Rolling Stone Italia

I migliori film italiani usciti nel 2020 (finora)

Il 'C'eravamo tanto amati' di Muccino, due attori monumentali, Favino e Germano, la seconda, fulminante opera dei Fratelli D'Innocenzo e l'ultimo film scritto da Mattia Torre: il meglio del cinema italiano secondo Rolling

Foto: 01 distribution

10Buio di Emanuela Rossi – on demand

Prevedere la pandemia? Si poteva, almeno cinematograficamente parlando. L’ha fatto Emanuela Rossi, esordiente nel lungometraggio che si è immaginata una distopia che in realtà tanto distopica non è: tra Sofia Coppola e Chernobyl, tre sorelline (capeggiate da una sempre più convincente Denise Tantucci) sono costrette a restare chiuse dentro casa perché fuori impazza un “virus” imprecisato. Più vero del vero, ma coi toni della favola (femminista). Siamo curiosi di vedere il suo prossimo film.

9L’amore a domicilio di Emiliano Corapi – Amazon Prime Video

Passata in sordina ai festival di fine 2019, una rom-com “all’italiana” che, di questi tempi, è una boccata d’aria fresca. Scrive e dirige Emiliano Corapi, che utilizza uno spunto apparentemente pretestuoso – lui si innamora di lei, che però è costretta agli arresti domiciliari – per confezionare una commedia con tutti i pezzi al posto giusto: dagli sviluppi “heist movie” (featuring l’attore-feticcio dei fratelli Dardenne Fabrizio Rongione) ai comprimari, tutti perfetti. Ma la vera sorpresa è la coppia protagonista e la sua travolgente alchimia: Miriam Leone (sempre più brava) e Simone Liberati sono fatti per stare insieme sullo schermo.

8Lontano lontano di Gianni Di Gregorio – RaiPlay

A 71 anni, finalmente tutti si sono accorti di Gianni Di Gregorio. Non era certo un pivellino dello schermo: il suo debutto Pranzo di ferragosto (2008) è, a tutt’oggi, un cult. Poi, con i film successivi (Gianni e le donne, Buoni a nulla), ha fatto un po’ perdere le sue tracce a pubblico e critica. Ora arriva il film della maturità, non solo anagraficamente parlando: la storia dei tre pensionati romani (tra cui lo stesso autore e il grande Ennio Fantastichini, all’ultimo film) è umanissima e ultra-contemporanea. E questo gioiello è finito perfino sulle pagine del Guardian: «È il Larry David italiano», scrive il quotidiano inglese dell’autore. Molti cuori.

7Magari di Ginevra Elkann – RaiPlay

Un’Agnelli diventa regista: scandalo! E invece no. Anche i detrattori preventivi si sono dovuti ricredere. Magari, l’esordio di Ginevra Elkann distribuito direttamente su RaiPlay, è una storia di coming of age su sfondo Eighties insieme leggera e profonda, manovrata dalla mano sicura di chi racconta «solo quello che conosco» (cit. dalla stessa regista, già produttrice e distributrice per conto terzi: e si vede). Indovinatissimi l’ambientazione in una Sabaudia invernale, Riccardo Scamarcio e Alba Rohrwacher presenze adulte più sgangherate dei ragazzini, e gli omaggi al cinema di ieri: dal cammeo di Florinda Bolkan (!) ai “sogni” in stile anni ’50. È nata un’autrice.

6Figli di Giuseppe Bonito – Amazon Prime Video

Il rammarico più grande dell’ultima stagione? Aver perso uno degli sceneggiatori migliori del cinema italiano recente. Mattia Torre però ha lasciato il copione di questo film (che avrebbe anche dovuto dirigere), da un monologo già reso celebre anche in tv da Valerio Mastandrea. Protagonista anche della versione per il grande schermo: lui e Paola Cortellesi sono i genitori che affrontano le fatiche della crescita di un bebè, ma anche gli eterni figli del titolo, schiacciati dalla generazione precedente. Una dramedy come ce ne sono poche in questo Paese, con intuizioni geniali (la Patetica di Beethoven che “doppia” il pianto del neonato) e una tenera malinconia a fare da sottofondo. Non è un film-testamento: è un lascito preziosissimo.

5Volevo nascondermi di Giorgio Diritti – di nuovo nelle sale dal 19 agosto

L’ultimo grande film italiano (non) uscito prima del lockdown. Ce l’ha fatta per un soffio, dopo il successo alla Berlinale (il protagonista Elio Germano ha vinto un meritatissimo Orso d’argento per l’interpretazione maschile), ma poi i cinema sono stati costretti alla chiusura: per questo tornerà nelle sale il prossimo 19 agosto. Quello diretto da Giorgio Diritti non è solo il biopic del pittore Antonio Ligabue (interpretato, appunto, da un bravissimo Germano): è un ritratto di diversità e solitudine, calato in un’Italia di provincia al contempo pittorica e concreta. Il cinema d’autore come si faceva una volta, ma dallo sguardo che sa – e vuole – essere moderno e popolare.

4Hammamet di Gianni Amelio – on demand

Gianni Amelio non scioglierà forse tutti i dubbi legati a Bettino Craxi. Ma probabilmente il suo intento non era nemmeno quello. La fotografia degli ultimi giorni tunisini dell’ex segretario del PSI, nonché contestatissimo Presidente del Consiglio della morente Prima Repubblica, procede per impressioni e suggestioni: i compagni di partito che l’hanno difeso o tradito, i figli, le amanti, la filosofia politica ed esistenziale condensata in pochi (brillantissimi) dialoghi. Più un tocco di invenzione (la figura del ragazzo che improvvisamente entra nella sua vita) che è la firma dell’autore. E poi c’è Pierfrancesco Favino: la sua non è solo una sbalorditiva prova mimetica, è aderenza totale all’uomo e all’icona rappresentata. In tandem con il Buscetta del Traditore, ormai il nostro è un attore totale, forse davvero il Gian Maria Volonté di questo tempo.

3Tolo Tolo di Luca Medici – on demand

Checco Zalone ha fatto flop: dai 65,3 milioni di euro incassati dal precedente Quo vado? ai 46,1 di questo. Ovviamente è una battuta. Il comico pugliese (ma definirlo così oggi suona assai riduttivo) resta l’unico capace di portare al cinema tutta l’Italia. E di raccontarla come nessun altro. La punizione (si fa per dire) da parte del pubblico risiede forse nel fatto che questo – grazie alla parabola dell’italiano cafone che si trova a compiere il viaggio dei migranti – è senza dubbio il suo film più politico. Ma proprio per questo un passaggio cruciale: non solo perché la scrittura (in collaborazione con Paolo Virzì) si fa più ambiziosa, ma anche perché Luca Medici (questo il suo nome all’anagrafe) decide stavolta di passare anche dietro la macchina da presa. Qualcuno ha detto che si ride meno di prima: se non avete ancora i crampi per La gnocca salva l’Africa e La cicogna strabica (peraltro le canzoni più ironicamente antirazziste degli ultimi anni), non sappiamo proprio che dirvi.

2Favolacce di Damiano e Fabio D’Innocenzo – on demand

Gli autori erano già nati: con il clamoroso esordio La terra dell’abbastanza, che però (purtroppo) non aveva visto quasi nessuno. All’opera seconda, Damiano e Fabio D’Innocenzo alzano l’asticella delle ambizioni: e fanno centro. Con una fiaba horror che non assomiglia a nient’altro, anche se pesca da un immaginario vastissimo che va dalle storie di suburbia americana a Matteo Garrone. Ma il bello dei gemelli neo-auteur è proprio questo: (re)inventare un mondo. In questo caso, quello dei ragazzini della periferia residenziale romana che puniscono gli adulti ignoranti, aggressivi e assenti nel peggiore dei modi possibili: ma non sveliamo di più per chi non l’ha visto. Un colpo allo stomaco, e un colpo di fulmine tra le visioni di questa stramba annata.

1Gli anni più belli di Gabriele Muccino – di nuovo nelle sale dal 15 luglio

C’eravamo tanto amati, reloaded. Omaggiare dichiaratamente il capolavoro di Ettore Scola è un’eresia? No, se ti chiami Gabriele Muccino e hai in mente un cinema italianissimo e insieme capace di ripensare se stesso in grande. Ne esce una cavalcata dagli anni ’80 a oggi che è insieme privata, pubblica, struggente, divertente: ci riguarda tutti, nessuno escluso. «Noi che sognavamo i giorni di domani, per crescere insieme mai lontani», canta Claudio Baglioni nella title track: ma – come recitava il caposaldo di Scola – il futuro è passato, e non ce ne siamo nemmeno accorti. E, se ieri c’erano Gassman, Manfredi, Sandrelli e tutti gli altri, oggi Muccino consacra il nuovo star-system italiano, tra neodivi “presso se stesso” (Pierfrancesco Favino e Claudio Santamaria) e new entry (Micaela Ramazzotti e Kim Rossi Stuart). Più belli, anzi: bellissimi.

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