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‘Birds of Prey’: l’Harley Quinn di Margot Robbie spacca, ma è tutto meno cool di quanto sembri

Se non fosse per Margot, probabilmente non ci sarebbe molto di fantasmagorico nello spin-off sulla principessa punk del crimine

Foto: Claudette Barius / © DC Comics/ © 2020 Warner Bros. Entertainment

Harley Quinn è la compagna di sbronze che tutti vorremmo, quella che si lascia con il fidanzato (non ci è dato sapere né il come né il perché) e decide romcabolescamente di dimenticarlo con una serata alcolica. Peccato però che il fidanzato sia il Joker (non quello doloroso ed empatico di Joaquin Phoenix, ma il clown psicotico e dimenticabile di Jared Leto, che infatti non è pervenuto). Come va a finire? Che Harley non si limita a dare fuoco alla scatola dei ricordi dell’ex, ma lancia addirittura un camion in corsa contro la fabbrica di rifiuti tossici che li ha resi entrambi quello che sono. E fa saltare tutto in aria.

Harley Quinn è l’amica fortunella con il metabolismo turbo, che magna il sandwich all’uovo più unto di tutta Gotham e sui pattini pare comunque una libellula. Roba che, per gustarsene un quarto, la gente normale su quei pattini ci deve fare la Mille Miglia.

Harley Queen è l’antieroina neo-punk da cui ci vorremmo mascherare per Carnevale, e per Halloween, e pure per andare al lavoro, se solo ci potessimo portare dietro anche il suo martello gigante spacca tutto. Sì, Harley Queen era l’unica cosa da salvare del disastroso Suicide Squad. E ora che ha finalmente tutti i riflettori puntati su di sé, la principessa del crimine si è data alla gioia più pazza.



Birds of Prey è un party psichedelico, la bomba di energia caotica che il film su Harley Quinn avrebbe dovuto essere. Il problema è che, nonostante il ritmo sostenuto soprattutto a suon di risse, sembra non finire mai. Intendiamoci: le coreografie action (dirette da una donna, Cathy Yen) sono estremamente meticolose, vedi in particolare il mucchio selvaggio dentro al luna park e la scazzottata su pattini. Già, perché Harley riesce a fare il culo agli scagnozzi del cattivo di turno mentre va sulle rotelle all’indietro. Volata un po’ facilona al mito della donna wonder woman e multitasking? Ovvio, qui la parola d’ordine è emancipazione: Harley ora balla da sola. Ma pure queste tante, troppe sequenze sembrano farlo, quasi fossero gag, costosissime e coloratissime Instagram stories girate in studio. E, in questo, non aiuta nemmeno la frammentazione della sceneggiatura stile Pulp Fiction, perché o scrivi i dialoghi come Tarantino, altrimenti meglio lasciar perdere.

L’altra questione è che l’azione non va mai oltre il casino fine a se stesso, mai al cuore dei personaggi. Eppure i presupposti parevano esserci tutti, a partire dalla sorellanza di misfits ben assortita. C’è Renee Montoya (Rosie Perez), la poliziotta stanca di farsi scavalcare dai colleghi maschi, Huntress (Mary Elizabeth Winstead), l’ex rampolla della famiglia mafiosa che cerca vendetta contro chi ha sterminato i suoi, Black Canary (Jurnee Smollett-Bell), l’usignolo del night club che sembra uscita da Street Fighter, e Cassandra Cain (Ella Jay Basco) la teenager orfana e manolesta che ruba un diamante al boss fissato con il botox, il Black Mask di un Ewan McGregor un po’ fuori parte. Il manifesto di empowerment si perde un po’ nelle pur godibilissime dinamiche del cinecomic e nella violenza eccessiva e satirica alla Deadpool.

In fine dei conti se Birds of Prey funziona è grazie al talento, alla grazia e al carisma della splendida Margot Robbie (anche produttrice), che – diciamolo – non aveva bisogno di questo spin off per la sua consacrazione, già peraltro passata dai battesimi di lusso con Marty Scorsese e Quentin. L’attrice australiana rende alla perfezione tutti i livelli della Harley folle e amorale sì, ma pure le sfumature più tenere di una ragazza che cerca di cavarsela da sola, ora che ha perso la protezione (peraltro tossica) di Joker. Probabilmente non ci sarebbe niente di fantasmagorico nel film se non fosse per Margot. Perché dopo un’ora e 49 minuti ci si chiede se Harley Queen, proprio come quella compagna di sbronze, quell’amica che magna e non ingrassa, quella maschera neo-punk, sia divertente sì, ma meglio se presa a piccole dosi.

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