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La più diva delle dive, sì. Ma anche un'interprete ironica e sensibile (e troppo spesso sottovalutata). Dal primo Woody Allen all'ultimo Paolo Sorrentino, dal "sigillo" sexy di Paul Verhoeven al capolavoro di Martin Scorsese. A 62 anni (compiuti oggi), l'istinto di Sharon Stone è ancora qui per sedurci.
Non è lei che va in udienza dal Papa: è il Papa che la reclama. Potere di Sharon, che Sorrentino vuole (nei panni di se stessa) a colloquio con Sua Santità John Malkovich. Che lei prova a convincere ad aprire ai gay nella Chiesa. Partecipazione straordinaria: ma sul serio.
olo un cammeo, ma che cammeo. Nell'8½ di Woody Allen, è la ragazza che manda un bacio dal treno. Niente di più, niente di meno. Ma, in pochi secondi, ruba la scena: ricordate un esordio sul grande schermo più folgorante?
Nonostante il vet Sidney Lumet alla regia, il remake di Gloria di Cassavetes lascia piuttosto a desiderare. Ma non per Stone, che "rifà" l'enorme Gena Rowlands senza sfigurare. Con l'aiuto dei boccoloni biondi e di strepitosi Versace.
"Solo" un film tv (e a episodi), ma passato alla storia. Perché è tra i primi titoli ad indagare il mondo lesbico senza sensazionalismi o macchiettismi. E Sharon la mangiauomini è credibilissima come compagna di Ellen Degeneres che vuole diventare mamma.
Il malincomico Albert Brooks la vuole accanto a sé nei panni della Musa chiamata ad aiutare uno sceneggiatore "col blocco". Un divertissement per una star che (auto)ironizza a briglia sciolta sulla sua immagine realmente divina.
Tra le ex amanti di Bill Murray (una di loro ha, incidentalmente, avuto un figlio), c'è anche Sharon in deliziosa vestaglietta rosa. Che "scompare", da vera maestra, nell'ironia stralunata di Jarmusch e del protagonista.
Fermati, o Sharon spara. Duelli stemperati nell'umorismo pop di Sam Raimi per una "lady vendetta" in tenuta da pistolera. A sorpresa, un cult anche per cinéphile. Anche grazie alla prova della diva, che si diverte quanto noi.
Nella "smorfia" del cinema, le gambe sono solo quelle di Sharon Stone. Che nel thriller soft-core di Verhoeven mette la firma su un'intera carriera, tra sensualità e ironia. E ci stende tutti. Con un punteruolo di ghiaccio, si capisce.
Altro giro, altro Verhoeven. Featuring Schwarzy. Impossibile dimenticare le tenute ginniche dell'attrice ormai fatta, in questa sfrenata bizzarria sci-fi. Né battute come: «Io non ti farei mai del male, voglio solo che torni da me». Dobbiamo crederci?
Un Golden Globe vinto, ma soprattutto la prima (e unica) nomination agli Oscar della sua carriera. Il suo film più celebrato è anche quello che la consacra al di là della diva. Merito di Marty. E pure di Sharon: cotonata, sfrenata, adorata.
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