C’era una volta Tarantino (e il cinema) | Rolling Stone Italia
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C’era una volta Tarantino (e il cinema)

Per i sessant'anni (che compie oggi), il regista cult si è (e ci ha) regalato un libro, 'Cinema Speculation', che è un po’ filmografia nella vita e un po’ storia del cinema che piace a Q, secondo Q, con il piglio di Q. Un appello: Quentin, facci un film. Fosse anche (davvero) l'ultimo

Quentin Tarantino a Cannes

Foto: Vittorio Zunino Celotto/Getty Images

Tower Theatre, Broadway Boulevard, 1972. Quentin Tarantino ha nove anni e il nuovo compagno della madre, un giocatore di football professionista di nome Reggie, lo porta downtown a vedere “Pistola nera” spara senza pietà davanti a una platea di circa ottocentocinquanta neri in fibrillazione, #tuttimaschi. E il piccolo Quentin (lo so che sembra un paradosso, ma pure Q è stato un bimbetto, anche se dai gusti cinematografici “sofisticati”, cit.) non sarebbe mai più stato lo stesso. Me la vedo questa stranissima coppia, con i piedi sulla fila di poltrone rosse davanti à la Sharon Tate/Margot Robbie, che se la ridacchia con dieci dollari di schifezze da sgranocchiare. Sullo schermo, minacciato da alcuni scagnozzi bianchi, c’è Jim Brown: è seduto a una scrivania, improvvisamente schiaccia un bottone sul pavimento e gli cade in mano un fucile a canne mozze. Segue reazione epica del pubblico all black :“Da allora, in un modo o nell’altro, ho passato la mia vita di spettatore e di regista cercando di ricreare l’esperienza di vedere l’ultimo film con Jim Brown un sabato sera del 1972 in un cinema frequentato solo da neri”, scrive Quentin. Tarantino e la blaxploitation: reperto uno di Essere Tarantino, o Tarantination, o qualunque titolo si voglia dare a questo nuovo film. Che s’ha da fare, Quentin.

Senza nulla togliere al bellissimo The Fabelmans di Steven Spielberg, in questa official competition (meta-commedia nerissima che peraltro potrebbe essere tranquillamente directed by Quentin) a chi scrive romanzi di formazione cinematografica più sentiti, è l’autobiografia di Tarantino quella che avrei sempre voluto vedere sullo schermo. E ancora di più adesso che Quentin ha scritto Cinema Speculation (dal 21 marzo in libreria con La nave di Teseo, verrà presentato dal regista tra Milano e Brescia i prossimi 6 e 7 aprile), che è un po’ filmografia NELLA vita e un po’ storia del cinema (che piace a Tarantino), secondo Tarantino. Azzardiamo: il Morandini, Farinotti, Mereghetti (choose your fighter) dell’esistenza di Q, raccontato da Q, con il piglio di Q.

C’è pure una madre che, sulla carta (e su modello della Mrs. Spielberg di Michelle Williams), potrebbe già assicurare la nomination all’Oscar a chi la interpreterà (suggeriamo una Sabrina Impacciatore, nuovo colpo di fulmine dell’industry USA: ci sentite?). Connie McHugh, infermiera che aveva dato alla luce il nostro poco più che sedicenne (e con la quale Quentin non ha un buon rapporto, magari un film potrebbe essere pure liberatorio), non si faceva problemi a permettere al figlio di vedere tutte, ma proprio tutte le uscite, spesso insieme agli uomini che frequentava: Il braccio violento della legge, Il padrino, Il mucchio selvaggio o Un tranquillo weekend di paura (c’è un intero capitolo che descrive l’experience). Pare già una sceneggiatura:

Quentin: “Mamma, ma perché a me è permesso guardare film che vengono vietati ai miei coetanei?”
Connie: “Quentin, mi preoccupa di più se vedi i telegiornali. Un film non può farti male”.

Un paio di esempi: il cadavere nudo della ragazza uccisa che viene estratto dalla buca in Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo!; James Caan ridotto a un colabrodo nella cabina telefonica o Moe Greene ucciso con un colpo di pistola nell’occhio nel Padrino. Quentin poteva spararsi qualunque cosa, TRANNE L’esorcista, Il mostro è in tavola… barone Frankenstein e Melinda, che descrive così: “Una specie di versione nera di Vertigine di Preminger, con un mucchio di kung-fu alla fine”.

Quentin: “Perché no?”
Connie: “Be’, Quentin, è un film molto violento. Non che per me sia per forza un problema, ma non capiresti la storia. E non capendo la storia, guarderesti la violenza solo per il gusto della violenza. E non voglio che succeda”.

Ehm, reperto numero due. (Appendice: c’era qualche film in grado di sconvolgere il piccolo Quentin? Sì, Bambi. Sipario.)

E arriviamo al terzo punto, sempre starring la signora Connie nelle vesti di non protagonista. Quando Quentin adolescente inizia a combinare guai, la madre affitta all’ex compagno della sua migliore amica, tale Floyd Ray Wilson, una stanza a casa loro. “Era come mettersi in casa Ordell Robbie (il personaggio che interpreta Samuel L. Jackson in Jackie Brown) e chiedergli di badare per un anno a tuo figlio sedicenne”, racconta Tarantino. Questo tizio faceva il turno di notte all’ufficio postale – “un buon lavoro per le persone dall’animo vagabondo, come sa chiunque abbia letto Post Office di Charles Bukowski” – ma soprattutto voleva fare lo sceneggiatore e aveva scritto un paio di copioni. Uno si chiamava The Mysterious Mr. Black, revenge movie horror su un ex schiavo che voleva punire i discendenti dei padroni bianchi che cent’anni prima lo avevano usato per degli esperimenti. Ma il primo in assoluto che lesse era una saga western, titolo Billy Spencer, dove Floyd aveva mixato tutte le scene dei suoi preferiti del genere, adattandole a una storia di cui era protagonista un cowboy nero supercool. Eccoci qua.

Cinema Speculation è la chiacchierata infinita in cui qualunque patito di Tarantino vorrebbe immergersi con lui, salvo poi rendersi conto che a volte fai fatica a stargli dietro, ti manca l’ossigeno, ma ormai sei sott’acqua. E poi alla fine quell’intorpidimento comunque ti piace. È come vedersi cinque o sei film di fila in una giornata ai festival, per chi sa di cosa parlo.

Ci sono dettagliatissime analisi di alcuni titoli: vedi Bullitt, “dove a contare sono l’azione, l’atmosfera, San Francisco, la fotografia in esterni, la partitura jazzy di Lalo Schifrin e Steve McQueen – dal taglio di capelli ai vestiti”, o l’apoteosi di registi, nello specifico Don Siegel, che per Tarantino era un regista d’azione come pochi, ma in quelle convezioni in realtà cercava instancabilmente una cosa sola: la violenza. Ci sono conversazioni che sfiorano il gossip radical chic con sceneggiatori come Walter Hill e veri e propri saggi comparativi che starebbero benissimo in un manuale di cinema sulla New Hollywood degli anni Settanta, come il contrasto tra gli autori antisistema (aka i rottamatori come Dennis Hopper, Peter Fonda, Robert Altman, Arthur Penn, Sam Peckinpah, William Friedkin, John Cassavetes, ecc.) e i Movie Brats, i ragazzacci del cinema (Francis Ford Coppola, Peter Bogdanovich, Brian De Palma, Martin Scorsese, George Lucas, John Milius, Steven Spielberg e Paul Schrader). Ci sono anche dichiarazioni su cui magari non sei d’accordo, tipo che Non aprite quella porta sia “uno dei pochi film perfetti mai stati realizzati”, o che Taverna Paradiso sia “il più grande debutto alla regia dai tempi di Orson Welles”, oppure che Brian De Palma debba più a Polanski che a Hitchcock. Però anche quando per qualcuno potrebbe risultare controverso, nelle sue argomentazioni Quentin in qualche modo riesce sempre a essere intelligente. E a divertire (ma dai).

Tarantino parlava di scrivere un libro così da prima di pubblicare la versione romanzo di C’era una volta a… Hollywood (se non l’avete già letto, recuperatelo; sì, pure se avete visto il film) e ha deciso di regalarselo (e di regalarcelo) per i suoi sessant’anni, che festeggia oggi: come con Pulp Fiction aveva cambiato il modo di raccontare storie al cinema, con Cinema Speculation si inventa un nuovo genere che sta tra il memoir, l’intervista, il saggio, la dissertazione anche un po’ “a cazzo di cane” (cit.) il “forse non tutti sanno che”, l’opinione a volte non richiesta ma sempre appassionatissima. E che cos’è la critica cinematografia senza quella passione? Un esercizio intellettuale un po’ sterile. (Deliziosamente inaspettata anche la dichiarazione di stima a Kevin Thomas, critico “in seconda” del Los Angeles Times.)

A proposito: sembra che il famigerato decimo (e ultimo) film si chiamerà The Movie Critic e, secondo alcune fonti, riguarderebbe Pauline Kael, celeberrima e affilata critica del The New Yorker tra gli anni ’70 e i ’90, con la quale spesso e volentieri nelle sue dissertazioni Quentin è in disaccordo, come nel caso di Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo!: per lei aveva “una posizione morale fascista” (e per Tarantino quella frase è al limite dell’autoparodia). Ma come “l’ultimo film”? Non si danno pace i fan: e il terzo Kill Bill? La risposta sta in tutto quello che Quentin ha fatto negli ultimi anni: C’era una volta a… Hollywood, lungometraggio e romanzo, la partecipazione al documentario Django & Django, dove fa una vera e propria lectio magistralis su Sergio Corbucci, The Video Archives Podcast, in cui, insieme a Roger Avary, discute della collezione della loro vecchia videoteca, che Tarantino ha acquistato quando ha chiuso il negozio. E poi Cinema Speculation.

Tarantino regista, Tarantino sceneggiatore, Tarantino esercente, Tarantino produttore, Tarantino critico, Tarantino storico del cinema (sì, però SOLO di quello che piace a lui). Tarantino in fondo è sempre stato e sempre sarà un fanatico del cinema e un Autore. E all’oggetto della sua adorazione vuole dare la forma che preferisce. Certo, il brividino di vedere quel “diretto da Quentin Tarantino” in sala mancherà. Ma se il suo Amarcord dev’essere questo libro, ce lo faremo andare bene. Intanto grazie a Reggie, a Floyd, e pure a Connie.

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