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Auguri, Nannarè! L'"attrice più attrice" del cinema italiano nasceva il 7 marzo del 1908. Per poi attraversare il meglio del meglio non solo nostrano: il neorealismo di Rossellini e i ritratti di Visconti e Pasolini, fino all'Oscar amerikano. «Ho capito che ero nata attrice», disse lei. Sfogliate i suoi ruoli più belli e provate a darle torto.
L’urlo di Pina che corre dietro la camionetta tedesca sui cui è prigioniero il suo uomo è la Capitale che resiste all’occupazione nazista. Anna Magnani è la resistenza. E la dimostrazione che anche i miti sbagliano: l’attrice nella sequenza cade troppo presto, ma tutto per fortuna si sistema in montaggio. Rossellini firma il capolavoro punto di riferimento per il Neorealismo e conosce la sua prima musa: Nannarè.
Borgatara di Pietralata con una marcia in più che il suo popolino vorrebbe deputata alla Camera. La Magnani, meravigliosa, si lascia andare alla comicità più sboccata. E il film è una denuncia della speculazione e del qualunquismo, che grida fortissimo ancora oggi. Anna una di noi.
Doppietta ancora per Rossellini, prima del soffertissimo addio. Nel primo episodio, tratto dalla pièce di Jean Cocteau, è una donna distrutta che, dopo essere stata lasciata per un’altra, parla al telefono con il suo ex. Anna recita per tutto il tempo da sola, chiusa in una stanza, tra primi e primissimi piani. Nella seconda parte invece è un'ingenuotta che pensa di essere rimasta incinta di San Giuseppe. Invece era un pastore, con il volto di un giovane Federico Fellini versione attore.
Anna Magnani vs Ingrid Bergman featuring Roberto Rossellini. Stromboli sancisce l’amore tra l’attrice svedese e il regista. E Anna nostra, scaricata, medita vendetta con questa produzione, praticamente una guerra a cielo aperto sul mare delle isole Eolie. Nella selezione non tanto per il film, quando per lo scandalo più scandalo del cinema del dopoguerra.
Una delle mamme "totali" di Magnani è gentilmente offerta da Visconti. Che la vuole piazzista di pargoletta a Cinecittà (oggi la farebbe sperare in una figlia TikToker). Walter Chiari marpioneggia, Anna magnaneggia. Bellissimi.
Tennessee Williams è garanzia di Oscar. Infatti è arrivato dritto nelle mani di Anna. Il drammaturgo, del resto, aveva pensato a lei quando scrisse la pièce per il palcoscenico. Ma la nostra non sapeva l'inglese abbastanza bene: al cinema era più facile. E per fortuna, sua e nostra, la storia andò così.
Gli italiani "broccolino" secondo Cukor. In un mélo così sfacciato da sembrare un melodramma operistico (ma a sfondo western). Gioia/Anna Magnani duetta con Gino/Anthony Quinn: e viene giù il teatro.
Platinata e impellicciata. E affiancata, per la prima e ultima volta, da Totò. All'inizio lei non lo voleva: aveva appena vinto un Oscar, temeva la "contaminazione" della maschera napoletana. Invece, aveva ragione Monicelli. Come sempre.
Per Pasolini, Magnani diventa una lupa di borgata che è la sintesi di tutte le mamme d'Italia, tra sacrificio e santità. In una pietà laica che segna una delle vette della carriera di entrambi.
Dopo Roma città aperta e Mamma Roma, Nannarè non poteva che congedarsi con un film dal titolo che riduce tutto all'essenza: Roma. Nella satira/omaggio di Federico, Anna è, semplicemente, se stessa. Così doveva finire. Sipario.
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