La notte di Capodanno, finiti gli stappi di champagne i fuochi i baci, lungo la Senna mi viene incontro una signora impellicciata. La metto a fuoco. «Signora, posso farle gli auguri?». Claudia Cardinale mi guarda, ride: «M’ha riconosciuta?». L’ho riconosciuta, sì. Come avrei potuto non. «Auguri anche a lei». Se ne va verso l’Île Saint-Louis. Scompare com’era apparsa, in quel posto liminale tra la realtà e il sogno.
M’è rimasto impresso, quel «M’ha riconosciuta?». Il “lei” accordato agli estranei, ma che ribalta quel «Lei non sa chi sono io»: «Lei davvero sa chi sono io?», anzi, con tutto lo spavaldo stupore di essere, all’improvviso, qualcuno, non solo una signora che passeggia in una notte di festa.
Claudia Cardinale era qualcuno, era tutte le donne, era tutti i sogni. Era l’Africa e l’Italia, e la Francia, e tutto un mondo reinventato su direttrici che prima di lei non esistevano. Era il cinema. La bellezza. Il desiderio. Era il sorriso e la nostalgia. Era la bella confusione (cit.) che scompigliava le regole come le si scompigliavano i capelli. Sparigliava tutto.
Da dove si comincia, non si può scegliere. O forse sì. Pesco sempre, anzi lo pesca la mente. Il primo che salta alla memoria, a parte quelli obbligatori. I delfini di Citto Maselli. Piccolo e dimenticato. Claudia Cardinale è una figlia del popolo che guarda i ragazzi del titolo, rampolli borghesi che vitelloneggiano nella provincia del Boom.
Cardinale è il Boom, e forse per questo le credi sempre. È sempre qualcosa che prima non c’era. Plebea e regina, ladra e santa, sguaiata e misteriosa. Tutto può. La riconosci. Riconosci il sorriso, la spudoratezza, la modernità. È quella che entra in una stanza e tutti si fermano a guardarla, come diceva il mite Jean Rochefort al ganzo Johnny Hallyday in quel film di Leconte. Sognava di essere come lui. A Claudia Cardinale succede, ogni volta. Piomba in una sala da ballo siciliana o su un tram milanese, e tutti si fermano. Principi, immigrati, tutti quanti.
Un altro flash, molto tempo dopo. Il magnifico cornuto. Noto ma tuttora un po’ messo da parte. Antonio Pietrangeli, il regista che amava le donne, lei però non ha amato lui: «Ricordi poco gradevoli». Elegante anche nel derubricare maestri, capolavori, Tognazzi scatenati.
Claudia Cardinale è gli occhi e la bocca. Mentre gli altri la riconoscono, lei osserva e basta. Osserva cambiare la commedia, il dramma, il cinema tutto. Monicelli, Visconti, Fellini. Nessun’altra con questo tris. Non cito tutti i film perché li sapete, li sappiamo. Andava avanti e indietro da un set all’altro, racconta Francesco Piccolo, come una testimone inconsapevole delle storie che hanno cambiato tutto, dunque della Storia.
Ecco, ora mi viene in mente pure La viaccia. Mauro Bolognini, un altro che l’ha capita intimamente, o è quello che arriva a me. Raggelava pure il suo bel Marcello, in quell’altro film bellissimo, su quell’altro bellissimo. Era troppo pure per lui.
Vado a controllare. È successo davvero. Nello stesso anno: 8½, Il Gattopardo, La Pantera Rosa, La ragazza di Bube. Nessun’altra con questo poker. Chiudiamo tutte le piattaforme, torniamo al cinema nel 1963. E poi nel 1968, solo per rivedere l’inizio di C’era una volta il West. Claudia Cardinale è anche lì, a veder cambiare il cinema – dunque il mondo – ancora una volta.
Claudia Cardinale la riconosci sempre e lei sempre scappa, va a scrivere un’altra Storia. Zampa e Ferreri. Zurlini (il migliore) e Comencini. E Mark Robson (quant’è sottovalutato oggi!) con l’altro bellissimo ancora, il suo specchio di accortezza e di mistero, il suo Alain. E poi ti distrai un attimo e ti ricordi che era pure in Fitzcarraldo! Come si fa, su. È prendersi gioco di noi, delle nostre debolezze non solo cinefile.
Tutto e il contrario di tutto. Diva e profana, consapevole e indifferente (come quell’altro libro, quell’altro film, quell’altro sguardo che solo lei poteva mettere su Moravia), sfuggente e generosa. Anche troppo, negli ultimi anni. Troppi film che nessuno ricorda. Come a depistarci, a non farsi riconoscere più. A scompaginare tutto ancora.
Sì, sono la ragazza con le piume nere che, nella notte di Fellini, dice a Marcello che «non sa voler bene». O forse non sono nessuna. E invece Claudia non ci freghi, non ci confondi. Non adesso, non più. Ti abbiamo riconosciuta e ora ti lasciamo andare, lungo la Senna o dove vuoi tu.
