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La classifica dei 15 migliori gelati confezionati di sempre

La madeleine estiva per eccellenza, che ci riporta alle vacanze dell’infanzia e adolescenza e che nel nostro immaginario vince comunque contro artigianalità e gastrofighettismo. Li abbiamo elencati quasi tutti, partendo dal Winner Taco al… no spoiler!

È un ricordo che abbiamo in molti: noi bimbetti al chiosco in spiaggia, gli occhioni sgranati davanti alla locandina dei gelati, lo sportello scorrevole del freezer a pozzo che si apriva come un forziere svelando un tesoro fatto non di dobloni ma di ghiaccioli, coppette, coni. Oggi, ben più che cresciuti, ci dichiariamo amanti del gelato artigianale, quello fatto senza le fantomatiche “polverine” ma con i pistacchi di Bronte che, oh!, arrivano proprio da Bronte. Snobbiamo i bar con la macchina per il “soft serve”, ice cream a grossi ciuffi che chissà quanta aria c’è dentro, e Grom che si è venduto alla grande industria ci è venuto in uggia.

Poi capita che al chiringuito chic au bord de mer sia esposta quella stessa locandina, magari più colorata, più pop, più terzo millennio, ma loro sono tutti lì: i gelati della nostra storia. Certo, alcuni marchi memorabili sono spariti (uno su tutti, Eldorado, quello dell’indimenticato Piedone alla fragola), ma i modelli di punta si chiamano ancora come venti, trenta anni fa e oltre: le multinazionali hanno fatto shopping accaparrandosi gli iconici brand di Algida (Unilever, che si è pappata anche Grom), di Motta e di Antica Gelateria del Corso (Froneri, in joint venture con Nestlé). Resta italiana solo Sammontana, col suo logo-smile disegnato nel 1980 da Milton Glaser, guru della grafica (suo, fra l’altro, il logotipo I love New York, recentemente rimaneggiato in nome dell’inclusività, ma questa è un’altra storia).

La locandina, dicevamo: l’effetto nostalgia è assicurato. E anche i gastrofighetti più fighetti finiscono per cedere alla tentazione del gelato industriale, madeleine che ci riporta alle vacanze della nostra infanzia e adolescenza. Prima di effettuare la scelta, non resta che interrogarci: qual è stato il più buono di sempre? Quale il più sopravvalutato? Quale il più dimenticabile? Ecco la nostra classifica dei quindici gelati da bar che scarteremo, leccheremo, succhieremo, morderemo anche quest’estate. Oppure no.

Non classificato: Winner Taco

Lo “snack all’ennesima potenza” (così recitava lo slogan) è fuori gara. Perché non esiste più – di nuovo! Di grandissimo successo dagli anni ’80 negli States, un decennio dopo da noi, aveva il pregio di mettere d’accordo i fan dei gelati biscotto con quelli dei coni, perché il taco era di cialda, farcita di gelato alla panna e caramello, ricoperta di cioccolato con granella di arachidi. Tolto dalla circolazione nei primi Duemila, ributtato nella mischia nel 2014 a furor di popolo (merito del sedicente gruppo Facebook “Ridateci il Winner Taco”), è nuovamente sparito dai radar qualche non meglio precisato anno fa. RIP.

15

Liuk

Letto così, forse non vi sovviene niente. Ma se invece dico: il ghiacciolo al limone con lo stecco di liquirizia? Sì, quello che cola sotto al sole d’agosto e, sulla strada per raggiungere le vostre mani e i vostri polsi, scioglie anche il bastoncino gommoso impiastricciandovi a tal punto che nemmeno leccando le dita riuscite a renderle meno appiccicose. Tocca correre a fare un bagno in mare.

14

Il Cocco

Racchiuso nel suo stesso guscio (così cita il claim), con quella pastiglia di cioccolato al centro che riporta il brand (per la cronaca, Antica Gelateria del Corso) scimmiottando le targhette delle migliori pasticcerie, è un classico dessert da pausa pranzo al bar sotto l’ufficio, sognando le ferie, o da pizzeria sul lungomare. Rivaleggia con suo cugino, il Limone, sorbetto accoccolato nella sua scorza. Meh.

13

Ghiaccioli

Alla cola e all’arancia, all’orzata e all’anice. Ci stanno tutti simpatici, pur non smuovendo vera passione. Forse, perché fanno ancora tanto oratorio. Per tacere delle versioni “contemporanee” (virgolette d’obbligo) e vagamente salutistiche: light, senza glutine, vitaminiche… Detto che un ghiacciolo standard si aggira intorno alle 50 calorie, che nella formula la farina non è contemplata e che le vitamine personalmente preferisco prenderle dalla frutta, ne avevamo bisogno?

12

Calippo

No, non è un semplice ghiacciolo. Ma un trampolino di lancio per piccoli momenti di notorietà. Lo è stato per Francesca Pascale ai tempi (era il 2006) di un trashissimo video pubblicitario realizzato per Telecafone, grottesco programma di TeleCapri. Qualche anno dopo è scattato il tormentone a Ostia Lido, protagoniste Debora e Romina, le adolescenti veraci di “un Calippo e ‘na bira”. Oggi una – come ha raccontato in un’intervista al Gazzettino – fa l’unghiarola, popolare per “onicotecnica”, l’altra la commessa a Termini. Vedi, alle volte, mangiare un ghiacciolo allusivo in pubblico?

11

Fiordifragola

Racchiude l’essenza del gelato confezionato. “Sposa la bontà del gelato alla dissetante leggerezza del ghiacciolo”, dicono sul sito di Algida. Non ci trovo alcunché da eccepire. La versione pro ai frutti esotici è il Solero, dove la copertura dovrebbe essere un sorbetto. Ma al netto del gusto (fragola di là, mango di qua) il concetto è quello lì: ghiaccio fuori, gelato dentro.

10 e 9

Cremino e Mottarello

Sono lo stesso gelato alla panna ricoperto dallo stesso guscio al cioccolato. Il bello, in entrambi i casi, è mordere la copertura sottile e croccante che fa letteralmente “crunch!”. Almeno per i pochi istanti prima di fondersi all’afa agostana. Pari sono, dunque, ma i nostalgici a Milano propenderanno più per il secondo, nato all’ombra della Madonnina nel 1950.

8

Coppa Rica

Panna. Variegata all’amarena. Che in foto pare il Monte Bianco: la vetta appuntita, sulle pareti scorrono lucidi rivoli di sciroppo, in cima troneggiano scintillanti frutti canditi. Poi, levi il coperchietto.

7

Coppa Oro

Panna. Variegata all’amarena. Che in foto pare il Monte Bianco: la vetta appuntita, sulle pareti scorrono lucidi rivoli di sciroppo, in cima troneggiano scintillanti frutti canditi. Poi, levi il coperchietto. Ma almeno le amarene sono Fabbri.

6

Nevelatte

Uno stecco solo panna e latte, oggi strillati come orgogliosamente italiani. Nessuna copertura a costringere la candida amalgama, dichiaratamente cremosa. Niente effetto crunchy, zero sorprese: chest’è. In anni di sovrabbondanza (di gusti, gusci, cuori) è il gelato da passeggio minimal, chic, vagamente snob. Perfetto a merenda.

5

Maxibon

È invecchiato meglio di Stefano Accorsi, testimonial a sua insaputa (nel senso che era ancora un signor nessuno) insieme all’altrettanto allora poco nota Cristiana Capotondi. E ha pure figliato: da una costola della ricetta classica (gelato tipo stracciatella, copertura di cioccolato, granella di nocciole, biscotto) sono nati un manipolo di figliolini tra cui il Waffle Blonde Caramel che potrebbe, forse, occupare lo spazio lasciato libero dal Winner Taco. Gli manca solo una cosa…

4

Cucciolone

…le barzellette! Quello che renderà sempre irresistibile il biscotto ripieno di gelato (nella versione Maxi ben tre gusti, che sono megl che uan e du) sono le freddure stampigliate sulla frolla al malto. E chissene se l’esterno è più umidiccio che croccante. E se, a furia di leccare tutto intorno, l’interno si scioglie e i due biscotti si spatasciano. L’unica cosa che ci interessa è godere, appena aperto l’incarto, di fini calembour come: “Perché leggere riscalda?” “Perché i libri hanno la copertina”.

3

Magnum

Ormai non è più solo un buon gelato ciccione sullo stecco ma una linea che conta 35 referenze, compresa la Bomboniera (ah! quando al cinema si poteva fumare… ops!) e le coppette. Diciamo che, nella vita, si può essere felici già accontentandosi del Classico e del Bianco. Poi, tra special edition e novità, frutti esotici, scagliette e granelle, ci si può sbizzarrire fino a settembre e oltre.

2

Cornetto

La retorica del “come eravamo” colpisce ancora. Spesso, a sentire il jingle “c’è un cuore di panna per noi” scende una lacrimuccia di commozione. In Algida hanno cercato di consolarci sviluppando – anche in questo caso – millemila cornetti: Super cuore croccante, Esagerato XXL, Chic’n’ball, Royal, limited edition e l’immancabile versione “senza” (lattosio e glutine). Ma noi restiamo fedeli all’originale: panna, cioccolato, nocciole, cialda e la punta del cono. Fregandocene delle inutili voci (“scientifiche”, ha scritto qualcuno) secondo cui non dovremmo mangiarla, la punta. Perché sarebbe molto calorica e conterrebbe grassi idrogenati (per evitare che il cioccolato si sciolga tenendo in mano il gelato): ma santiddio, due centimetri di roba poco salutare ci uccideranno?

1

Coppa del Nonno

La scrivente aspetta i buuu, i fischi e il lancio di pomodori. Ma chi stila la classifica ha diritto di scegliere le posizioni. E la Coppa del Nonno, per il mio modesto parere, è perfetta nella sua semplicità, dolce ma non stucchevole grazie all’amaro del caffè, sicuramente preferibile agli orridi espressi che potresti ordinare al bar del lido. La coppetta con il manichino da tazzina è iconica (tanto da essere copiata in vari tentativi di imitazione). Culturalmente, ha anticipato di tipo 70 anni (è nata nel 1955) la narrazione che vuole il bello e il buono provenire dai genitori dei nostri genitori. Viva il nonno e la sua coppa, dunque. Che magari non ti sveglia come una tazzulella, ma sei in vacanza, al mare. Puoi sempre schiacciare un sonnellino sotto l’ombrellone.

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