'Piggy': la recensione dell'horror di Carlota Pereda | Rolling Stone Italia
V per vendetta

Bulli, siete avvisati: arriva Piggy, l’eroina dell’horror più sorprendente dell’estate

L’esordio della spagnola Carlota Pereda è la storia (piena di sangue) di una ragazza sovrappeso che cerca vendetta. Capace di trasformare un immaginario grottesco già visto in qualcosa di ancora più attuale e crudele

Bulli, siete avvisati: arriva Piggy, l’eroina dell’horror più sorprendente dell’estate

Laura Galán è Piggy, protagonista del film omonimo di Carlota Pereda

Foto: I Wonder Pictures

L’opera prima di Carlota Pereda, Piggy (nelle sale dal 20 luglio), prende il classico revenge horror e gli dà un twist tutto suo. Non è così semplice come sembra, questa storia di una ragazza emarginata che si prende la sua rivincita sulle sue nemiche lungo una strada fatta di sangue e sbudellamenti – anche se, in questo caso, non riesci a biasimarla del tutto per tutto ciò. Il bullismo è il tema chiave di Piggy. La nostra eroina, Sara (Laura Galán), è una ragazza sovrappeso, e per questo diventa bersaglio degli insulti degli altri. “Piggy” è il soprannome che le hanno dato nella vita e online le ragazze più carine di lei, che la fotografano di nascosto mentre lavora nella macelleria dei genitori, circondata dai pezzi di carne cruda che poi finiranno sulle tavole delle famiglie del paese, per poi postare quelle immagini su Instagram. Tutti hanno qualcosa da dire sul peso di Sara. La sua stessa madre, Asun (Carmen Machi), è divisa in due: aggressiva quando parla del peso di sua figlia direttamente con lei, ma protettiva quando a criticare la sua mole sono gli altri. Sara, intanto, farfuglia cose e arranca lungo la sua strada come tutti quelli che sono vittime di bullismo, e quando è troppo stressata si rifugia nel cibo spazzatura.

Dopo essere stata stuzzicata dai continui bisbigli di chi le passa accanto, un episodio che avviene nella piscina locale scatena l’azione del film. Le solite “mean girls” tentano quasi di affogare Sara, e poi avviene l’incontro tra le stesse ragazze, Sara e quello che viene ribattezzato “el desconocido” (“lo sconosciuto, interpretato da Richard Holmes), che si risolve con due morti, tre ragazze scomparse e Sara come unica testimone. Per Sara sarà impossibile non vivere questo evento come un punto di svolta. Una volta che si ritrova a camminare verso casa in costume da bagno perché le compagne hanno nascosto i suoi vestiti, l’unico che le offrirà un asciugamano per coprirsi sarà proprio quell’uomo misterioso, con cui in piscina si era scambiata un’occhiata. Chi se ne importa delle impronte di sangue sul sedile posteriore del suo furgone, o il fatto che l’asciugamano appartiene a una delle ragazze che bullizzavano Sara: è la prima volta che qualcuno mostra un po’ di gentilezza nei suoi confronti.

Piggy è il tipo di film che ha per protagonista un’antieroina così disperata da accettare l’affetto di un serial killer: è un patto segreto stipulato da due figure lasciate ai margini dalla società. Ma non siamo mai disgustati da tutto questo, né dalla stessa Sara. Perché Pereda prende un immaginario grottesco già noto e lo trasforma in qualcosa di ancora più caustico, senza appoggiare il suo personaggio principale in tutto quello che fa, ma osservandolo con uno sguardo che ci mostra la crudeltà per quello che è. Finiamo per essere sedotti da Sara, ci sintonizziamo con lei e le situazioni tragicomiche che riguardano la sua famiglia e la sua comunità, e ci chiediamo se sia stata complice di quello che è successo. Tutti vogliamo saperlo. È evidente che Sara sa qualcosa. Quando la madre le mette di fronte un’insalata, la ragazza vede sul davanzale una delle sue merendine preferite. Chi l’ha messa lì? L’uomo misterioso, ovviamente. Il che ci porta a indagare sulle ragioni di questa connessione così profonda tra i due. Lui è ossessionato da lei? Sta cercando di ingrassarla ancora di più, come la strega di Hansel e Gretel? O è la pura e semplice manipolazione dell’unica testimone dei fatti?

La disperazione può rendere chiunque gentile. È una delle cose che ci lascia Piggy. L’altra è il fatto che Laura Galán è un’attrice da tenere d’occhio, capace di passare continuamente dall’ironia alla tristezza, dalla vergogna alla spudoratezza. I momenti più felici di Sara sono quando è a casa e può girare in mutande, abbastanza a suo agio da sorbirsi anche le critiche della madre (madre che è sovrappeso a sua volta). Anche se l’ultimo atto del film è un po’ “indeciso”, tanto da rischiare di far implodere la storia su sé stessa, la sua protagonista incarna perfettamente l’orrore di quello che vediamo sullo schermo. E così fa il desconocido di Holmes: anche se non capiamo perfettamente la psicologia del suo personaggio, mantiene per tutto il film quel fascino e quel mistero che danno alla storia un senso di pericolo costante. La sua presenza rende chiaro quanto Piggy sia un film sul desiderio: il desiderio di Sara, innanzitutto. E il desiderio è un’arma a doppio taglio. Quell’uomo sconosciuto lo sa benissimo. Ma, alla fine, lo comprenderà anche Sara.

Da Rolling Stone US

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