Rolling Stone Italia

4 buoni motivi per vedere ‘7 donne e un mistero’

L’adattamento intelligente, il super cast, l’Ornella (il cognome non serve). E, soprattutto, l’assenza di messaggio: una commedia al femminile fatta solo per divertirsi, che sollievo

Foto: Loris Zambelli

L’adattamento intelligente

Da noi ci avevano già provato a teatro (starring, tra le altre, Anna Galiena e Debora Caprioglio: stracultissimo!), a rifare l’8 donne e un mistero originale di François Ozon (uscito nel 2002). Ora arriva il cinema, che della musical-comedy di partenza perde una donna (per ragioni di ricerca Google?) e le canzoni (peccato), ma mantiene intatto lo spirito. Ovvero: il giallorosa al femminile in stile Agatha Christie che però è solo un pretesto. L’omicidio del capofamiglia che fa di tutte le donne che gli ruotano attorno delle possibili sospettate serve infatti a raccontare i soliti segreti e le bugie chiusi (malamente) nei cassetti della villa in cui tutto accade. A rendere la “traduzione” giocosa e gioiosa ci pensano il regista Alessandro Genovesi, specialista in queste Kammer-commedie (vedi Soap opera), e la co-sceneggiatrice Lisa Nur Sultan, da Sulla mia pelle a questo copione ben diverso (ma altrettanto ben calibrato).

Il cast

Micaela Ramazzotti è Veronica. Foto: Loris Zambelli

Basterebbe leggere i nomi sulla locandina: Margherita Buy, Micaela Ramazzotti, Sabrina Impacciatore, Luisa Ranieri, Diana Del Bufalo, Benedetta Porcaroli, più… Ornella Vanoni. Poi ci si mette la bella direzione del regista, e l’utilizzo in stile “casting against type” (o quasi). I casi più eclatanti, in questo senso, sono Ramazzotti in (riuscitissima) versione sophisticated e Diana Del Bufalo, usata “in sottrazione” rispetto ai soliti exploit comici. Ma anche tutte le altre sono una certezza: Buy perfetta borghese repressa, Porcaroli che è davvero la migliore star della sua generazione, Impacciatore equilibrista sempre struggente e brillante insieme, Ranieri quasi uno spin-off sensuale della già sensualissima zia Patrizia di È stata la mano di Dio. Loro – si vede – si divertono moltissimo: e pure noi.

Ornella

Ornella Vanoni. Foto: Loris Zambelli

L’Ornella merita un capitolo a sé. Ci è? Ci fa? È la Vanoni, e basta. E, nel ruolo della nonna (in originale era l’attrice e cantante gloria di Francia Danielle Darrieux), è semplicemente perfetta. In un anno di (meritatissimo) super lavoro – ma come fa? Noi ci stanchiamo per molto meno – l’Ornella ci piazza anche un film che vale come divertissement “presso sé stessa”: la vecchietta mai doma che sta sulla sedia a rotelle e vuole solo sbevazzare (meglio se Negroni) è un ruolo che riveste con la classe di chi ha calcato il palcoscenico con Strehler. Ma anche con lo scazzo di chi non ha più niente da dimostrare: «Che palle!», sospira ogni due per tre. Forse sul set si annoiava davvero: ed è giustissimo così.

Lo spirito di (puro) intrattenimento

Il gruppo di protagoniste. Foto: Loris Zambelli

Sì, alla fine il messaggio di empowerment c’è. Ma è una piccola nota, quasi sussurrata, a fronte di un film che dimostra una possibilità senza mai strombazzarla: fare un film su e con le donne privo di tesi o “dibattito”, ma solo con la voglia di intrattenere, divertire, giocare. E dando un’altra conferma: in Italia le signore (in tutti i sensi) attrici ci sono, basta volerle far lavorare. Ora servirebbe solo un soggetto originale: ma anche Donne di Cukor rifatto a Cinecittà in fondo in fondo non ci andrebbe male…

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