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Cosa succede quando le ragazzine della Milano bene guardano ‘Chiara Ferragni – Unposted’

Genitori via per il weekend, loft libero, cover pelose e brillantini: abbiamo visto il doc con un gruppo di adolescenti che vive vicino City Life. E sperava di "scoprire qualcosa in più della vera Chiara"

Sono state scritte così tante cose su Chiara Ferragni – Unposted, che l’unico modo per celebrare l’uscita del film record d’incassi su Amazon era infiltrarsi in un festino di adolescenti follower. Per questo, salto brutalmente tutta la parte in cui si urla all’agiografia, al resoconto a servizio del potere, alla pellicola superficiale dall’estetica orrenda che amplifica l’immagine senza pecche dell’influencer.

Venerdì sera, le mie vicine di casa diciassettenni hanno casa libera, pardon, loft libero, perché i genitori sono all’estero per il weekend, e siccome sabato c’è la verifica di fisica, hanno studiato tutto il pomeriggio per potersi concedere l’anteprima di gruppo del film. Sapendo che si trattava di studentesse del migliore scientifico di Milano, e che non erano andate a vederselo al cinema, ho cercato di capire dai genitori se si sarebbe trattato di una visione ironica del film: loro, da persone di una certa cultura, se lo auguravano, ma sinceramente non avevano indagato, troppo presi a fare valigie e lasciare istruzioni per la gestione dei figli.

Lo chiedo direttamente alle ragazze. No, non sono assolutamente qui per prendere in giro il personaggio, il senso del pigiama party Unposted (questo il nome del gruppo Whatsapp creato per l’occasione) è quello di scoprire la persona dietro alle foto, e poi di confrontarsi e capire i pensieri e le reazioni di ognuna. In frigo ci sono le quesadilla preparate dalla mamma in partenza, la spremuta fresca, del guacamole, e un’insalatona con una inarrivabile etichetta TBS (ovviamente The Blonde Salad, nda). Fuori dal frigo, magneti di viaggi in Islanda, a Marrakech, a Fuerteventura. So che la loro scuola organizza il ballo di fine anno come le high schoool americane, e in quell’occasione queste ragazze studiose hanno sfoderato tacchi 12, pochette di lustrini e abito lungo. Sono ragazze che hanno fatto l’alternanza scuola-lavoro andando a salvare i cavallucci marini nell’Oceano Atlantico, per intenderci, ragazze che ospitano a casa compagne parigine, con cui le incontri al mattino a colazione in pasticceria. Osservo cover dei cellulari rosa, pelose o brillantinate, e in cucina spicca un calendario dell’avvento contenente prodotti di bellezza di marca. In ogni caso, dichiarano di seguire la Ferragni non tanto per avere consigli di stile, ma perché adorano vedere le storie dei suoi viaggi, dei behind the scenes dei photoshoot e della sua vita privata con Fedez, soprattutto di Leo.

“Oggi dal film spero di scoprire qualcosa in più della vera Chiara,” dichiara V. Noi che ne abbiamo letto in lungo e in largo, sappiamo già che il film si limita ad amplificare l’immagine perfetta del personaggio, la cui peggior discesa negli inferi è la delusione per il voltafaccia dell’ex-fidanzato ex-manager, ed un po’ di singhiozzante preoccupazione nell’ultimo mese di gravidanza: maglioncino rosato e trucco perfetto, il pianto controllato e scenico non la umanizza di certo, o per lo meno non scende in quelle pieghe oscure che noi tutti speravamo si celassero dietro i selfie e in questa biografia, che invece è solo una versione lunga di un suo post.

Questo quadro in tinte pastello, tuttavia, se lascia insoddisfatti noi ravanatori di traumi, è invece in linea con le aspettative di queste giovani seguaci, che vogliono abbeverarsi proprio alla fonte della spontaneità e della semplicità fatte successo. La vera Chiara che volevano trovare, un venerdì sera in un loft milanese a quattro chilometri in linea d’aria da City Life, dove Ferragni spinge il passeggino luccicando nella nebbia, è quella senza alcuna profondità da scavare, con niente di disturbante da portare alla luce. Comune, come la sua faccia, di una bellezza così già vista, che sembra la carina di tutte le classi del mondo messe assieme, quella che poi, di solito, fuori dalla fiaba, finisce per diventare la mamma bionda impiegata nella grande azienda locale, che posta le foto della figlia avuta col compagno di banco.

Nonostante la fama, mi spiegano animatamente le ragazze parlando per categorie abusate, penso sia una delle poche influencer che sono rimaste “coi piedi per terra” e hanno continuato “a essere se stesse”; educata e rispettosa dei follower, non si è mai “montata la testa”. “Una ragazza umile, come appare dalle storie e dai post di Instagram, che lavora molto per ottenere i suoi risultati”. È questo che le ragazzine cercano: qualcuno proprio come loro, che non hanno avuto il coraggio di rimandare lo studio della fisica nonostante l’assenza dei genitori, ma che sperano disperatamente di essere qualcuno, in un mondo dove il patriarcato ha lasciato il posto al racconto del sé, e l’individuo è caduto in preda a uno sconfinato desiderio di ammirazione.

Tra sfilate, interviste e stralci del matrimonio Ferragnez, sono i filmini di famiglia la parte rivelatrice del film. La madre di Ferragni, più antesignana della figlia, si portava sempre in spalla la telecamera e filmava le figlie ovunque: primi passi, viaggi, passeggiate, interviste sul divano. Durante una di queste scene della bambina Ferragni che si pavoneggia in macchina, la madre della protagonista, a distanza di anni, dichiara candidamente: la piccola Chiara non sentiva assolutamente il bisogno di piacere!

E ancora: “Chiara era sempre andata bene a scuola e negli sport, ma senza eccellere. Invece lei cercava disperatamente il suo talento, non di diventare famosa, ma il modo di lasciare il segno nel mondo”. Qui, il mio pubblico freme: ragazze di liceo del centro che si sentono bravine ma non eccezionali, e con addosso la pressione di un mondo immateriale che bussa continuamente ai loro smartphone, pretendendo che siano all’altezza e che non cadano mai nel cono d’ombra. “Penso che Chiara Ferragni sia una donna forte”, confessa M. ammirata, “perché da quando è diventata madre, non deve essere facile essere costantemente criticata, e neanche essere sempre al centro dell’attenzione, dovendo apparire perfetta.”

Sempre a commento di vecchi filmini, in cui la piccola Chiara qualunque mostra borsette alla telecamera, il padre racconta che la figlia, da adolescente, aveva voluto la fotocamera digitale coi punti dell’Esselunga – dell’Esselunga, come tutti noi umani –, e poi, durante un viaggio di sei ore in auto, non aveva fatto altro che farsi fotografie. Il padre aveva sentenziato: con questa roba, non andrai da nessuna parte!

Le scene di vita qualunque sono intervallate da interviste a direttori di giornali, stilisti, professori di new media, scrittori. Non raccontano nulla che queste ragazzine non sappiano già: il matrimonio Ferragnez creò più seguaci del royal wedding, a somma dimostrazione di come la democrazia dei social media sia arrivata oggi a sfidare l’establishment. E ancora: i social sono una risposta tecnologica al bisogno umano di essere visti, coccolati e amati. Le cose, messe in questa prospettiva – e non in quella che vede la nostra esposizione social come la prima causa delle malattie mentali moderne – danno vita a un pensiero vertiginoso ed esaltante, il seme dell’idea che, tra qui e Tre Torri, tra loro e Kate Middleton, la distanza non sia affatto così incolmabile.

Adesso, la mamma di Chiara duenne le infila degli occhiali da sole e la chiama “la mia piccola diva”. Un attimo dopo, le ragazze annuiscono all’affermazione di Diane Von Fürstenberg secondo cui il solo modo di una donna per farsi strada nel mondo della moda è comportarsi come un uomo. E infine, gridolini di meraviglia per una canotta dei Lakers con gli strass. Solo io rimango stregata dall’intuizione di Chiara Barzini: Ferragni, attraverso i social-network, ha reinventato lo story-telling, depurandolo dal conflitto che ne era sempre stato il cuore.

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