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Dal libro al film: D’Artagnan e Dantès non li ha inventati Dumas. Forse

Con ‘I tre moschettieri’ e ‘Il conte di Montecristo’ Alexandre Dumas padre ha codificato il genere dell’avventura. Saccheggiato, in ogni decennio dalla sua invenzione, dal cinema. Ma quelle storie restano solo sue (e nostre)

Foto: 01 Distribution

Nel film L’autre Dumas, del 2010, Gérard Depardieu interpreta Alexandre Dumas padre. Il film diretto da Safy Nebbou ha suscitato una duplice polemica. Per cominciare si insiste su Dumas “il negro” interpretato dal bianco Depardieu, e poi si rivanga sul ruolo che ebbe Auguste Maquet, l’ombra, l’anima nera e, forse, l’autore nascosto. Qualcuno ha ricordato il rapporto omologo fra Mozart e Salieri. Secondo l’ultima rivisitazione, o revisione, sembra che questo Maquet non si limitasse a degli appunti, ma che si impegnasse in una sorta di soggetto lungo – lo dico in termini cinematografici perché il cinema qualcosa c’entra con Dumas – sul quale poi il maestro lavorava. Insomma, il conte Edmond Dantès e D’Artagnan potrebbero esser stati inventati, se non raccontati, da questo antesignano ghostwriter.

I tre moschettieri e Il conte di Montecristo sono romanzi perfetti, hanno inventato l’avventura moderna. Contengono tutto e nello stile più alto: cappe e spade, vendette, sangue blu, ricchezza e povertà, amore romantico, politica. E certo non è un caso che il cinema, praticamente in ogni decennio a cominciare dal principio, abbia rappresentato questi titoli. Credo che siano i titoli più fatti e rifatti in assoluto. Dal cinema e dalla televisione. E se tutto questo non appartiene, del tutto, a Dumas padre… ebbene, la notizia è devastante. È un mondo che crolla.

Ci sono edizioni recenti, fra le tante dei Moschettieri. Una tedesca, prodotta dalla Constantin Film, girata peraltro in 3D, e diretta dall’inglese Paul W.S. Anderson. Sembra che questa rappresentazione non si stacchi di molto dalla classicità del racconto. Insomma, continua a fare scuola l’edizione del 1948 di George Sidney, con lo strepitoso Gene Kelly-D’Artagnan, un “Metro” insuperato, che a tanta distanza non ha perso niente della sua vedibilità. L’altra versione vede all’opera Lionel Wigram, il produttore dello Sherlock Holmes di Guy Ritchie. L’idea è quella di “attualizzare” la storia, inserendoci l’horror, la violenza e il sesso. L’operazione è certo riuscita con Holmes, Wigram potrebbe ripetersi. Se vale l’indicazione di chi scrive… io sto con Gene Kelly, e credo che I tre moschettieri debba continuare ad appartenere ad Alexandre Dumas piuttosto che a un Guy Ritchie. Ma ho torto, perché c’è il cinema e c’è questo tempo, e al cinema ci vanno (per lo più) i giovani, ai quali non basta vedere Lana Turner decapitata, anzi l’ombra di Lana Turner, perché allora quella scena era ritenuta troppo violenta.

La parte “nera” di Dumas è conosciuta, anche se non è mai stata enfatizzata. Suo padre era un generale di Napoleone, figlio di un francese e di una schiava nera di Haiti, a quel tempo colonia francese. Dumas, personaggio certo in vista, dovette affrontare pregiudizi e maldicenze, ma aveva la personalità per difendersi. C’è una sua frase famosa, rivolta a chi gli faceva rilevare il suo colore: “Mio padre era un mulatto, sua madre una negra e sua madre era una scimmia. Dunque, come vede, la mia famiglia è cominciata dove la sua è finita”.

Alexandre Dumas padre (1802-1870), come detto sopra, ha inventato un genere. Per molto tempo è stato ritenuto uno scrittore “minore”. Il suo romanzo era definito feuilleton, ma certo è riduttivo. È vero che più della fase letteraria, più dello stile, gli interessava il racconto. In questa chiave fu un precursore. Guardava alla gente, non ai critici o ai colti, a suo modo faceva indagini di mercato. Sarebbe stato un grande pubblicitario. Ed è vero che si circondò di collaboratori ai quali dava input veloci, per apprestarsi una base su cui lavorare, per produrre di più e meglio. Era consumo, era mercato. E, sappiamo adesso che aveva ragione lui, ragione in pieno.

I tre moschettieri e Il conte di Montecristo, così come Ivanhoe, e Zorro, e Tarzan, fanno parte della nostra più felice dotazione, ci soccorrono. E appartengono, rispettivamente, a Dumas, Walter Scott, Johnston McCulley, Edgar Rice Burroughs. Non ad altri.

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