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7 film che aiutano a capire l’Afghanistan

E il ruolo degli USA a Kabul. Ovvio che non bastano pochi titoli per riconsegnare la complessità delle storie e della Storia. Ma ci sono stati autori , da Mohsen Makhmalbaf a Kathryn Bigelow , che hanno saputo raccontare questo Paese senza pace

Foto: Netflix

Viaggio a Kandahar (2001) di Mohsen Makhmalbaf

Tra i nomi più noti del cinema iraniano, con Viaggio a Kandahar, ambientato in Afghanistan, Mohsen Makhmalbaf firma il suo film forse più noto in Occidente. Che sembra il tragico specchio di quello che sta accadendo ora. Nafas è una donna afgana rifugiata in Canada, dove è diventata una nota giornalista. Il ritorno in patria è per salvare la sorella, che ha deciso di porre fine alla sua vita dopo che i talebani hanno preso il controllo del Paese. E condannato le donne per sempre. In concorso a Cannes pochi mesi prima dell’11 settembre: un film tristemente profetico, allora come adesso.

Alle cinque della sera (2003) di Samira Makhmalbaf

Samira Makhmalbaf riceve il testimone dal padre Mohsen e narra quello che è successo dopo la (prima) caduta del regime talebano. Con la speranza di chi voleva credere in un futuro migliore. Al centro del suo film, Premio della giuria a Cannes, c’è la storia della giovane Noqreh, che, crollata la dittatura, si libera finalmente dal burqa, torna a scuola e sogna di potersi affermare come donna e professionista, cosa che prima le era del tutto negata. Suo padre resta il simbolo di chi, invece, non vuole cambiare. E che vede Kabul come una città del peccato.

Il cacciatore di aquiloni (2007) di Marc Forster (on demand su Chili)

Dal bestseller di Khaled Hosseini, un adattamento fin troppo illustrativo (dirige il mestierante Marc Forster) che però ha emozionato una grande platea. Portandola a conoscenza di un popolo ancora sommerso agli occhi di molti. Attraverso la vicenda di due ragazzini, compagni di gioco nonostante le diverse classi sociali e poi divisi dalla Storia (soprattutto, dall’invasione dell’URSS in Afghanistan nel 1979), romanzo e film tratteggiano un coming of age fatto di grandi ingiustizie umane e quotidiane, spesso (purtroppo) inghiottite dalla memoria.

La guerra di Charlie Wilson (2007) di Mike Nichols (su Prime Video)

L’Afghanistan visto attraverso i pasticci di politica estera statunitensi: su questo si gioca l’ultimo film del grande Mike Nichols (su copione dell’altrettanto grande Aaron Sorkin). Charlie Wilson (Tom Hanks) è un imprenditore texano che “scende in campo”. E manipola Congresso e CIA per promuovere una serie di operazioni segrete a sfavore dei sovietici in Afghanistan, addestrando i ribelli nella guerriglia. Che però in alcuni casi, molti anni più tardi, diventeranno talebani al seguito di Osama Bin Laden… Un riassunto spietato e durissimo, nonostante il tono da commedia. E con un cast stratosferico: ci sono anche Julia Roberts e Philip Seymour Hoffman.

Zero Dark Thirty (2012) di Kathryn Bigelow (su Prime Video)

Dopo l’Iraq di The Hurt Locker, che le è valso l’Oscar come miglior regista (il primo assegnato a una donna), Kathryn Bigelow e lo sceneggiatore (e compagno) Mark Boal passano all’Afghanistan. Raccontando, attraverso la parabola umana e professionale dell’ufficiale della CIA Maya Harris (Jessica Chastain), la missione di cattura di Osama Bin Laden, nemico pubblico numero 1 d’America. Ma lo sguardo non è (solo) patriottico: c’è dietro anche una lucidissima critica nei confronti della gestione americana del conflitto.

Sotto il burqa – The Breadwinner (2017) di Nora Twomey (su Netflix)

Candidato all’Oscar, prodotto da Angelina Jolie e noto anche come I racconti di Parvana, più che un semplice film d’animazione per ragazzi quello di Nora Twomey è un documento che, alla luce di ciò che sta accadendo ora, ha valore altissimo. L’undicenne Parvana cresce sotto il regime dei talebani. Quando suo padre viene ingiustamente arrestato, la ragazzina si traveste da maschio per poter lavorare e mantenere la sua famiglia. Attraverso le storie che le raccontava proprio suo padre, cercherà di scoprire se sia ancora vivo. Un piccolo grande capolavoro, dalla parte delle bambine.

War Machine (2017) di David Michôd (su Netflix)

Non certo un grande war movie. Né una delle performance più memorabili di Brad Pitt, per quanto molto simpatico e autoironico. Ma un’opera grottesca che sa riconsegnare a suo modo molto bene gli errori commessi dagli USA su suolo afgano. «Siamo qui per costruire, proteggere, appoggiare la popolazione civile», dice il generale McMahon. Che arriva in Afghanistan acclamato come una rockstar e poi viene smascherato, nei suoi misfatti di gestione sul campo, dalla stampa. Tra storia vera e parodia, l’australiano David Michôd ha comunque l’occhio clinico e cinico adatto. Prodotto da Netflix, nel cast anche Tilda Swinton e Ben Kingsley.

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