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Quentin Tarantino, tutti i film dal peggiore al migliore

Sì vabbè, come se trovare il peggiore fosse davvero possibile. Scusa, Quentin

Foto: Sony Pictures

Tarantino fa rima con cult, cult fa rima con Tarantino. Quentin è l’unico regista che, nella storia di Hollywood, è riuscito a trasformare la sua cinefilia e il suo amore per la pop culture in uno stile di vita e di cinema: tarantiniano, un aggettivo che ormai è diventato anche un credo. Nove film in carriera (sì, perché Kill Bill per lui è un’opera unica), ancora troppi pochi premi, ma l’adorazione incondizionata di fan duri e puri in tutto il mondo. Che il regista tiene sulla corda con le notizie frammentarie sul suo decimo, e forse ultimo (o almeno così dice), lungometraggio: The Movie Critic? Sarà davvero il suo canto del cigno? Intanto noi abbiamo messo in fila tutti i titoli che ha diretto (avvertenza: non c’è Four Rooms perché è solo un episodio e non un film intero). Dal peggiore al migliore: sì vabbè, come se trovare il peggiore fosse davvero possibile. Scusa, Quentin.

9Grindhouse — A prova di morte (Death Proof) (2007)

Inevitabilmente A prova di morte è il brutto anatroccolo del mucchio: sconta la durata ridotta e l’appartenenza dichiarata al genere slasher (e anche il gemellaggio con Planet Terror di Robert Rodriguez sotto l’etichetta Grindhouse, però al confronto il film di Tarantino sembra Godard). Segna la prima collaborazione tra Tarantino e Kurt Russell, un attore nato per diventare icona di grandi registi (vedi John Carpenter). Un vecchio stuntman di Hollywood (Russell), serial killer in associazione con la sua auto da corsa modificata, prende di mira tre ragazze. Le fa fuori. Tempo dopo ne punta altre tre. Ma questa volta non ha fatto i conti con la vendetta. Un film come pretesto per tutto il feticismo visuale (e non solo) di Tarantino, con una sequenza di incidente automobilistico da punto di vista multiplo come non era mai stata girata prima nella storia del cinema – non con questo mix di stile e violenza, almeno.

8Jackie Brown (1997)

Per alcuni, Jackie Brown è il miglior film di Tarantino. Di certo è il più inatteso. Intanto, è il primo con sceneggiatura non originale (la base è Rum Punch di Elmore Leonard). Poi, ha una violenza meno sfacciata, un andamento più lento, ed è recitato in modo più sottile. Il risultato è un neo-noir in cui tutti ingannano tutti, un omaggio al cinema blaxpoitation anni ’70 che ha pure il merito di avere rilanciato la carriera di due icone come Pam Grier (l’eroina del titolo) e Robert Forster, l’affascinante garante della cauzione di Jackie. Tarantino lo definisce il suo “film di compagnia”: «Come per Un dollaro d’onore di Howard Hawks, più lo guardi e più puoi concentrarti sui personaggi, stare insieme a loro senza doverti preoccupare della trama». È così: tra i suoi film, è quello che, a distanza di anni, continua a guadagnare dopo ogni visione.

7Le Iene (1992)

Quentin ha stabilito chi era Tarantino fin dal suo debutto: uno che sa esattamente che tipo di film vuole fare. In questo caso, un heist movie che non mostra nulla del colpo stesso, ma solo la tensione prima e il caos dopo. Le fonti d’ispirazione sono Rapina a mano armata di Kubrick e il cinese City on Fire, ma lo stile è 100% Quentin. Che trova nuovi modi per avvicinarsi al genere e apre un crime thriller con una carrellata di gangster in giacca e cravatta (lui compreso) che discutono dei significati nascosti di Like a Virgin di Madonna. La cultura pop è la forza trainante dietro la sua visione. Così come la violenza grafica e lo humor nerissimo. Se nel 1955 Joseph Lewis in The Big Combo aveva usato le percussioni per scandire musicalmente una sequenza di torture, Tarantino per accompagnare Mr. Blonde (Michael Madsen) che taglia l’orecchio a un poliziotto ballando sceglie un pezzo allegro come Stuck in the Middle With You degli Stealers Wheel. E i titoli di testa in slow-motion sulle note di Little Green Bag dei George Baker Selection? Negli annali.

6The Hateful Eight (2016)

Un’unica location e l’azione fatta, praticamente, solo di scrittura: Tarantino può. The Hateful Eight è un western da camera travestito da giallo alla Agatha Christie. Ambientato durante una tormenta in una stazione di frontiera del Wyoming, il film inganna fin dall’inizio. Dopo un’ouverture (anche orchestrale) in grandi spazi innevati, la storia si muove all’interno, e si rivela la pièce teatrale che è nata per essere. Lo splendido formato 70mm diventa il mezzo per esaminare ogni sfarfallio del volto (e dell’animo) umano. E che volti: Samuel L. Jackson, Tim Roth, Kurt Russell, Michael Madsen, Bruce Dern, più l’unica (bad) girl Jennifer Jason Leigh. Il resto lo fa la colonna sonora da Oscar di Ennio Morricone, più vicina ai suoni minacciosi de La cosa che ai suoi western. Sottovalutato (anche dai fan): vergogna.

5Django Unchained (2012)

Bentrovati a una nuova lezione di storia alternativa del professor Tarantino, meno sofisticata di Bastardi senza gloria ma ancora più scatenata e (forse) divertente. Dopo il tuffo nella Seconda Guerra Mondiale per bruciare il Terzo Reich – Hitler compreso –, Quentin esplora la schiavitù e l’argomento ancora tabù della rabbia nera nei confronti dei bianchi del Sud con arguzia, ferocia e una rapsodia di violenza cinematografica che va al di là di se stessa. Django Unchained è un glorioso western postmoderno con Jamie Foxx, Christoph Waltz e un terrificante Leonardo DiCaprio al loro meglio. C’è un momento più tarantiniano di quando Django e il Dr. Schultz fanno fuori un’intera casa di schiavisti in un lussuoso rallenty con un mix di 2Pac e James Brown in sottofondo? Fanculo i fatti. Come Sergio Corbucci nel 1966, Tarantino obbedisce all’unico comandamento che conta nei film di exploitation: tutto è permesso. Le fantasie di vendetta non lasciano molto spazio alle lezioni morali. Django vuole il sangue. E Tarantino pure.

4Kill Bill (Vol. 1 e 2) (2003-2004)

Alcuni considerano i due “volumi” due film separati. Ma lo stesso Quentin, nella conta dei suoi film, li mette insieme. Nove, per ora, i titoli in totale, e al decimo – così ha minacciato più volte – si dovrebbe fermare. Chissà che non sia l’attesissimo, misteriosissimo, rimandatissimo Vol. 3. Ma cominciamo dal principio. Kill Bill, inteso come corpus unico, è il compendio delle passioni/ossessioni di Quentin, in versione fanboy come mai prima (e nemmeno dopo). Kung fu, anime, spaghetti western, vengeance movie: non manca niente, ma filtrato per creare qualcosa di nuovo e “tarantiniano”. Se la prima parte è una festa tra action e comedy, la seconda è molto più che una semplice storia di vendetta. La parabola della Sposa (una Uma Thurman nata per la parte, piedi inclusi) consente al regista di realizzare uno dei suoi ritratti emotivamente più ricchi, forse addirittura la cosa più vicina al romance da lui mai firmata. Tra RZA e Morricone (again), la colonna sonora è da paura: ma c’è bisogno di ricordarlo?

3Bastardi senza gloria (2009)

All’origine c’è il genere cosiddetto euro war (o, per gli amici, macaroni combat). Ovvero, film come il capostipite Quel maledetto treno blindato di Enzo G. Castellari del 1978, che qui fa da ispirazione dichiarata. Ma la fanta-Storia di Quentin ha un passo indiavolato assolutamente personale. In campo, ci sono due piani paralleli per uccidere Hitler: il primo ad opera dell’affascinante proprietaria di un cinema (Mélanie Laurent), il secondo per mano di una squadra di nazi-killer ebrei (capitanati da un divertentissimo e divertitissimo Brad Pitt). In omaggio al potere del cinema di inventare mondi (e alle qualità incendiarie della celluloide), Tarantino va fino in fondo, facendo schiattare il Führer e un bel po’ di gerarchi, in uno dei finali più liberatori della storia. Quentin al suo meglio e, per alcuni, rinato: dopo gli eccessi di Kill Bill 1 e 2 e la pausa defatigante di A prova di morte, dimostra di essere ancora il numero 1.

2C’era una volta a… Hollywood (2019)

Il nono film di Tarantino “non è un film di Tarantino”, dicono in molti. O meglio, lo è solo nell’irresistibile finale. Si sbagliano: C’era una volta a… Hollywood è 100% Quentin. Solo che Quentin nel frattempo è cambiato. E allora questa malinconica dichiarazione d’amore a una Los Angeles che non c’è più, scossa dalla violenza della Manson Family, e a un’industria che sta cambiando diventa tarantinianissima. Nell’omaggio totale agli spaghetti western, nel feticismo più che spinto per i piedi di Margot Robbie (e non solo), nel cambiare la Storia per cambiare il cinema. Un Brad Pitt da Oscar torna ad essere l’eroe che trovi solo nei libri di Quentin, lo stunt-man che divo non sarà mai, ma disposto a tutto per l’amico divo sul viale del tramonto, Leonardo DiCaprio. E poi c’è la diva in erba Sharon Tate (Robbie), a cui il regista dà un’altra, tenerissima chance. Tarantino si carica sulle spalle la mitologia hollywoodiana per proteggerla e firma il suo film della vita. Lui ha cercato in tutti i modi di dircelo, ma l’hanno capito ancora troppo pochi.

1Pulp Fiction (1994)

Pulp Fiction non è solo il film più importante degli anni ’90: è un pezzo cruciale della storia del cinema e della cultura pop. Tarantino prende alcuni cliché dei B-movie (tipo il gangster che porta fuori la ragazza del boss), asseconda ogni suo capriccio cinematografico e ridefinisce il concetto di coolness con grande gioia dei nerd, costringendo anche il pubblico più schizzinoso a rivedere il proprio rapporto con i film di genere. Pulp Fiction non dipende dalla trama, ma dalla visione di Tarantino. La struttura non lineare, la rappresentazione fumettistica dei personaggi, i dialoghi iper-realisti, la violenza esplicita, la colonna sonora travolgente e gli omaggi ad altri film hanno portato molti a definirlo il film postmoderno per antonomasia. E con questa opera seconda, Palma d’oro a Cannes, e il twist con John Travolta sulle note di You Never Can Tell di Chuck Berry, il regista ha lanciato la sua musa: Uma Thurman. Tarantino ha aperto le porte alla sperimentazione mainstream e in molti hanno provato a imitare quello stile, ma tutti hanno fallito per un semplicissimo motivo: non sono Quentin.

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