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‘Eva contro Eva’ non muore mai: i più epici scontri al femminile al cinema e in tv

70 anni fa esatti usciva uno dei più grandi film di sempre. E anche l’archetipo di tutti i successivi ‘catfight’ sullo schermo. Ecco i più cult

Foto: Hulton Archive/Getty Images

«Prendete il salvagente: stasera c’è aria di burrasca». Così parlò Margo Channing in Eva contro Eva, il capolavoro di Joseph L. Mankiewicz uscito oggi 70 anni fa esatti. Margo Channing è Bette Davis, ed è anche uno dei personaggi più indimenticabili di sempre in uno dei film più indimenticabili di sempre, quintessenza di tutte le “nemiche amiche” (ma più nemiche) del grande e piccolo schermo. La diva di Broadway Margo si vede fregare carriera e amore sotto il naso da parte della giovane wannabe-star Eve Harrington (Anne Baxter). Ne esce lo scontro al femminile più epico della storia di cinema e tv. E solo il primo di lunga serie…

Beverly Hills 90210 di Darren Star (1990-2000)

All’origine della rivalità mora vs bionda nella serialità ci sono Kelly e Brenda: who else? Perché la contrapposizione si doveva vedere anche dalla chioma, oltre che dal background: la prima figlia della Beverly Hills ricca ma disfunzionale, la seconda appena trasferita dal Minnesota con bella famigliola unita al seguito. Peccato che la Città degli Angeli cambierà tutto. E, come nei migliori feud, lo scontro diventerà incandescente a causa di un ragazzo, anzi del “ragazzo anni ’90” per eccellenza: il tenebroso Dylan (il compiantissimo Luke Perry). Ma d’altra parte, bionda o mora, chi non si sarebbe accapigliata per lui? (Sorry, Brandon.)

La morte ti fa bella di Robert Zemeckis (1992)

Uno dei successivi Eva contro Eva più Eva contro Eva di tutti. Anche qua c’è un’aspirante attrice un po’ cagna (interpretata da the queen Meryl Streep: chapeau) e la sua amica scrittrice aspirante autrice di bestseller (Goldie Hwan). In mezzo, il chirurgo plastico (e mammalucco) fidanzato con la seconda (Bruce Willis): segue inevitabile triangolo. Tutt’attorno, le invenzioni visive di Robert Zemeckis, che fa di questo monumentale catfight un pastiche quasi horror.  All’epoca incompreso, oggi cultissimo.

Nemiche amiche di Chris Columbus (1998)

Titolo originale: Stepmom, “matrigna”. Nell’accezione più cenerentolesca del termine. Solo che qua la cattiva è la madre biologica: vale a dire una Susan Sarandon gelosissima di Julia Roberts, alias la nuova compagna dell’ex marito Ed Harris e “mamma bis” dei pargoletti (tra cui Jena Malone, che pare Anastasia e Genoveffa messe insieme). Ma arriva il cancro a raffreddare (forse) lo scontro. Duello tra attrici pieno di dolcetti, ma non privo di scherzetti. Prima del finalone strappalacrime, che – per fortuna o purtroppo – appiana tutto.

Quel mostro di suocera di Robert Luketic (2005)

J.Lo che tiene testa a “Calamity Jane”? Incredibile ma vero. Lopez e Fonda sono, rispettivamente, la futura moglie del solito belloccio biondo (Michael Vartan: qualcuno ha già chiamato Chi l’ha visto?) e la sua terribile suocera. Che le fa dispetti di ogni tipo, fino al tiro più mancino: la mamma dello sposo vestita di bianco come la sposa, roba da far venire un infarto a Enzo Miccio. Humour rosa-nero per un divertimento del tutto fine a sé stesso: tanto che anche qui l’happy ending finale (tra suocera e nuora) suona fin troppo buonista.

Diario di uno scandalo di Richard Eyre (2006)

Judi Dench contro Cate Blanchett: c’è da prendere i popcorn e mettersi comodi in poltrona anche solo a leggere i due nomi sulla locandina (e la trama che le vede protagoniste). Poi viene il film: uno scontro tra titane (indeed) dalla prima all’ultima sequenza. Cate è la prof con la vita apparentemente perfetta che s’invaghisce di un minorenne, Judi un’anziana insegnante in pensione che invece s’invaghisce… di Cate. E, non ricambiata, quindi la sputtana. Finisce a pesci in faccia (o quasi) in mezzo alla strada, come due vaiasse (però tra le casette inglesi). Clamoroso, clamorose.

Il diavolo veste Prada di David Frankel (2006)

All’inizio, altro che feud: Miranda Priestly impera e Andy Sachs “silenzio, portare il caffè e ritirare la roba in lavanderia”. In una parola: fa lo stage. E vale per tutti i tirocini del mondo, soprattutto se il tuo capo è la versione cinematografica di Anna Wintour. E se la interpreta sua maestà Meryl Streep, che ti lancia con nonchalance il cappotto addosso mentre sei seduto alla scrivania. Ma il makeover a cui Stanley Tucci sottopone la protagonista Anne Hathaway è anche mentale: e allora Andy in quel mondo inizia pure a cavarsela. Fino all’inevitabile scontro. Sempre immancabilmente stilosissimo.

Il cigno nero – Black Swan di Darren Aronofsky (2010)

L’ambiente più competitivo di tutti? Il balletto, che domande. Di tutto si fa, per diventare étoile. Stavolta la polarizzazione non è bionda/bruna, ma bianco/nero: intesi come cigni. La smaniosa prima ballerina Natalie Portman (vinse l’Oscar) incontra la sua anima oscura (e con il tutù in tinta): ma forse Mila Kunis è solo la proiezione di sé stessa. Anche Darren Aronofsky la butta sull’orrore (e anche un po’ in lesbo-caciara), per ritrarre una delle guerre tra donne più memorabili degli ultimi anni. Ah, c’è anche la vecchia étoile Winona Ryder, fatta fuori e ancora nera (non inteso come cigno): più Eva contro Eva di così.

Feud: Bette and Joan di Ryan Murphy, Jaffe Cohen, Michael Zam (2017)

Altro giro, altra Bette Davis. E altra Susan Sarandon, che ne fa una versione forse imperfetta ma insieme più vera del vero. Il conflitto alla base è quello (verissimo) tra due primedonne della Golden Age hollywoodiana: Bette e Joan, cioè Joan Crawford (una altrettanto gigionissima Jessica Lange). Da eterne rivali, si ritroveranno insieme, in età matura, in un film in cui sono costrette a fare le “sorelle coltelle”: Che fine ha fatto Baby Jane? La serie firmata Ryan Murphy ripercorre quel set di culto, ma – come da “manifesto” dello showrunner – lancia un messaggio perfetto per i tempi di oggi: anche tra acerrime nemiche esiste la solidarietà al femminile. Sicuri sia successo davvero?

La favorita di Yorgos Lanthimos (2018)

Emma Stone vs Rachel Weisz. Alla corte punk di Yorgos Lanthimos (inquadrata con un grandangolo quasi claustrofobico) arriva Abigail, la baronessa Masham (Stone), che si insinua nel rapporto lesbo-ossessivo tra la regina Anna (Olivia Colman, che si è portata a casa pure un Oscar) e Sarah, duchessa di Marlborough (Weisz). Ma, più che il cuore di Sua Maestà (che è infantile, insicura, inadatta a regnare), il vero obiettivo delle due è il potere. Uno scontro selvaggio, senza esclusione di colpi, in un disfunzionalissimo triangolo politico-sessuale. Non finirà bene per nessuno.

Maria regina di Scozia di Josie Rourke (2018)

Cattolicesimo vs protestantesimo, Maria Stuarda vs Elisabetta I, Saoirse Ronan vs Margot Robbie (che si è imbruttita oltre l’imbruttibile, con naso finto e parruccone carota). Certo, la seconda è una figura più pop della prima, che rimane legata a un certo cinema d’autore. Resta il fatto che sono due delle migliori attrici su piazza e che il film senza di loro sarebbe un convenzionale period piece. La rilettura femminista poi sfuma anche le linee del feud sanguinario tra le parenti-serpenti: erano spiriti affini, donne di potere vittime di uomini che le volevano controllare. Che in qualche modo la Storia ha reso nemiche.

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