The Forty-Year-Old Version di Radha Blank – su Netflix
Radha Blank è una commediografa «con ancora dodici spettacoli che devono vedere la luce», scherza. Intanto, è passata al cinema. Con un’opera prima leggera e appassionata su… sé stessa. Ma per nulla narcisistica. Il ritratto della finta/vera Radha è quello di una quasi quarantenne newyorkese che, viste le tribolazioni sul palcoscenico, decide di passare al rap. Ma è anche l’affresco della scena culturale di oggi, dell’America Black Lives Matter, dell’epoca dell’autorappresentazione. Certamente è troppo lungo (129 minuti!), ma ricorda l’urgenza fresca e feroce del primo Spike Lee. Non a caso, Blank era tra i volti di She’s Gotta Have It, la serie di Spike sempre “made in Netflix” che riprendeva il suo vecchio cult Lola Darling. Tutto torna.
La galleria dei cuori infranti di Natalie Krinsky – on demand
Le vedute di New York City, il mondo delle gallerie d’arte contemporanea, un’idea che basta a costruirci attorno un bel plot: mettere in mostra, letteralmente, i cuori spezzati. Ma finisce che la neo-piantata Lucy troverà l’amore in cui non sperava più. Altro esordio al femminile, scritto e diretto da Natalie Krinsky, e confezionato come si fa con le classiche rom-com: sai già tutto quello che succederà, ma è giusto così. Merito pure della buona chimica dei protagonisti: Geraldine Viswanathan, lanciata dall’invisibile Hala (su Apple TV+) e poi accanto a Hugh Jackman e Allison Janney in Bad Education, miglior film tv agli ultimi Emmy (da noi su Sky); e Dacre Montgomery, il fu Billy Hargrove di Stranger Things.
The Hater di Jan Komasa – su Netflix
Tenete d’occhio il cinema polacco. E, soprattutto, il suo giovane autore più acclamato sulla scena internazionale corrente: Jan Komasa. Dopo la nomination all’Oscar per il miglior film straniero con Corpus Christi (anche questo da recuperare on demand), Netflix gli ha messo gli occhi addosso e gli ha prodotto questa “operetta morale” aderentissima all’attualità. Tomasz (Maciej Musiałowski: che faccia), espulso dall’università, mette la sua intelligenza telematica al servizio di una società che fabbrica fake news e crea odio online. Ovviamente, tutto gli si ritorcerà contro. Ma non si vuole moralizzare niente e nessuno: è uno specchio (esasperato ma credibilissimo) del nostro tempo. Altro che The Social Dilemma: è questo il film da vedere sul cortocircuito tra reale e virtuale.
His House di Remi Weekes – su Netflix
Il dramma dei migranti “usato” come materiale per un horror? Ebbene sì, e nessuno si è scandalizzato. Perché Remi Weekes, anche lui al suo debutto, sa maneggiare il soggetto con cura e sapienza estreme. E, al tempo stesso, stabilire una grande empatia coi suoi personaggi. Ovvero Bol (Sope Dirisu) e Rial (Wunmi Mosaku, anche nel cast di Lovecraft Country), una coppia di profughi del Sudan a cui viene assegnato un alloggio nella periferia di Londra. Ma la casa è infestata da presenze maligne: o sono solo i fantasmi della terribile odissea che hanno alle spalle? Sceneggiatura da applausi, eccellenti protagonisti, e poi location, suoni, effetti impeccabili: tutti i crismi dell’orrore, ma con l’occhio lucidissimo alla cronaca di oggi. Su Rotten Tomatoes ha il 100% di consensi positivi. Ripetiamo: il 100%.
The Photograph – Gli scatti di mia madre di Stella Meghie – da noleggiare su Chili
Una commedia femminile, borghese, patinata (nel senso buono del termine) con due protagonisti afro. Dovrebbe essere una non-notizia: e invece, al giorno d’oggi, sorprende ancora. Vorremmo vedere più film come quello di Stella Meghie, dichiaratamente impacchettati come le love story che non si fanno più. E con una doppia trama furbetta: la storia degli amanti di oggi scorre in parallelo a quella della madre (fotografa) della protagonista, intrecciando proiezioni e suggestioni. In colonna sonora canzoni di H.E.R., Solange Knowles e Anderson .Paak, e attori che insieme sono forse la combo più sexy incrociata sullo schermo quest’anno: Issa Rae e Lakeith Stanfield.
Sound of Metal di Darius Marder – su Amazon Prime Video
Un batterista metal perde l’udito. Si scopre che è anche un ex alcolista. Finisce in una comunità di non udenti, in cui imparerà il linguaggio dei segni e si metterà al servizio degli altri. Letto così, sembra lo spunto perfetto per uno di quei drammoni pensati per andare a caccia di premi. Invece il film di Darius Marder (da un soggetto del Derek Cianfrance di Blue Valentine e Come un tuono) è un ritratto sensibile e per niente sensazionalista. Merito, appunto, della regia e della scrittura, che cercano sempre di togliere invece che aggiungere. Ma, soprattutto, dell’ottima prova di Riz Ahmed, già volto di The Night Of… che qui regge da solo due ore (forse un po’ troppe) di parabola esistenziale. E che a una statuetta potrebbe puntare davvero.
Time di Garrett Bradley – su Amazon Prime Video
Della riforma del sistema carcerario statunitense (e delle sue pene troppo severe, soprattutto nei confronti della popolazione afroamericana) si sta occupando pure Kim Kardashian. Il tema è caldissimo, e Garrett Bradley ne trae uno dei documentari più celebrati dell’ultimo anno, benedetto alla nascita dal riconoscimento ottenuto all’ultimo Sundance Film Festival. Al centro c’è la vera lotta di Sibil Fox Richardson, oggi imprenditrice nel ramo concessionarie d’auto, per la scarcerazione del marito, condannato a sessant’anni di carcere per una “semplice” rapina. La cronaca si mischia al toccante album di famiglia: ma quanti filmini casalinghi girano gli americani?
Uncle Frank – Zio Frank di Alan Ball – su Amazon Prime Video
Frank è lo zio che tutte le ragazzine di provincia vorrebbero. È bello, colto, elegante, vive a New York, insegna al college. È anche omosessuale, ma questo è il dettaglio che – nell’America Seventies in cui la storia è ambientata – viene tenuto sotto silenzio, quantomeno all’interno della famiglia. Il coming of age della nipote diciottenne Beth (la Sophia Lillis di It e I Am Not Okay with This) è anche la fotografia della comunità queer che all’epoca stava emergendo, ma che continuava a vivere socialmente in the closet. Scrive e dirige Alan Ball, già creatore dei cultissimi Six Feet Under e True Blood. Ma gli applausi sono tutti per il protagonista Paul Bettany, finalmente in un ruolo capace di mettere in risalto le sue doti spesso sottovalutate.
Waves – Le onde della vita di Trey Edward Shults – da noleggiare su Chili
In principio fu Terrence Malick. È sui set di The Tree of Life e Song to Song che si è fatto le ossa Trey Edward Shults, arrivato con questo titolo al suo terzo film. Lo stile impressionista di Waves ricorda, in effetti, quello del suo mentore, ma c’è uno sguardo personale e rabbioso nel racconto di Tyler (Kelvin Harrison Jr., visto di recente nell’Assistente della star e nel Processo ai Chicago 7), giovane atleta del liceo bello e amato a cui un terribile incidente cambierà la vita per sempre. Il protagonista è bravissimo, ma a rubargli la scena è il padre. Ovvero, il comprimario di lusso Sterling K. Brown, in una delle poche prove davvero rilevanti per il cinema dopo il boom televisivo con This Is Us.
Zeroville di James Franco – da noleggiare su Chili
Dopo il bellissimo e altrettanto meta-cinematografico The Disaster Artist (disponibile su Netflix), James Franco dirige e interpreta la sua personale versione di C’era una volta a… Hollywood. Los Angeles si trasforma in Zeroville, ovvero la città in cui l’ex seminarista Ike “Vikar” Jerome (lo stesso Franco) sbarca nel giorno esatto in cui Charles Manson e la sua setta compiono quei cinque famosissimi ed efferatissimi omicidi. Tanta ambizione (forse troppa), citazioni cult (Vikar ha tatuati sul cranio pelato i volti di Liz Taylor e Montgomery Clift), incursioni veneziane (con comparsata del vero direttore della Mostra Alberto Barbera) e supercast: Seth Rogen, Megan Fox, Will Ferrell, Joey King, Dave Franco, Jackie Weaver, Danny McBride, più un cammeo di Gus Van Sant. Vi basta?