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Dobbiamo parlare di ‘RRR’

Da Bollywood (anzi, Tollywood) arriva con furore il film che agli Oscar potrebbe battere Rihanna e Lady Gaga. E che dimostra, nel bene e nel male, cosa vuol dire fare oggi un cinema ‘kolossale’

Foto: Pen Studios

Io l’algoritmo di Netflix non l’ho ancora capito come funziona. È da mesi che leggo cose su RRR, il film indiano arrivato, anzi no, agli Oscar (ma ne parliamo dopo), e l’altra sera un’amica mi dice: “Ma è su Netflix, l’ho visto ieri, è fantastico!”. Non un suggerimento, non un’apparizione in home, niente di niente – ma poi, quando ho schiacciato play non grazie all’algoritmo ma all’amica, ho visto che ovviamente era compatibile al 98%, come in quel giochino sulle affinità di coppia che facevamo da bambini con la calcolatrice, che alla fine però non eri riamato mai.

Flashback. L’unico (o quasi) film bollywoodiano arrivato nella nostra grande distribuzione è Lagaan – C’era una volta in India. Era il 2001, ricordo le code (ebbene sì) all’Anteo, il cinema delle professoresse democratiche e dei pischelli nerd come me, per andare a vedere quell’epica hindi molto cantata e ballata e dalla durata monstre: quattro ore, di cui due solo per una partita di cricket. Il punto erano gli indiani rivoluzionari contro i cattivoni inglesi, sfidati letteralmente sul campo.

Arriviamo a oggi. RRR parla più o meno della stessa cosa. Ci sono degli inglesi ancora più sadici e bastardi (e con lady molto rifatte, per essere il primo Novecento) che rapiscono bambine, torturano poveri contadini, impiccano facinorosi, e via seviziando senza ritegno. Finché non s’incrociano i destini di due uomini – Komaram Bheem, capotribù dei Gond, e Rama Raju, ufficiale della polizia in disguise anch’egli con animo da barricadero – e scoppia il bordello. A morte gli inglesi, viva la revolución!

RRR è effettivamente Lagaan vent’anni dopo, come si conviene ai tempi dell’algoritmo. Più trucido, più kitsch, di mano più pesante, ugualmente colossale (è il film più costoso mai prodotto in India, e precisamente nell’India meridionale: difatti si parla di Tollywood e non di Bollywood), con meno canzoni perché evidentemente son passate di moda: quando vidi un film in un cinema di Jaipur, senza capirci nulla e capendo però tutto, era pieno di canzoni e balletti, ma era comunque quindici anni fa. Qui ci sono un paio di brani in stile cantastorie, per raccontare quello che non vediamo (“non lo famo, ma lo cantamo”), e un paio di numeri tra cui Naatu Naatu, la canzone che al momento pare destinata a battere Rihanna e Lady Gaga agli Oscar.

C’è stata invece una piccola sollevazione social per la mancata nomination di RRR nella cinquina dei film internazionali (ma è ben più grave l’assenza dello splendido Decision to Leave di Park Chan-wook), dopo mesi in cui si dava per scontata la sua presenza al premio dei premi: alcuni addirittura prevedevano S.S. Rajamouli tra i migliori registi (esagerati). Lagaan ci era finito, tra i migliori film stranieri, ma Lagaan era un film paradossalmente più comprensibile; più comprensibile perché decisamente più local.

RRR guarda al cinema occidentale, è una specie di fiction di Teodosio Losito però diretta da Cecil B. DeMille, e dentro c’è di tutto: amicizia virile, Storia, tradimenti, ricatti reali e morali, cartoni animati giapponesi, Sergio Leone (e, per travaso, Quentin Tarantino), Troy, i videogame, Il segreto (inteso come soap di Canale 5), un po’ di estetica gay da palestrati di Instagram certamente involontaria, scene di cartapesta e costumi che sembrano comprati al mercato di viale Papiniano. Ma pure alcune delle sequenze action più belle viste di recente (l’ufficiale che, all’inizio, si getta tra la folla e colpisce alla cieca; il salvataggio del bambino nel fiume) e un’idea di cinema bigger than life come il cinema dovrebbe (anche) essere, e come non fa più nessuno.

In un’epoca in cui i kolossal che guardano e parlano all’età classica non si producono più (o restano incompresi: vedi Babylon), RRR è un oggetto fuori dal tempo, o fieramente dentro un altro tempo. Un tempo dove tutto è ancora possibile. Se in una scena sono previste mille comparse, quelle mille comparse saranno tutte vere. Se il film deve durare tre ore e cinque minuti, non ci sarà nemmeno un minuto speso male, in barba a tutte le (mini)serie che di ore ne durano dieci quando ne basterebbero due scarse. È intrattenimento purissimo, pieno di roba bella e brutta, ma che non smetteresti mai di guardare. Anche solo per questo, per RRR tutto l’onore e il rispetto – è una citazione, sì.

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