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«Ho iniziato a recitare a undici anni. A venti potrei dire che è abbastanza». E invece Natalie Portman è, per fortuna sua e nostra, ancora qui. La star, nata a Gerusalemme ma cresciuta negli USA, è più lanciata che mai. Dal clamoroso debutto con Luc Besson e Jean Reno alla trilogia prequel di George Lucas, dall’Oscar con Darren Aronofsky al nuovo Thor diretto da Taika Waititi, dove la nostra è riuscita a sollevare il leggendario martello del dio. Abbiamo messo in fila le sue 10 best performance.
L’ultimo grande personaggio di Portman è questa popstar alla Sia (che scrive le canzoni del film) ex one hit wonder oggi dimenticata. La regia di Brady Corbet è altalenante, ma la prova dell’attrice impeccabile come sempre. Non sono arrivate le candidature forse sperate: pazienza.
l Wong Kar-wai “americano” non è piaciuto a tutti, ma in realtà è un affresco di frontiera tenero e sincero. In cui Natalie – accanto a Norah Jones (!), Jude Law e Rachel Weisz – veste il ruolo più eccentrico e interessante (con capelli stavolta biondo platino). Da recuperare e rivalutare.
Altro blockbusterone, stavolta accanto al vichingo Chris Hemsworth. L’astrofisica Jane Foster a cui dà volto l’attrice è il lato intimo della baracca, ma tiene testa a scene d’azione ed effetti speciali. Torna nel più debole sequel The Dark World e, quest'anno, in Love and Thunder, dove il ruba la scena al dio del tuono in persona. E definisce il suo status all'interno dell'MCU.
Nelle mani di Zach Braff, la nostra mette a segno il suo personaggio più folle e probabilmente sottovalutato. La sua Sam è instabile e adorabile, e l’alchimia col regista/protagonista è perfetta. Un altro titolo da rivedere oggi: c’è voglia (e soprattutto bisogno) di tenerezza.
Nella trilogia più controversa (forse) di sempre, c’è una certezza: Portman as Padmé Amidala è iconograficamente uno dei personaggi più forti, nel ritorno di George Lucas alla sua galassia lontana lontana. Di certo, come statura d’attrice, si magna Hayden Christensen/Anakin Skywalker in un sol boccone: non che ci volesse molto, eh.
Altro giro, altro immaginario iconico. Quello del fumetto di Alan Moore, che, nella megaproduzione firmata dalle sorelle Wachowski, diventa simbolo grillino ante litteram. La lotta dura senza paura di Natalie è ancora oggi un benchmark per tutti i wannabe ribelli del mondo. E va bene così.
Nomination obbligatoria (e meritatissima) per il ritratto della First Lady più famosa d’America by Pablo Larraín. Natalie regala alla sua Jackie, nelle ore che seguono l’assassinio del marito, dolenza e presenza, finendo per essere una copia più vera del vero. Ma sempre personalissima.
l primo, e anche il cult assoluto. Oggi Natalie dice di essere stata sessualizzata, essendo all’epoca una ragazzina. Ma la Lolita action by Luc Besson resta il ruolo della consacrazione. Segue dibattito: ma sulla bravura, anche già da così piccola, non si discute.
L’Oscar arriva per questa visione by Darren Aronofsky del mondo brutto e cattivo della danza. Un mélo certamente esagerato, con punte di camp debordanti. Ma Portman aderisce totalmente al ruolo dell’étoile “sdoppiata”. E sul set trova pure marito: il coreografo francese Benjamin Millepied. Jackpot.
A 24 anni, IL ruolo. Quello che avrebbe dovuto darle l’Oscar (almeno il primo) come non protagonista: andò invece a Cate Blanchett per The Aviator. Con Julia Roberts, Jude Law e Clive Owen, dà carne e sangue al quadrilatero sentimentale e sessuale più infuocato (e da molti incompreso) degli ultimi vent’anni. La parrucca rosa fa il resto, per proiettarla nel mito.
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