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Realizzati e cuciti a mano, i quaderni di Nicoletta Deva Tortone sono come dei vocabolari quotidiani che custodiscono il suo universo attraverso una narrazione sognante. Sono quaderni da sfogliare e da indossare, per portarsi addosso fotografie, disegni e dipinti che ricompongono piccoli tasselli di gioia, tristezza, intimità, ricordo e memoria.
Nicoletta Deva Tortone ha avuto un percorso artistico e professionale intenso, a partire dagli esordi come fotografa di moda e teatro. Nel corso degli anni, si è progressivamente allontanata da questo mondo, interessandosi sempre di più all’aspetto intimo e personale del processo creativo.
La passione per la fotografia scoppia nei primi anni Settanta, quando realizza uno scatto che ritrae la sorella e il fidanzato di fronte a una scultura, in occasione della mostra di Henry Moore a Firenze, al Forte Belvedere. Da quel momento in avanti, la fotografia diventa il suo principale linguaggio d’espressione.
A fine anni Ottanta lascia definitivamente il mondo della moda e comincia a lavorare nei villaggi turistici del Club Med, sperimentando così il rapporto umano e diretto con le persone, elemento che la invoglia ancor di più a rivolgere l’attenzione su se stessa.
Nel 2002 arriva un momento di svolta: l’incontro con Michael Ackerman è illuminante e le dà il definitivo per cominciare a lavorare su se stessa e diventare il soggetto della sua fotografia.
È da questo punto di svolta che nascono le prime opere: quaderni e collage fotografici in cui, con un originale mix di linguaggi artistici, vengono affrontati i temi più intimi, nascosti e misteriosi della vita. Opere cucite a mano dove si raccontano la quotidianità, il passato e il presente, le maschere, il rapporto con il padre e con l’io.
Nicoletta spiega così il suo lavoro: «Le mie fotografie sono una performance: sono come un libro, ma al posto delle parole c’è pelle, voce, memoria, amore. Mi piace utilizzare le maschere perché le trovo uno strumento per essere sincera, per comunicare al mondo che io sono quello che vedi. Le mie maschere sono un ponte per staccarmi da me e raggiungere gli altri».
Le sue sono opere intime e introspettive, come i suoi quaderni fotografici: veri e propri diari che, attraverso autoscatti e scatti personali, raccontano la quotidianità, le emozioni, il dolore, il passato, il presente e in qualche modo anche il futuro dell’autrice.
Il lavoro di Nicoletta è stato studiato e apprezzato anche da Gerry Badger, uno dei più importanti curatori contemporanei, che ha voluto presentarlo agli studenti della NABA di Milano nel 2015.
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