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Agli Oscar, si sa, a un certo punto le statuette si vincono perché “è arrivato il suo turno”. E se tra gli uomini sembra finalmente quello di Will Smith, tra le signore pare sia la volta buona per Jessica Chastain. Solo due nomination alle spalle (per The Help e Zero Dark Thirty), ma il patentino di “migliore della sua generazione” (o poco ci manca). E il ruolo nel biopic Gli occhi Tammy Faye – non riuscitissimo, ma tutto retto sulle sue spalle – è fatto per strappare premi. Speech!
All’annuncio “Nicole Kidman farà Lucille Ball”, Twitter, tanto per cambiare, è insorto. Poi lei, da attrice enorme qual è, ha rimesso tutti gli indignados al loro posto. Non è questione di fare un Tale e quale show, se sei la più grande di tutte. La somiglianza con l’originale peraltro eccome se c’è, ma il punto non è questo: nelle mani di Sorkin, la diva diventa il parametro di tutte le dive. Che hanno lottato (e lottano) per imporsi nell’industria. Una performance di classe assoluta: forse fin troppo sophisticated per strappare un (secondo) Oscar.
Foto: Glen Wilson/Prime Video
La candidatura è arrivata alla settima (!) collaborazione con il suo Pedro, per una storia parallela di due madri che però in realtà riguarda anche la Spagna intera. C’è Penélope che fa la fotografa, si chiama Janis (in onore di Joplin) e indossa una maglietta (Dior) con la scritta “We Should All Be Feminists”. Ed è sempre più Sophia (Loren) nell’intenzione e nell’attitude. Forse non sarà la volta buona, ma anche stavolta è meritatissima.
Quando è arrivata la notizia che Kristen Stewart avrebbe “osato” interpretare Lady D, era appena andata in onda la quarta stagione di The Crown, dove una clamorosa Emma Corrin centrava la principessa del popolo come mai nessuna prima d’ora (ci aveva provato anche Naomi Watts, risultato: anche no). Nella fiaba quasi horror by Pablo Larraín, Kristen è una Diana sfuggente, un’icona perfetta per questa sorta di (falso) biopic. E così Stewart si è guadagnata una nomination. Che non era per nulla scontata.
Un film un tantino sopravvalutato, l’opera prima di Maggie Gyllenhaal. Così come, detto con tutto il bene che le vogliamo, la performance della sua protagonista. Che, semplicemente, non sembra del tutto in parte. Già Elena Ferrante trasferita dall’Italia alla Grecia (ma piena di inglesi e americani) non funziona, ma stona pure la presenza un po’ fuori posto di Colman. E poco credibile è anche il confronto con la se stessa più giovane Jessie Buckley (candidata tra le supporting). Ma l’Academy ama Olivia: potrebbe essere la vincitrice a sorpresa che spariglia tutto.
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