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Aspettando gli Oscar 2022: le migliori colonne sonore e le migliori canzoni originali

Si sa che l’Academy ha un debole per le ‘Bond Song’, e ‘No Time to Die’ potrebbe dare la prima statuetta a Billie Eilish. Tra le soundtrack, è invece testa a testa fra Hans Zimmer (‘Dune’) e Jonny Greenwood (‘Il potere del cane’)

Foto: Darkroom/Interscope

Le migliori colonne sonore

Don’t Look Up – Nicholas Britell

Un mix eclettico di jazz da big band, suoni orchestrali tradizionali, elettronica e strumenti insoliti: dal pianoforte giocattolo al banjo, fino al mandolino. È così che Nicholas Britell è riuscito a tirare musicalmente le fila della satira sociale by Adam McKay tra realtà, assurdo, umorismo e perfino grottesco. «Credo che sia stata la colonna sonora più impegnativa che abbia mai dovuto scrivere, si trattava di catturare il caos e la follia necessari», ha spiegato il compositore, già nominato due volte all’Oscar per Moonlight e Se la strada potesse parlare e che, con il regista, aveva già lavorato a La grande scommessa, Vice – L’uomo nell’ombra e il pilot di Succession. «È roboante, ma c’è anche una malinconia intrinseca». Britell ha anche collaborato alla hit cantata da Ariana Grande e Kid Cudi. E urlato come un pazzo in un microfono per cercare di incanalare la pazzia nei momenti di ansia più forte.

Dune – Hans Zimmer

Zimmer ha già alle spalle 11 candidature e una vittoria (per Il re leone), ma Dune è tutta un’altra storia. Il film tratto dal romanzo di Frank Herbert del 1965 è sempre stato nei suoi sogni, e per questo lo score è uno dei meno ortodossi e più provocatori di Hans, che si è inventato la qualunque per creare un suono sperimentale rétro-futuristico che esprimesse insieme la bellezza e la pericolosità del pianeta desertico di Arrakis: dal ritmo del vento che spinge la sabbia tra le rocce alle percussioni martellanti dei mostruosi vermi della sabbia. Insieme al sintetizzatore, ci sono graffi di metallo, flauti di bambù, fischietti irlandesi, una batteria tremante, chitarre distorte e un corno da guerra che in realtà è un violoncello. E poi c’è il lato più impalpabile e insieme presente della colonna sonora, che doveva essere spirituale senza diventare religiosa, e guidata da un coro di voci femminili, a rappresentare la madre del protagonista interpretato di Timothée Chalamet. Insomma, un capolavoro.

Encanto – Germaine Franco

Germaine Franco è la sesta donna in assoluto ad essere nominata in questa categoria, la prima di origine latina e la prima pure a realizzare la colonna sonora di un film Disney. Lin-Manuel Miranda aveva adorato il suo lavoro in Coco e l’ha voluta al suo fianco come compositrice. Dicono di lei: «La sua personale empatia e gentilezza emergono dalla sua musica e dal suo rapporto con la storia. Sente tutto molto intensamente. Quelle emozioni vengono fuori nella musica e quella musica è perfetta per il film». Dice lei di Encanto: «Sentivo che gli strumenti colombiani mi avrebbero ispirata, in particolare l’arpa llanera e la marimba de chonta. Sapevo anche che la partitura sarebbe stata molto più ricca con le voci autentiche di musicisti e cantanti colombiani. E poi mi sono chiesta: “Qual è il suono del realismo magico?”». Vedere le classifiche per credere. Forse non vincerà, ma è già nella Storia.

Madres paralelas – Alberto Iglesias

Già nominato tre volte in passato per tre film in lingua inglese (The Constant Gardener – La cospirazione, Il cacciatore di aquiloni e La talpa), il basco Alberto Iglesias è per tutti i cinéphile il compositore “di” Almodóvar: la loro prima collaborazione risale al 1995 (Il fiore del mio segreto) e ha prodotto capolavori visivi e sonori come Parla con lei (2002), Gli abbracci spezzati (2009) e il più recente Dolor y gloria (2019), se proprio dobbiamo scegliere una terna indicativa del loro rapporto professionale e umano. Finalmente nel 2022 agguanta la prima candidatura per un film di Pedro. Tra archi hitchcockiani alla Bernard Herrmann (vedi il commento agli splendidi titoli di testa “fotografici”) e armonie che ricordano il Frank Skinner amato da Douglas Sirk, Iglesias costruisce il perfetto score per questo mystery-mélo con Penélope Cruz (candidata tra le attrici protagoniste). Meriterebbe la vittoria, ma pare muy difícil.

Il potere del cane – Jonny Greenwood

In una sola stagione il chitarrista dei Radiohead ha tirato fuori tre chicche: le musiche di Licorice Pizza (per il suo regista prefe Paul Thomas Anderson), quelle di Spencer di Larraín e lo score del Potere del cane. La candidatura è arrivata per quest’ultimo. E probabilmente arriverà pure l’Oscar (dopo la nomination nel 2017 per Il filo nascosto del “solito” PTA). Greenwood ha optato per un suono moderno rispetto a quello che ci si aspetterebbe da un film di frontiera: «La musica folk americana non sarebbe mai stata adatta a esprimere tutti i conflitti repressi e l’intelligenza oscura e rabbiosa del protagonista». D’altra parte, il lungometraggio stesso ha un tono insolito. E così Jonny ha veicolato la repressione emotiva del personaggio di Cumberbatch attraverso la colonna sonora: «Ho imparato a suonare il violoncello come un banjo», ricorda Greenwood. «E il corno francese è stato importante per trasmettere in modo sonoro il tumulto interiore dei vari personaggi, per incarnare tutte quelle emozioni bloccate». Potrebbe essere davvero la volta buona.

Le migliori canzoni originali

Be Alive (Dixson, Beyoncé Knowles-Carter) – Una famiglia vincente – King Richard

Una relazione complicata, quella tra Queen Bey e l’Academy. Nel 2007 la sua performance in Dreamgirls non le fece ottenere l’attesa nomination come attrice, e la pur amatissima canzone originale Listen (in ogni caso non composta da lei) fu candidata ma non vinse la statuetta (i giurati le preferirono I Need to Wake Up di Melissa Etheridge, dal documentario ambientalista di Al Gore Una scomoda verità). Due anni fa, invece, Spirit (scritta per la nuova versione del Re leone) non arrivò nemmeno in cinquina. Be Alive è dunque tecnicamente la prima nomination agli Oscar per Beyoncé. Il pezzo composto per la parabola delle “amiche” Venus e Serena Williams è notevole, ma anche stavolta si teme che Mrs. Carter non ce la farà: c’è una certa Billie Eilish in gara (vedi più avanti)…

Dos oruguitas (Lin-Manuel Miranda) – Encanto

Il brano Disney più “streamato” nella storia di Spotify e affini è We Don’t Talk About Bruno, puro Latin pop scritto da Lin-Manuel Miranda per Encanto che è riuscito a battere persino l’imbattibile Let It Go di Frozen. Una sorpresa per tutti, forse anche per i produttori; che avevano già stabilito che il brano da mandare agli Oscar sarebbe stato la più classica ballata sentimentale Dos oruguitas. C’è arrivato, e merita il posto nella cinquina: sempre firmata dall’autore di Hamilton e In the Heights, è una ballata romantica con sottofondo di chitarra spagnola che ha però molto meno appeal di Bruno, che impazza su TikTok e social assortiti. La Disney ha si è fatta davvero un clamoroso autogol, e per questo sarà punita: di sicuro niente Oscar, a questo giro.

Down to Joy (Van Morrison) – Belfast

Il veterano del blues rock nato a Belfast 76 anni fa conquista la sua prima nomination agli Oscar con un film che si intitola… Belfast. È già tutto perfetto così: ottima l’intuizione del regista e sceneggiatore Kenneth Branagh di coinvolgere proprio l’autore di Astral Weeks e Moondance per impreziosire musicalmente la sua acclamatissima “autofiction”. Non solo per questa canzone, ma anche in tutta la colonna sonora, in cui riverberano il suo sassofono e la sua chitarra elettrica, ormai diventati marchio di fabbrica. Un Van Morrison in purezza, così come il brano Down to Joy, ciliegina sull’Irish coffee (pardon) di questo piccolo grande film.

No Time to Die (Billie Eilish, Finneas O’Connell) – No Time to Die

L’Academy ha un debole per le Bond Song, lo sappiamo (dopotutto lo abbiamo anche noi). Ma è un amore tardivo, nato negli ultimi anni. Dopo tanti capolavori lasciati senza premio, la prima a vincere è stata Skyfall di Adele, seguita dalla ben più scarsa Writing’s on the Wall di Sam Smith (contenuta nel successivo Spectre). Billie Eilish potrebbe mettere a segno il triplete per lo 007 dell’era Craig con la title track di No Time to Die, scritta come di consueto insieme al fratello Finneas. Una ballad classicamente bondiana, ma anche 100% eilishiana. È la favorita, e difatti vincerà.

Somehow You Do (Diane Warren) – Quattro buone giornate

Già candidata all’Oscar 12 volte (!), Diane Warren è reduce dalla sconfitta, lo scorso anno, con Io sì (Seen), scritta con Laura Pausini per La vita davanti a sé. Ora è di nuovo nominata per questo classicone cantato dall’icona country Reba McEntire e scritto per il dramma starring Glenn Close, madre coraggio alle prese con la tossicodipendenza della figlia (Mila Kunis). Praticamente nessuno ha visto il film: uno dei tanti motivi per essere sicuri che la statuetta non arriverà nemmeno stavolta.

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