno invitati solo perché se no sarebbero stati in tredici a tavola. Si attendono i risultati del referendum, Silvio Magnozzi (Alberto Sordi, ovvio) teme che i loro ospiti siano monarchici a differenza loro, repubblicani. Lei che ha fame e dice: “Perché, se sono monarchici non mangi?”; e poi, frenando il marito che s’infiamma: “Ma di che vuoi parlare, siamo ospiti!”. C’è tutta la società italiana, lì dentro. Il rivendicare e il dover sempre scomparire. Chi meglio di lei.
Poi, come tutte le attrici della sua generazione, il richiamo del cinema americano, quando l’Italia e le sue star giocavano in campo internazionale (Questo impossibile oggetto di John Frankenheimer, era il 1973). E poi l’accoglienza dei francesi, su tutti Louis Malle in Soffio al cuore, bello e scandaloso. Una mamma e un figlio, innamorati (a loro modo) d’estate. Quale attrice accetterebbe un ruolo così oggi.
Altri classici italiani oggi un po’ dimenticati pure loro (Allonsanfàn dei Taviani, Cristo si è fermato a Eboli di Rosi), i premi, i festival, gli sceneggiati (struggentissima la sua Anna Karenina), però sempre da parte, laterale, fuori campo, fino a scomparire. Özpetek, altra leggenda più recente, l’avrebbe voluta per Cuore sacro, non ce l’ha fatta. L’ultimo film di cui si ha memoria (il suo penultimo, in realtà) è di molti anni prima. Segreti segreti di Giuseppe Bertolucci, del 1985. Lea Massari è la madre di Lina Sastri, terrorista, e sta lì a raccontare un’altra Italia, quella che viene dopo le illusioni politiche, i riscatti (im)possibili, standoci dentro ma sempre fuori. Un altro film da rivedere oggi per vedere dov’è stata, Lea Massari, evanescente e sempre presente.