Dalle nostre parti è passata in sordina, ma questa è la Annabelle Summer. Niente popstar, ma una famosissima bambola posseduta, con una carriera filmica cominciata nel 2013 con The Conjuring e proseguita con film come Annabelle (2014), The Conjuring 2 (2016), Annabelle: Creation (2017), Annabelle Comes Home (2019) e The Conjuring 3: The Devil Made Me Do It (2021). Ok, la bambola non compare nei crediti dei film, e sulle scene ne vediamo una replica imbellettata, nello stile di un giocattolo di porcellana. La Annabelle della realtà, cioè quella che, fino a qualche tempo fa, era chiusa al sicuro nel museo dell’occulto composto dagli studiosi di paranormale e “cacciatori di demoni” Ed e Lorraine Warren, è un pupazzo di pezza piuttosto bruttino, con una massa disordinata di capelli rossi, calzettoni a righe, e tratti somatici che potrebbero essere stati disegnati su Paint. Pippi Calzelunghe presa su Wish.

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Un attimo: cosa-cosa? Non avete letto male: Annabelle è a piede libero, e i suoi effetti, dice qualcuno, si stanno facendo sentire. Dopo le morti dei Warren, avvenute nel 2006 per Ed e nel 2019 per Lorraine, i controlli sugli oggetti tenuti sotto chiave nel loro museo si sono fatti più labili. Senza eredi non tanto biologici, quanto spirituali, l’eredità dei Warren si è sedimentata nella cultura pop prima che nella demonologia. E qualcuno ha pensato bene di prelevare la bambola più nota di tutte per portarla on a date in giro per tutti gli Stati Uniti.
Se pare una brutta idea, è perché è proprio così. Per ora “ne avrebbe fatto le spese” Dan Rivera, guida turistica dell’occulto, organizzatore del grand tour di Annabelle. L’uomo ha incontrato la sua morte a metà luglio, in Pennsylvania, durante una delle tappe del giretto. Il decesso è avvenuto in circostanze misteriose, ancora non chiarite dall’autopsia. Sembra, però, che si trovasse da solo al momento della dipartita.
Non solo: altri racconti avrebbero tracciato delle correlazioni – che famosamente do not imply causation, ma comunque almeno il dubbio viene – con il passaggio di Annabelle in questo o quell’altro Stato ed eventi come incendi e rivolte in carcere. Altri hanno dato notizia della “fuga” di Annabelle dalla sua custodia, marchiata con una croce cristiana e con il tarocco marsigliese del diavolo, con racconti di forze dell’ordine apparentemente a caccia della fuggitiva.
@fuelneve WHAT DO YOU MEAN SHES MISSING ?!?! #annabelleescape #ghosts #spooky #supernatural #fyp #whoistoblame @Nathan Ball @Last Podcast on the Left ♬ original sound – Fuelneve
Allo stesso tempo, la pagina Facebook ufficiale dell’organizzazione del Devils on the Run Tour, dove Rivera fungeva da guida, ha pubblicato un post a maggio che fugava i sospetti circa una “Annabelle gone missing”, chiedendo a tutti di mantenere la calma per evitare di dare a Hollywood altre «idee orribili» circa storie da sviluppare.
Benvenuti nella Annabelle Summer, dove tutto è possibile. E dove, proprio a puntino, arriva il solito corteo di film del terrore a rinfrescarci i neuroni in sale di cinema climatizzate. È tradizione: chi non partecipa alla movida dei bagni sul litorale, non disdegna provocarsi qualche brivido, in quel mood vacanziero o comunque leggero che consiglia di vedersi il film “cazzatina”. Di solito non una grande storia, di solito non una grande recitazione, e certamente un prodotto di genere.
Che si sia d’accordo o meno con il sentimento collettivo di “presa poco sul serio” verso i film horror – io, per esempio, li valuto alla stregua dei classici – una cosa è obbligatorio concederla (e già ne parlavamo a inizio anno, in occasione dell’uscita di Nosferatu di Robert Eggers): l’horror, la paura, il brivido non sono mai passatempi. Chiaro, possono avere un aspetto ludico, anche poco serioso o decisamente satirico, pur con il filtro dello shock value. Soprattutto, però, l’horror è specchio e sublimazione. È riconoscere le nostre paure composte in modo diverso, così affrontarle e accettarle è lieve. Catarsi e verità.
Allora chiaramente gli horror dicono qualcosa di noi, e noi decidiamo, forse inconsciamente, i momenti giusti in cui legarci a questo o quel racconto. Durante la Annabelle Summer, non resta dunque che chiedersi: ma com’è che siamo ancora così legati alle possessioni e alle presenze demoniache, al loro fascino, e al loro racconto? Dato che, insieme ai mostri, proprio le possessioni, di solito legate all’ambiente dei Caraibi e del voodoo, con gli usurpatori bianchi vittima dei sortilegi dei nativi, sono state tre le prime “cose terrificanti” che il cinema ci ha mostrato (nella forma degli zombi, sic, corpi posseduti e “presa in giro” del morto risorto attraverso la magia nera).
Perché i cartelloni dei cinema parlano da soli: Bring Her Back – Torna da me dei fratelli Philippou, Presence di Steven Soderbergh, Weapons di Zach Cregger, che prende una svolta più occulta rispetto al suo precedente lavoro, Barbarian. E poi abbiamo visto o dobbiamo vedere The Woman in the Yard, So cosa hai fatto, mentre proprio The Conjuring – Il rito finale arriverà al cinema il 4 settembre. Insomma: le possessioni e i demoni vanno ancora fortissimo. E quando dobbiamo ricorrere a una presenza esterna per rappresentare qualcosa che abbiamo dentro e che ci schiaccia, e ci spaventa, non c’è rifugio migliore.
Il rischio però c’è, ed è quello di averle viste un po’ tutte, all’interno della formula. Di esaurire le variazioni sul tema ed essere lì, a vedere quel film, più per capire se riusciamo ad aggiornare l’algoritmo che non per abbandonarci alla visione. Spesso, la risposta che ci viene fornita è un ricamo di tante strategie, tanti tropi. Lo si vede, e fatto bene, proprio in Bring Her Back, dove una situazione ricamata con perizia (e tanta nerdaggine da parte dei bravi Philippou) si arrotola un po’ su se stessa; e finisce per non risolvere non tanto il dramma umano, miccia della possessione, ma il meccanismo demonico alla base dello stesso. Cioè (attenzione, micro-spoiler): ma perché nessuno ci dice nulla della maledetta cassetta che usa la matta di Bring Her Back per riportare da lei la figlia morta? Ci sono caratteri cirillici, è una cosa da deep web russo? C’entra la Guerra Fredda? Che rituali sono? Che demone è? Io lo voglio sapere, io lo devo sapere!
Non ci sono più le possessioni di una volta, quelle che creano un grande castello però spiegato benissimo. Prendi Rosemary’s Baby: quelli adorano Satana e vogliono creare un baby-diavolo. Perfetto, ci sto dentro, tutto ok. Mi basta sapere questo, la storia regge. Mannaggia, qui mi manca sempre da capire il meccanismo, il funzionamento, il primo mobile. Non sono soddisfatta se non dicono esattamente l’origine, quello che è successo, e pure precisamente.
Magari non è nemmeno così strano: si fa tanto parlare del cinema come “seduta dallo psicologo”, però di solito nel discorso sono presi prodotto come The Bear, Storia di una matrimonio, ecco, cose dove la gente urla piange si strappa i capelli e affronta in modo più o meno maturo le sfide della vita. Ma aspetta: non è proprio questo il punto del cinema horror? Non è forse questo voler trovare il bandolo della matassa, la spiegazione meccanica di tutto, proprio il rock bottom del perché si va in terapia? Dunque, la risoluzione dell’horror non avviene, o non in modo incompleto, se alla fine rimaniamo appesi. Se non sappiamo, se quel dannato Azazel non ci dice per filo e per segno la vita com’è, nei ranghi satanici da cui si è staccato, e perché ha preferito aggregarsi a un corpo umano, seminando panico e distruzione.
Viva le possessioni nella Annabelle Summer, dunque? Certo, via libera. Però ripetendo: “Annabelle è innocua e non può farti del male”, giusto per sicurezza. E soprattutto, purché ci dicano tutto e il contrario di tutto, ché se no qua si appassisce e basta. E se doveste avvistare una bambola bruttina con i capelli come lingue di fuoco, vi prego, chiamate un prete…













