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Tutte le serie di Shonda Rhimes, dalla peggiore alla migliore

O meglio di Shondaland, la casa di produzione con cui, dal debutto di 'Grey's Anatomy' nel 2005, ha fatto la storia della tv. E dopo il contrattone con Netflix (e il successo di 'Bridgerton') non la ferma più nessuno

Foto: Netflix

10Off the Map (2011)

Grey’s Anatomy va in trasferta. Forte del successo della serie con Meredith & Co. (ci arriveremo…), la regina della corsia va in Sudamerica. Per la precisione, nella Ciudad de las Estrellas (!), che non è Los Angeles, ma un’imprecisata geolocalizzazione latina. In cui sbarca un gruppo di medici senza frontiere (e, come sempre, senza mutande). Il titolo probabilmente più massacrato tra quelli “made in Shonda”. E il pur caruccio Martin Henderson non è di certo Patrick Dempsey.

9Still Star-Crossed (2016)

Morti Romeo e Giulietta, Rosaline Capulet (sic) viene promessa in sposa a Benvolio Montague. Shakespeare reloaded per uno dei progetti meno fortunati di Shonda. Che però fa le prove generali di Bridgerton (vedi più avanti), in mezzo alla royalty di ieri rivista con gli occhi di oggi. Diciamo che il titolo non aiutava a renderlo cool, né l’impianto stile The Bachelorette, come hanno scritto molti critici USA. Da noi non è nemmeno stato distribuito: e abbiamo detto tutto.

8The Catch (2016-2017)

Dopo i gialli avvocatizi starring Viola Davis (aspettate ancora un po’…), Rhimes continua la strada del poliziesco. Stavolta “puro”. Alice Vaughan (la Mireille Enos di The Killing) è una detective di LA che rimane vittima di frode alla vigilia del matrimonio. Il colpevole? Che domande: il futuro marito! Rosa-noir in piena regola durato solo due stagioni. Si fa guardare, ma le trame sentimental-investigative non sono mai diventate cult: sarà che in quegli anni impazzava The Americans, che era proprio un’altra storia…

7Station 19 (2018- )

Ma dove vai, se lo spin-off non lo fai? Il colosso Grey’s Anatomy (arrivato ora alla diciassettesima stagione!) andava munto finché aveva latte. E ne aveva eccome. Tutto ha inizio nel tredicesimo episodio della quattordicesima stagione della “serie madre”, con l’entrata in scena del team di pompieri che poi sarebbero diventati protagonisti in solitaria. Leading actress risoluta (e stavolta ispanica: Jaina Lee Ortiz) e bellocci assortiti (da Jason George a Grey Damon), ma dalla caserma non è uscita nessuna star. E questo, quando si tratta di Shonda, è assai grave.

6For the People (2018-2019)

L’ultima serie originale “made in Shondaland” prima di Bridgerton è un legal drama che ha conquistato pochi spettatori (in Italia nessuno: non è mai uscito), ma che si difende bene. Sui banchi della Corte Federale di New York finiscono i soliti casi spinosi, ma anche gli amori e i disamori dei rampantissimi protagonisti (ma dai). Ottimo cast, con in testa due volti già visti parecchio al cinema, ma poco utilizzati: Hope Davis e Ben Shenkman. Ah, in una parte minore c’è anche Regé-Jean Page, che poi sarebbe diventato… vabbè, un po’ di pazienza.

5Private Practice (2007-2013)

Altro giro, altro spin-off. Anzi, “lo” spin-off. Insieme a The Good Fight, costola di The Good Wife, questo, tra le serie nazional-popolari (quella con Christine Baranski è CBS, questa ABC), è forse la più nota e amata dal pubblico generalista. Shonda punta sull’usato garantito e mette al centro la dottoressa Addison Montgomery (Kate Walsh), ex moglie dello Stranamore di Dempsey, che si trasferisce dalla Seattle di Grey’s Anatomy a Los Angeles: ma le tribolazioni clinico-emotive restano le stesse. Recensioni generalmente tiepide fin dall’inizio, ma il pubblico ha dimostrato di apprezzare, complici anche i numerosissimi e continui crossover con Grey’s, nel corso delle sei stagioni totali.

4Bridgerton (2020- )

Jane Austen incontra Gossip Girl (o meglio, la Gossip Grandma Julie Andrews) per un period piece (tratto dai libri di Julia Quinn) che si spinge là dove i romanzi d’epoca regency non avevano mai osato, e cioè nelle camere da letto. Il twist contemporaneo (un po’ forzato) lo aggiungono i quartetti d’archi che suonano Ariana Grande e Billie Eilish e l’inclusività: metà dei lord e delle lady sono black. È tutto meno progressista di quel che sembra, ma ariosetto e pruriginoso al punto giusto evidentemente, almeno secondo le 63 milioni di visualizzazioni previste da Netflix nel primo mese. È stato il guilty pleasure della pausa natalizia. Ah, tira più Regé-Jean Page, aka il Duca di Hastings, di tutto il resto del cast messo insieme, eroina compresa. Shonda ha vinto ancora una volta.

3Scandal (2012-2018)

Se c’è qualcuno che deve ringraziare Shonda almeno quanto Patrick Dempsey è Kerry Washington (e, prevediamo in futuro, Regé-Jean): Olivia Pope, la fixer preferita dalla Casa Bianca (e – soprattutto – dal presidente Fitzgerald Thomas Grant III, con il quale andava a letto, ovvio), era già iconica sulla carta e Rhimes l’ha cucita addosso all’attrice con tanto di tailleurini modaiolissimi e quei ghigni sdegnati che le vengono particolarmente bene. Tra giochi di potere, corruzione, sesso, omicidi e svolte larger than life, sempre più improbabili puntata dopo puntata, Scandal è il più sopra le righe degli show by Shondaland (quando ancora la politica americana sembrava una cosa seria). Ed è anche quello che non riesci a smettere di guardare, per quanto ci provi.

2Le regole del delitto perfetto (2014-2020)

Il titolo originale, How to Get Away with Murder, è anche il nome del corso della prof. Annalise Keating, in cui l’avvocato difensore e mentore spiegava ai suoi studenti di Legge (e a noi spettatori) come farla franca in tribunale dopo aver commesso un omicidio. La serie partiva a bomba con uno dei migliori incipit di sempre (i ragazzi terrorizzati alle prese con un cadavere durante una notte folle nel campus) per poi giocare tra passato e presente, senza punti fermi, tra ipotesi e continui capovolgimenti delle stesse. E al centro di tutto c’era la performance clamorosa di Viola Davis (per cui l’attrice ha anche vinto un Emmy), nei panni del legale più stronzo e terrificante della tv. Che però, ovviamente, ha i suoi segreti come tutti, più di tutti. Peccato che, dopo una prima stagione esplosiva, le altre abbiano iniziato a trascinarsi al punto che sembrava di guardare più e più volte la stessa cosa. Forse era partita troppo forte, ma che figata quell’inizio.

1Grey’s Anatomy (2005- )

17, ripetiamo, 17 stagioni. Poteva esserci un’altra serie in cima a questa lista? No, perché è proprio da Grey’s Anatomy che è partito il fenomeno Shonda, da quel mix perfetto di soap opera e medical drama (con un sempre occhio alla diversity) che ha tenuto incollati alla tv milioni e milioni di spettatori. Tra scandali, licenziamenti e abbandoni (d’altra parte, sono 16 anni che va in onda), Rhimes ha fatto mettere insieme e lasciare più dottori e dottorini in corsia di quanti siamo in grado di contarne, ed è riuscita pure a rimanere avvincente dal punto di vista medico caso dopo caso, cambiando le regole del gioco. Ha creato star (Sandra Oh) ed etichette indimenticabili, vedi il dottor Stranamore di Patrick Dempsey e il dottor Bollore di Eric Dane, frasi che sono entrate nell’uso comune («Tu sei la mia persona») e ha portato per prima nella serialità il Covid, mostrando la Meredith di Ellen Pompeo (negli anni fedelissima) e soci nel bel mezzo della pandemia (la loro e la nostra). Chapeau, Shonda.

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