Rolling Stone Italia

Dai dai dai che è tornato ‘Boris’!

Videocall (come direbbero “quelli delle piattaforme”) di caos creativo e cazzeggio intelligente con le due donne della serie ‘troppo italiana’ più amata: Carolina Crescentini e Caterina Guzzanti

Foto: Disney+


«Scusate, sono smarmellatissima: preferite sfondo cappa o sfondo frigorifero?», esordisce Caterina Guzzanti all’inizio della nostra chiamata a tre, o videocall come direbbero “quelli delle piattaforme”. Io dietro c’ho i disegnetti dei nipoti, concordiamo che l’unica seria qui è Carolina Crescentini, stagliata su una perfetta libreria: «Ma è un caso, giuro!». Chiacchieriamo per l’arrivo dell’attesissima, desideratissima, agognatissima quarta stagione di Boris, per cui da queste parti si pregava tutti da anni. E che – dai dai dai – è arrivata su Disney+. Nuovi episodi fiammanti che sì, sono davvero nel pieno spirito di caos creativo e cazzeggio intelligente (e rivelatore) di Boris, aggiornato però all’algoritmo, ai nuovi sistemi produttivi, agli asterischi. Potete immaginare, o forse no. Intanto con le donne di Boris, Carolina alias la celeberrima “cagna maledetta” Corinna e Caterina, la mitica assistente alla regia di Renè, proviamo a darvi un’idea.

Il vostro primo pensiero quando vi hanno detto che finalmente sareste tornati sul set.
Crescentini: Io fino all’ultimo non ci credevo che si facesse Boris 4 perché se n’è parlato tantissimo negli anni.
Guzzanti: Pure io ho sempre detto: “ Ma no, ma figurati”. Ricordo che due estatfai Alessandro (Tiberi, nda) in particolare mi chiama: “Guarda che si fa”. E io: “Ma no Ale, non si fa, ancora abbocchi… tutti gli anni così, e poi niente”.

E invece. Ma ci pensavate a come avreste ritrovato Arianna e Corinna?
Crescentini: Quando ho scoperto che Corinna si era sposata con Stanis era ovvio perché sono due schifosi (ride): è un rapporto commerciale, creato a tavolino con l’ufficio stampa per avere copertine ecc. Il fatto che ora siano entrambi produttori mi ha fatto pensare che lei credeva di diventare chissà chi e non c’è diventata. Fare la produttrice è un modo per poter interpretare dei ruoli, imporsi. Oltre al fatto che è diventata una cinematografara particolarmente coatta, in realtà lo è sempre stata, ma ora è uscito proprio tutto in libertà, forse perché non ha più l’idea dell’attrice che deve piacere, è a briglia sciolta. E infatti produce Vita di Gesù insieme a Stanis con un unico obiettivo: rientrare di un micidiale buco economico cresto dalla serie precedente.

E Arianna? Non può più bullizzare Alessandro, ma deve in qualche modo sottostare alla sua autorità, visto che lui è diventato responsabile italiano della piattaforma.
Guzzanti: Pure a questo non ho mai creduto (ride), alla fine gli hanno messo una giacchetta, ma per me è sempre lo stesso, credo che si evinca in qualche momento. C’è una scena tagliata in cui lei gli diceva: “Quindi mo come ti dobbiamo chiama’? Ca, cap… ma va’ va”. Il rispetto però vacilla, forse potrebbe vederlo quasi come un suo pari, QUASI… L’hanno infilato in un ruolo, ma è sempre schiavo. Soltanto di qualcun altro.
Crescentini: Ma infatti, da quando in qua gli schiavi diventano capoccia…
(Ridiamo)
Guzzanti: Arianna è sempre la stessa al punto che indossavo gli stessi pantaloni di 12 anni fa – che ogni giorno venivano ricuciti, perché sono stati lavati talmente tante volte che sono di cartapesta – e la solita felpa arancione. C’è stato questo upgrade da assistente alla regia ad aiuto regista assolutamente impercettibile, perché credo che nessuno si fosse accorto che era assistente e non aiuto, insomma, cose nostre, di noi tecnici.

Di che cosa avevate paura? Quando si ricrea qualcosa di iconico immagino che un po’ di tremarella sia inevitabile.
Crescentini: Be’ tutti avevamo la stessa paura che forse aveva anche il pubblico: che non fosse Boris. Ma lo è eccome.
Guzzanti: L’aspettativa mortifica la gioia, quando c’è un’attesa così alta come per Boris hai paura di deludere qualcuno, e può anche essere inevitabile. Qualcuno che aspetta con gli artigli piantati nella poltrona c’è sempre.

Esatto, là fuori ci sono persone che citano i vostri dialoghi a memoria e magari li ricordano ancora meglio di voi protagonisti.
Guzzanti: Sì, ma forse la strizza ce l’hanno più gli autori, noi ci mettiamo solo la faccia.

Valerio Aprea, Massimo De Lorenzo e Andrea Sartoretti nei panni degli sceneggiatori. Foto: Disney+

Ecco, arriviamo agli autori, Luca Vendruscolo e Giacomo Ciarrapico: c’è un bellissimo ricordo di Mattia Torre nella serie, la vostra reazione quando avete letto quell’omaggio in sceneggiatura?
Crescentini: Io mi sono commossa in più occasioni mentre leggevo, credo sia davvero molto bello.
Guzzanti: L’idea era molto toccante, commovente, e come al solito racconta la verità. Cioè che Mattia sta lì, partecipa nel loro cuore a tutte le riunioni, a tutti i brainstorming in cui hanno buttato giù spunti. E magari non hanno risolto con “F4” o “famoli scopa’, così de botto, senza senso”.

O al grido di “se una scena è complicata non lo famo ma lo dimo”. Quante volte vi è capitato sui set?
Crescentini: Su tutti i film, TUTTI (ride), perché quella è anche una questione produttiva.”Lo dimo” per me è meraviglioso.
Guzzanti: Lì dove non arrivano i soldi, arriva la parola a mettere una toppa. Adesso ormai le persone se ne accorgono abbastanza, ma quando glielo spieghi proprio palesemente… secondo me d’ora in poi guarderanno tutte le produzioni con occhi diversi. Quando qualche personaggio dirà: “Non sapete che è successo!”, sarà subito “Non lo famo ma lo dimo”.

Eh sì, dopo aver svelato il meccanismi della tv generalista ora tocca a quelli della piattaforma: il codice comportamentale, l’inclusione, l’algoritmo, sono tutte questioni molto calde. Come ve la cavate voi con questi diktat?
Crescentini: Devo dire che a me sul set non hanno mai imposto un codice comportamentale, non mi sono ancora trovata in situazioni del genere. Potrei dirti che me la cavo bene, ma senza pensarci, in modo naturale.
Guzzanti: Ho sempre pensato che quelle che noi vediamo come esagerazioni e imposizioni corrispondano a una fase sacrosanta in cui bisogna aver pazienza e attraversare un momento di rigidità, di rispetto, per poi potersene anche liberare più avanti, affrontare la gavetta di un futuro che sarà più inclusivo. A dirlo oggi nel nostro Paese sembra impossibile, perché tutti i segnali indicano semplicemente una retromarcia, tipo sui diritti divili che sono così difficili da conquistare, che hanno un processo così lento e complesso, ci vogliono generazioni… in questo momento stride proprio con tutto ciò che gli adolescenti invece stanno vivendo, i bambini, mio figlio è un nativo dell’era dell’inclusione, per cui è tutto molto strano. Però anche io sono favorevole a usare schwa, asterisco e tutto quello che serve a smuovere questo mondo – automaticamente e chissà perché – maschile.

Certo, Boris 4 arriva in un momento politico del nostro Paese a dir poco complicato.
Guzzanti: I membri della troupe si scontrano così goffamente con le novità perché sono essenzialmente dei boomer che arrancano e fanno fatica come noi. Io sento gli stessi scalini ripidi che ci sono tra me e mia madre ci sono anche tra me e mio figlio, che parla di portali, Metaverso. Faccio finta di capire quello che mi dice: lui vede cartoni ambientati in una dimensione cubica e io annuisco come mia madre quando le spiego che se si apre una finestra sul computer deve solo spingere una crocetta per chiuderla, e non staccare la spina.

Dopo la quarta stagione su Boris e la piattaforma, la quinta potrebbe essere proprio Boris nel Metaverso.
Guzzanti: Sì, proprio che tipo ci facciamo gli acidi.
Crescentini: Intanto speriamo che si faccia, la prossima stagione…
Guzzanti: Puoi scrivere che dipende esclusivamente dalle visualizzazioni e da quante persone hanno deciso di fare la prova dell’abbonamento a Disney+. Quindi, se volete la quinta stagione, sottoscrivete almeno la prova, poi magari uno dopo disdice.

Francesco Pannofino, Caterina Guzzanti e Ninni Bruschetta in ‘Boris 4’. Foto: Disney +

Nella vostra vita vi siete mai confrontate con l’algoritmo? Non solo da attrici, ma anche da spettatrici…
Crescentini: Io, esattamente come Corinna, con questo algoritmo ci vorrei parlare, perché non sono d’accordo, non capisco le dinamiche.
Guzzanti: Comunque ha un bel cognome… Sentendo quella battuta ho sempre pensato che il signor Algo avesse un nome strano, però il cognome Ritmo figo.
(Ridiamo)
Crescentini: Me ne hanno parlato anche amici registi, che secondo una serie di calcoli dovevano fare scelte di un certo tipo, io lo trovo semplicemente folle.
Guzzanti: A me fanno molto ridere gli algoritmi in generale, tipo: “persone che potresti conoscere sui social”. Ma perché mi propone questa signorina, è anche umiliante a volte, ma che idea ha l’algoritmo di me? (ride) come si permette di dire che mi potrebbe piacere una serie che proprio no. Dice: “Eh perché tu hai visto quest’altro titolo”. Lui, il signor Algo, ha un’idea sbagliata di me, vorrei che intervenisse il mio ufficio stampa.

Un momento sul set in cui proprio non ce la facevate perché era troppo divertente.
Crescentini: Quando ho visto Pietro Sermonti/Stanis vestito da Gesù e con la parrucca è stato veramente difficile riuscire a guardarlo negli occhi. E lo stesso problema ce l’ho pure con Pannofino, che mi fa ridere qualunque cosa faccia, anche un piano d’ascolto. Una crisi di riso continua.
Guzzanti: Io invece ho proprio imparato a non ridere, quello che mi è stato chiesto a LOL l’ho perfezionato su Boris, sono un soldato. Il senso di colpa di mettersi a ridere durante un ciak e doverne fare un altro per questo è un’onta che non posso affrontare, però spesso sarei scoppiata volentieri. Quest’anno ho avuto la fortuna di essere la spalla di Corrado nel camerino di Mariano – una scena che voi ancora non avete visto – ed è stata dura.

Quante Corinne e quante Arianne avete incontrato nella vostra vita?
Crescentini: Tantissime Corinne e tantissime Arianne.
Guzzanti: Più Arianne che Corinne.
Crescentini: È vero, sul set un’Arianna esiste sempre. Di Corinne ne ho incontrate diverse, ma non solo attrici. E il bello è che non sono affatto consapevoli di essere Corinna, sono molto fan di Boris. Prendono in giro Corinna, ma non capiscono di avere molto in comune con lei. Le più Corinna di tutte riescono anche a dire: “Boris bellissimo, stupendo, divertentissimo”.
(Ridiamo)
Guzzanti: I peggiori sono quelli che trovano Boris “carino”. “Ho visto Boris, è delizioso”. Ma come ti viene in mente?! Di Arianne ne ho incontrate milioni, su ogni set. E devo dire che questo ruolo mi ha proprio avvantaggiata: ioho un rapporto immediato, mi faccio dare subito il piano di lavorazione, gli orari, tutte le cose che gli attori non devono sapere… a me le dicono, perché io ormai so’ collega.
Crescentini: Ma tu che vorresti dire a quelle Arianne, che consiglio daresti a ‘ste ragazze?
Guzzanti: Per fortuna fanno delle cose migliori rispetto a Gli occhi del cuore, non sono così umiliate, non sono costrette a turarsi il naso. Nel film che sto facendo adesso c’è un’assistente di regia che è una fighissima, e ogni tanto come omaggio si mette la felpa arancione, e io: “Ma no che è brutta, non te la mettere”.

Carolina Crescentini, Pietro Sermonti e Alessandro Tiberi in ‘Boris 4’. Foto. Disney+

E tu Carolina che consiglieresti alle Corinne di questo mondo?
Crescentini: Sul lavoro, di mettersi a studiare. E poi c’è un serio problema di maleducazione, forse devono anche andare da un’analista perché devono imparare a portare rispetto alle persone. Ogni persona che si avvicina a una Corinna viene schiavizzato, che sia il runner, l’assistente di produzione o regia, i truccatori. Scene che pensi: “Ma meno, un pochino meno”. Si può fare il lavoro lo stesso senza trattare male tutti. Non so quale sia il problema sotto, probabilmente l’insicurezza.

La cosa peggiore che vi hanno detto sui vostri personaggi di Boris?
Guzzanti: A me continuano a rompere i coglioni con ‘sta roba che Arianna ha votato Berlusconi. Io poi sono educata e gentile però a volte vorrei dire: “Avete scoperto l’acqua calda, è una battuta del 2009-2010”. E pure alla Festa del Cinema di Roma mentre firmavo un autografo ancora: “Ma quindi Berlusconi?”. Me lo scrivono anche sui social. E questa è una cosa che mi ha lasciato veramente un livido su uno stinco.

Però se non capisci quella battuta, vuol dire che non hai capito Boris.
Guzzanti: Ma l’hanno pure capita, diventa la chiave per avere accesso a un’interprete e, effettivamente, funziona perché ti fa incazzare. Sia la battuta che l’insistenza.
Crescentini: A me non hanno mai detto cose brutte su Corinna, sai? Fa talmente cagare lei…(Ridiamo) Però ti dico una cosa che mi ha fatto arrabbiare negli anni: registi che dicevano a me, Carolina: “Falla un po’ ‘alla Corinna’”.
Guzzanti: E chi erano questi registi? Che prodotti facevano?
Crescentini: Film. E tu chiedi: “Ma ‘alla Corinna’ in cosa esattamente?” Sicuramente non i fiati di Occhi del cuore, la cattiveria, il temperamento. Non lo so: se tu regista mi dirigi, forse ci arriviamo lo stesso senza passare per Corinna.

Che cosa ha rappresentato per voi Boris a livello personale e di carriera?
Guzzanti: Mezza carriera, semplicemente: è Boris. 4 stagioni e un film, 5 anni. Prima facevo soprattutto comicità e sketch televisivi, dopo Boris si è aperto anche altro: ruoli, interpretazioni vere e proprie, sempre o più meno buffe, ma non solo. Umanamente è l’unico progetto – forse anche perché ha delle rate un po’ lunghe – in cui ci sono degli amici che frequento. Anche con Carolina, magari non ci vediamo tanto, ma abbiamo quel friccicore dell’inizio che ci unisce, poi abbiamo instaurato vari gruppi e sottogruppi, chat, feste dei figli, vacanze…
Crescentini: In mezzo c’è la vita, son passati talmente tanti anni.
Guzzanti: Esattamente, Caro si è sposata!
Crescentini: Infatti, chi l’avrebbe mai detto (ridiamo). Poi Boris è un’occasione per poter fare una cosa in cui credi davvero e che ha la tua stessa ironia. Gli attori vengono chiamati, e non è detto che la tua visione si sposi con il progetto. E poi qui sono tutti fuoriclasse, attori straordinari dai quali puoi imparare tantissimo. C’è un’atmosfera assurda, perché giriamo Boris alla velocità delle luce, va detto, quasi come Occhi del cuore, “di corsa!”. Però nel delirio c’è questo giocare insieme. È proprio “giocare” la parola giusta, perché è bello, è gioioso, è divertente, è speciale.
Guzzanti: È davvero speciale un set in cui, dopo tutta la giornata, tutta la settimana che te sei fatto tante scene, tante attese, freddo… Alla fine quando ti dicono che puoi andare a casa perché nella prossima scena non ci sei, rimane per vedere le scende degli altri. E per bullizzare i runner.

(Ci salutiamo, Carolina e Caterina si danno appuntamento per la sera, ma c’è ancora tempo per un ultimo aneddoto, che più borisiano non si può)

Crescentini: Devi sapere che noi ci vediamo tra poco, adesso ci vengono ad impacchettare tutte, andiamo a fare le sventole alla prima. A parte le feste di Boris negli anni, l’unica vera prima, che per me rimane una cosa terribilmente comica nella tragedia, è stata quella del film di Boris. Ci eravamo fatti tutti carini, stavamo cinema Adriano di Roma con i nostri ospiti. Problema: c’era lo sciopero dei lavoratori del cinema, noi saliamo sul palco a convincere il pubblico che non ci sarebbe stata la proiezione. Peccato che fosse il primo di aprile e non ci credeva nessuno!!

Iscriviti