Siamo stati nel museo d’arte digitale a Tokyo | Rolling Stone Italia
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Siamo stati nel museo d’arte digitale a Tokyo

Un museo in cui l’arte è in continua evoluzione e movimento, e ti fa sentire al centro di un videogame: è un vero spettacolo!

Siamo stati nel museo d’arte digitale a Tokyo

I giochi di luce in continuo movimento possono trasformare una persona in un’opera d’arte.

Per un turista, l’isola artificiale di Odayba è storicamente ricordata per un paio di attrazione. La prima è una classica ruota panoramica. La seconda è una statua a grandezza naturale di Gundam, pronta a dare vita a spettacoli di luci e suoni che attirano una discreta folla soprattutto nelle esibizioni serali. Questo, fino al 21 giugno 2018. In quella data ha infatti aperto il Tokyo MORI Building Digital Art Museum: teamLab Borderless, una struttura di oltre 10.000 metri quadrati in cui si miscelano animazioni, luci, colori e suoni per dare vita a un’esperienza unica nel suo genere.

Il museo digitale

Nove e mezzo del mattino. Mancano ancora trenta minuti all’apertura del museo, ma davanti all’ingresso si sono già formate due piccole code. Nella prima, sulla sinistra, tutte le persone che hanno acquistato un biglietto online. Nella seconda, sulla destra, chi spera di riuscire ad acquistarlo sul posto. Spera, perché succede spesso che i biglietti siano esauriti già in fase di prevendita. E allora, in questo caso, non resta che rinunciare. Ci accomodiamo nella colonna di sinistra e osservo. Di fronte a noi ci sono in tutto una trentina di persone che attendono in maniera ordinata. Malgrado il caldo torrido l’atmosfera è rilassata, e la gente chiacchiera tranquillamente con in sottofondo i rumori della città. La temperatura subisce un brusco calo una volta messo piede nell’edificio. Un classico, l’aria condizionata è un bene indispensabile (e presente in ogni luogo che si rispetti) in estate in Giappone. Mostrato il biglietto, esclusivamente in formato digitale, una serie di scritte introducono alla filosofia del museo d’arte digitale, ne indicano le regole ed elencano i comportamenti consentiti e quelli vietati. Una serie di informazioni precise e dettagliate, che però non sono in grado di preparare a quello che succederà una volta varcato l’ingresso. Dopo qualche passo nell’oscurità si viene catapultati in un mondo fatto di colori. Un mondo in cui le pareti e il pavimento compongono una gigantesca tela che non ha impresso su di sé sempre la medesima immagine, ma che è in continuo mutamento. Cullati da un tranquillo sottofondo musicale è facile perdersi nelle ampie sale che compongono la Flower Forest e sedersi ai piedi di quella che con il passare del tempo finirà per trasformarsi in una cascata “virtuale” per una sosta che potrebbe protrarsi anche per delle ore. Ma dopo qualche minuto è la curiosità ad avere il sopravvento, e a condurre alla ricerca di altro. Perché, ed è questa un’altra caratteristica interessante del Digital Art Museum, non esiste un percorso espositivo predefinito. La libertà di movimento è totale, ed è solo esplorando che si possono scoprire alcuni spazi. E, credeteci, ce ne sono davvero tanti…

L’utilizzo di specchi amplifica la sensazione di trovarsi in uno spazio enorme, circondati da centinaia di oggetti.

Effetti speciali

L’effetto wow si ripropone ambiente dopo ambiente tra giochi di specchi, labirinti, tappeti elastici e sale che ricordano il dance floor di una discoteca. Il senso di scoperta è costante, e ogni stanza presenta delle peculiarità che la rendono unica non solo nei confronti delle altre, ma anche di sé stessa. Già perché il concetto di mutazione continua porta ogni istante a essere diverso sia dal precedente che dal successivo. Certo, ci sono dei pattern base, ma è sufficiente che cambi la posizione delle persone per innescare effetti visivi e riflessi che non saranno più riproducibili nella stessa maniera. Un susseguirsi costante di luci e suoni a tratti delicato, a tratti più deciso, che deve essere accolto con totale libertà nella propria mente. Perché soffermarsi troppo a pensare, all’interno di una struttura del genere, è sbagliato. Bisogna lasciarsi trascinare dalle emozioni e dalle sensazioni. Bisogna cercare di cogliere l’attimo, farsi cullare dalla pioggia torrenziale che scorre lungo sottilissimi tubi di plastica o perdersi in quella che appare come una distesa infinita di lampade appese al soffitto. E poi via, “affrontando” enormi palloni che sembrano voler fermare la nostra avanzata. Oppure pronti a lanciarsi negli spazi interattivi, in un bosco in cui ogni tronco presenta appigli colorati che indicano il percorso che conduce all’uscita. E questo porta a entrare in contatto con un altro degli elementi distintivi del Digital Art Museum. Non è importante solo vedere, osservare, ascoltare. Ma lo è anche toccare. Anzi, in alcuni casi è fondamentale. Esistono sezioni in cui il contatto è un elemento cardine, e zone dedicate a tutta una serie di attività studiate per coinvolgere anche i più piccoli. Alcune esclusive per i bambini, altre invece in cui anche gli adulti possono divertirsi, come un’enorme sala da disegno in cui colorare stampe dedicate ai pesci circondati da pareti che riproducono un coloratissimo acquario.

– Ogni sala è accompagnata da un sottofondo musicale e da effetti sonori che contribuiscono a creare una precisa atmosfera.

Emozioni e sensazioni

Usciti dal museo e tornati a camminare in un caldo e assolato inizio di pomeriggio, abbiamo pensato con occhio distaccato a ciò che avevamo appena vissuto. E siamo giunti a un paio di conclusioni. La prima è che il lavoro svolto dagli artisti del teamLab Borderless è impressionante. Ogni ambiente è stato costruito valutando gli spazi a disposizione e studiando le soluzioni migliori per creare percorsi, situazioni e prospettive capaci di emozionare, stupire e coinvolgere. Un mix di colori e suoni che colpiscono negli occhi, nelle orecchie e nel cuore. La seconda è che, quando torneremo a Tokyo, il museo di arte digitale sarà una tappa obbligatoria. E che dovrebbe essere così per tutti. Proprio per tutti.

Alcuni spazi sono interattivi, e per riuscire a procedere bisogna spostare enormi ostacoli.

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