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Ha ancora senso l’E3?

I primi giorni della manifestazione losangelina sono stati così noiosi da farci rimpiangere i tempi dei peggiori vaporware della storia

Ha ancora senso l’E3?

Quanto avrei voluto essere esaltato come Keanu. E invece.

Se l’altro ieri avete seguito in diretta la conferenza di Microsoft da Los Angeles, ho più di una domanda da farvi. Voglio che siate sinceri però, non mentite. Parto con la prima: come avete fatto a rimanere svegli per un’ora e mezza? E ancora, se l’avete fatto, per quale motivo? Voglio dire, io ci lavoro con questa roba, ma voi che scusa avete? Ok, la sto mettendo giù più dura di quanto sia in realtà, ma ieri mentre Phil parlava mi sono reso conto di non essere nello stato mentale di chi sta partecipando a un roboante baraccone che segna il momento culmine della sua passione. Per la prima volta nella vita, davanti a una conferenza del E3 mi sono sentito al lavoro.

Non c’è più l’E3 di una volta

Qualcosa negli ultimi anni deve essere andato storto. Quando avevo ancora l’età per andare in giro in pantaloncini corti senza risultare ridicolo, il mese del E3 era quello dell’abbuffata. In casa mia entravano più o meno di soppiatto tutte le riviste pubblicate in quel mese (sembra incredibile oggi, ma qualche lustro fa l’angolo dei videogiochi era tra i più affollati in edicola). Leggevo ogni centimetro quadrato di quelli speciali. Ogni immagine veniva analizzata fino all’ultimo pixel sgranato. Persino le didascalie non sfuggivano alla più attenta delle indagini. Quella manciata di pagine sorreggeva le aspettative di un anno intero e spalancava varchi su prospettive inimmaginabili. Quei box, spesso di dimensioni microscopiche, regalavano colpi di scena inconcepibili anche solo il mese prima. Qualcosa per cui oggi pagherei oro. Anticipo le critiche: se la magia è finita buona parte della colpa dipende dalla mia età che non mi permette più di sfoggiare pantaloncini impunemente e dalla sciagurata idea di trasformare la passione in un lavoro. Il torto però non può essere tutto mio e se mi dite che l’altra sera vi siete divertiti state mentendo a voi stessi: nemmeno Phil Spencer aveva l’aria di uno che se la stava spassando. E ci credo: non c’è bisogno di riempire un teatro per mostrare un filmato di quattro tizi che parlano di una nuova console quando sarebbe bastato un nome, una foto o un teraflop sparato a caso per portarsi a casa tutta la fiera in un colpo solo.

È già il momento di smettere di apprezzare la carineria di Nakamura e iniziare a sottolinearne il talento.

L’E3 è morto, viva l’E3

Certo Microsoft, che pure ha tante altre qualità, ci ha messo del suo: perdere lo scontro diretto con un avversario che rimane a casa in ciabatte non è roba da tutti. Ma sfido chiunque a trovare più interessante lo show offerto da EA la sera prima o la PC Gaming Conference, uno spettacolo a cui davvero nessuno meriterebbe di assistere. L’atroce verità è che un E3 senza annunci clamorosi, bombe sganciate solo per gustarsi il boato del pubblico, annunci velleitari e prese per il culo della concorrenza non ha senso di esistere. Oggi che Microsoft mi propone una carrellata di anticipazioni di titoli in arrivo nel giro di mesi, con tanto di data d’uscita e disponibilità immediata sul Gamepass, rimpiango quel E3 2015 passato alla storia per le sparate di Sony. Quello di Shenmue III, presentato raccogliendo spicci tra il pubblico, The Last Guardian riemerso dalla naftalina e il remake di FF VVII, di cui OGGI è stata annunciata la data di uscita nel 2020. Quello che all’epoca avevo ribattezzato come l’E3 della fuffa. Ma ben venga la fuffa se l’alternativa è questa carrellata asettica di video in CGI e di rivelazioni da equilibrista, dove bisogna dire senza dire per evitare di finire in mezzo a una shitstorm o superati dalla concorrenza sulle frazioni di secondo necessarie a caricare un gioco che ucciderà di noia chiunque lo proverà.

Va bene il vaporware, ma rendere un gioco esclusiva Epic Store dopo aver raccolto fondi su Kickstarter forse è un po’ troppo.

L’Eletto venuto a salvarci

Mentre scrivo l’E3 è ancora incorso e sul palco Ubi un’orchestra sta suonando la colonna sonora di uno qualunque degli ultimi Assassin’s Creed, indistinguibili pad alla mano, figuriamoci ad orecchio. Siamo dunque a metà manifestazione, ma potrei mettere la mano sul fuoco che i momenti E3 destinati a entrare nel ricordo collettivo siano due e siano entrambi già alle nostre spalle. Il primo è senza dubbio un Keanu Reeves sopra le righe oltre ogni immaginazione che presenta un altro filmato in cui non si vede un fotogramma di giocato di Cyberpunk. La seconda è Ikumi Nakamura, la creative director di Tango Gameworks, che supera con brillantezza l’imbarazzo e la barriera linguistica. Niente male per gli annali, non fosse che dall’E3 che segna l’avvento della next gen avrei voluto portarmi a casa almeno un gioco di quelli su cui fantasticare per un anno. Prima dell’inevitabile rinvio della data d’uscita, almeno.

“Volete vedere la nuova console? Che ne dite invece di quattro programmatori che parlano per dieci minuti?”

 

 

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