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Black Lives Matter: oggi come ieri. Mentre la (giustissima) protesta non si placa, ripercorriamo gli ultimi dieci anni di cinema e tv sul tema. Cominciando dall’autore afroamericano per eccellenza: Spike Lee. Che con BlacKkKlansman è tornato a fare Spike Lee. Mettendo in scena una tragicommedia dell’assurdo, o forse tristemente no: la storia (vera) del detective Ron Stallworth (John David Washington, figlio di) che si finge bianco per indagare tra le pieghe/piaghe del Ku Klux Klan è un colpo nello stomaco. Dopo capolavori sul tema come Fa’ la cosa giusta e Malcolm X, Spike il barricadero vince finalmente il suo primo Oscar (per la sceneggiatura non originale). La cosa giusta, davvero.
La nuova ondata di film che riflettono sulla questione razziale negli USA è simbolicamente aperta dall’opera prima di uno dei nomi che avrebbero maggiormente influenzato (e cambiato) la Hollywood a venire. Cioè Ryan Coogler, futuro regista di Creed e (soprattutto) Black Panther. Che per il suo esordio ripercorre, in maniera quasi documentaristica, la vera storia di Oscar Grant (Michael B. Jordan), ucciso dalla polizia nella notte di capodanno del 2009 nonostante fosse disarmato. La pietra era posta.
Ava DuVernay, già autrice del biopic di Martin Luther King Selma – La strada per la libertà e futura regista della miniserie When They See Us (vedi più avanti), piazza tra un film di finzione (si fa per dire) e l’altro questo potentissimo documentario, da noi disponibile su Netflix. Ovvero il duro atto d’accusa contro il sistema giudiziario statunitense, che ha trasformato gli afroamericani da schiavi a (molto spesso) colpevoli senza appello. Meritata candidatura agli Oscar 2017.
La serie che ha cambiato per sempre, dall’interno, il ritratto del “ghetto” afroamericano. Il rapper Childish Gambino torna ad essere, semplicemente, Donald Glover. E illustra, con perfetta adesione alla realtà, il (bi)sogno di riscatto di due cugini che vogliono sfondare nell’hip hop. La questione razziale, ovviamente, non resta sullo sfondo. Un capolavoro della tv contemporanea, giustamente premiato con due Emmy e due Golden Globe.
Se c’è uno scrittore che ha affrontato ante-litteram la questione “black lives matter”, quello è James Baldwin. Storico attivista per i diritti degli afroamericani (e degli omosessuali), è il protagonista di questo falso-biopic, che in realtà ripercorre il suo ultimo saggio (Remember This House, scritto alla fine degli anni ’70 ma uscito dopo la morte dell’autore nel 1987) dedicato a illustri compagni di lotta come Martin Luther King e Malcolm X. Il film di oggi usa la Storia di ieri per dirci che nulla, purtroppo, è cambiato. Nomination agli Oscar 2017.
Starr (Amandla Stenberg) è una sedicenne afroamericana che vive in un quartiere “per neri” ma frequenta una scuola privata popolata perlopiù da ragazzi bianchi. Il clash culturale ed esistenziale esplode quando si ritrova testimone dell’omicidio (ingiusto) dell’amico Khalil, freddato dai poliziotti. Dal bestseller di Angie Thomas, un film che sposta nell’universo teen il dramma che infiamma le cronache dei “grandi”. E che per questo risulta ancora più disturbante e importante.
Dopo il militante (ma in chiave gay) Moonlight, Barry Jenkins torna a un vecchio romanzo di James Baldwin (ancora lui) per narrare una storia che pare immutata, nonostante siano passati quasi cinquant’anni. Tish e Fonny si amano, ma lui viene ingiustamente accusato dello stupro di una ragazza bianca: e tutto crolla. Morale: da love story ad alto tasso di retorica, anche questo diventa un film combattente. Premio Oscar alla non protagonista Regina King, “suocera coraggio” che prova (invano) a fare giustizia.
Dal documentario XIII emendamento, profondamente ancorato ai fatti realmente accaduti, Ava DuVernay passa all’adattamento “fiction” di uno dei casi di cronaca più vergognosi della recente Storia statunitense: la parabola dei cinque minorenni (quattro afroamericani e un ispanico) colpevoli secondo il tribunale di aver aggredito e violentato una ragazza bianca a Central Park nel 1989, e dunque condannati alle massime pene. Peccato fossero tutti innocenti. Una delle miniserie più acclamate e premiate degli ultimi anni: se ancora non l’avete vista, recuperatela su Netflix.
Altro film, altra storia incredibile ma (purtroppo) vera. Quella di Walter McMillian (Jamie Foxx), condannato alla pena di morte per l’assassinio di una diciottenne bianca. L’avvocato Bryan Stevenson (Michael B. Jordan) riuscirà a dimostrare che non è vero niente: dopo sei anni nel braccio della morte, il suo assistito è stato infatti rilasciato, in quanto non colpevole del reato. L’ultimo film sulla questione razziale negli USA è anche una delle pagine più scandalose della fine del secolo scorso. E si può vedere gratuitamente on demand.
Alan Moore è stato un pioniere nel decostruire le figure dei supereroi per metterli in relazione ai temi caldi del presente. E nell’adattamento della graphic novel di culto Damon Lindelof ne ha seguito lo spirito. Ma se nell’America di Reagan il pericolo era la guerra nucleare, in quella di Trump la minaccia è il suprematismo bianco, che Lindelof concretizza nel Settimo Cavalleria, un movimento in stile Ku Klux Klan (i cui membri indossano maschere ispirate a Rorschach) che la detective Angela Abar, o meglio Sister Night (interpretata dal premio Oscar Regina King) è impegnata a combattere. La serie ne ripercorre anche le origini, a partire dal massacro razziale di Tulsa del 1921, quando una massa totalmente fuori controllo di bianchi americani iniziò ad attaccare i residenti e le attività commerciali della comunità afroamericana in tutto il quartiere cittadino di Greenwood (soprannominato "Black Wall Street"").
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