Primum, sabotare: per ricostruire la tradizione italiana, arriva Murra | Rolling Stone Italia
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Primum, sabotare: per ricostruire la tradizione italiana, arriva Murra

Inaugurato a Londra il nuovo progetto creato da Cultivar, che ha presentato il suo "Manifesto futurista": via la noia dalla tradizione culinaria dello Stivale, sì all'esperimento e alla contaminazione

Murra

Lo chef Nino Rossi del Qafiz, 1 Stella Michelin a Santa Cristina D’Aspromonte (RC). Courtesy of Murra

«La Murra è un gioco antico e modernissimo, anche violento in qualche modo, che sa di tradizione e di cambiamento continuo. Per questo siamo voluti partire da qui per questo progetto».

Spieghiamo nell’ordine. Prima di tutto, per chi non lo sapesse, cos’è la murra, o per la maggior parte d’Italia la morra, ovvero il gioco di indovinare la somma delle dita buttate da tutti i giocatori. Una cosa semplice, apparentemente, in realtà una sfida di abilità e psicologia, giocata sul filo di una qualità, anzi, un’abilità, non scontata: essere prevedibili, o no. Murra ne è l’accezione calabrese, e la Calabria è da dove viene Alberto Bloise, uno dei fondatori di Cultivar, agenzia di comunicazione specializzata nella creazione di strategie per il food & beverage. Sono sue le parole di cui sopra, parte di una conversazione avuta a Londra durante l’ultima sera di Murra, concept creato per portare in giro per l’Europa la nuova eccellenza gastronomica italiana. Quattro ristoranti, altrettante diverse filosofie in cucina, una serie di elementi comuni: la tradizione del territorio, le ricette tradizionali rivisitate, le materie prime, il desiderio di sperimentare ed essere sempre diversi, l’apertura verso una platea internazionale con cui confrontarsi senza timore ma anche senza preconcetti, in uno scambio continuo di informazioni, idee e sapori. Tenendo sempre a mente l’obiettivo: promuovere un modo diverso di essere italiani, in cucina e a tavola.

Di Murra è stato anche stilato un Manifesto, il cui quarto e ultimo punto recita: “Un nuovo rinascimento”. Ipse dixit: «Nello spirito della distruzione della Dolce Vita, annunciamo il rifiuto delle idee preconcette sull’Italia. L’urlo delle mani sia l’inno della nostra ribellione, la sinfonia del caso che risuona nei secoli». Dopo il chiaro di luna dannunziano, insomma, uccidiamo pure la lasagna e gli straccetti con la rucola. Bloise ce lo spiega meglio: «Vogliamo sottolineare un allontanamento, dall’Italia che tutti conoscono e che invece va ripensata in direzione del futuro».

E quindi Murra, il cui simbolo è, guarda caso, proprio un’Italia rovesciata, che più chiaro di così… Così si parte da Londra, crocevia tra Europa e America, the place to be, dove da sessant’anni e più tutto succede, per poi viaggiare nel mondo. La location, centralissima, è il Carousel di Charlotte Street, nella Soho meno turistica e più ricercata, ristorante che ha nel suo concept quello di ospitare continuamente nomi internazionali per offrire sempre qualcosa di nuovo alla sua clientela.

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Piermaria Trischitta di Røst, Milano. Courtesy of Murra

Ad aprire le danze, quattro chef a dividersi quattro mini “residenze” lungo tutto il mese di gennaio, anticipati da Piermaria Trischitta di Røst Milano, che ha “inaugurato” Murra con una preview speciale nella seconda settimana di settembre 2023, sempre al Carousel. Poi, sono cominciate le sessioni ufficiali. Comincia Nino Rossi del Qafiz di Santa Cristina d’Aspromonte con una cucina che unisce tradizione e sperimentazione, giustamente premiata da una Stella Michelin. Rossi, di Murra, è molto soddisfatto. «Il concept mi piace, soprattutto l’idea di unire quattro chef sotto un’unica insegna per un pop internazionale fa bene all’immagine della cucina creativa italiana all’estero». Gli fa eco Stefano Terigi, uno dei tre fautori del Giglio di Lucca, altro monostellato Michelin, che ci dice di essersi «trovato molto bene, ma al di là dell’esperienza londinese è il concetto di Murra che ci rappresenta molto. È solo l’inizio e ne sposiamo la filosofia alla grande».

Rossi, sul tavolo “murresco”, ha portato alcune delle specialità che si possono gustare al Qafiz. Tanto per gradire: antipasto di melone in salamoia con salsa di noci stagionate e tartufo bianco calabrese; tubettoni con salsa di fagioli di Pappaluni, astice, cipolla di Tropea, emulsione di alloro, ‘nduja e salsa di astice; ostrica con sottaceti, soppressata e spuma di patate e vaniglia. Un tripudio di menu che «non c’entra niente con quello degli altri, e questa cosa è una potenza», commenta, «perché i ragazzi del Giglio hanno un punto di vista, Luciano [Monosilio, un altro degli chef coinvolti, ndr] il suo, Retrobottega uno ancora diverso. Magari c’è stato qualche punto di contatto, l’animella per esempio, ma comunque trattata in maniera completamente diversa».

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I cuochi Benedetto Rullo, Lorenzo Stefanini e Stefano Terigi del Giglio, 1 Stella Michelin a Lucca. Courtesy of Murra

Questa è la grande forza di Murra: la diversità della creatività messa al servizio delle tradizioni regionali italiane con l’uso dei prodotti locali.

A proposito di Giglio, Terigi ha proposto alla clientela britannica un menu composto da ostriche alla griglia con salsa di pinoli, funghi e capelli d’angelo con condimento di olio alle erbe in brodo di alghe; spaghetti al Vin Jaune e Comté, ovvero la loro specialissima cacio e pepe, e per dessert una tarte au sucre di brioche calda appena sfornata, servita con zabaione e spuma di gianduia. Terigi si porta via da Murra, e dal Carousel, in particolare l’atmosfera, il ritmo, lo stile della ristorazione britannica. «Il nostro ristorante è in provincia, siamo molto vincolati, ma ogni vincolo, se sfruttato bene, diventa un’arma vincente. Però respirare un’aria così internazionale, così libera, è una figata, lo farei una volta al mese».

Il Luciano di cui sopra di cognome fa Monosilio, ma a Londra è ormai noto come King of Carbonara, ed è così che è stato lanciato da Murra per la sua residency al Carousel. Un’esperienza condita da una piacevole sorpresa per lo chef del ristorante che porta il suo nome nel cuore di Roma, a pochi passi da Campo de’ Fiori. «Molte delle persone avevano già assaggiato la mia carbonara a Roma, è stato bello vederli tornare apposta, è stata un’occasione per consolidare l’internazionalizzazione del ristorante e della mia cucina».

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Luciano Monosilio, il King della Carbonara. Courtesy of Murra

La carbonara di Monosilio, però, ha un problema: non è mai abbastanza. E per qualche settimana non è stata neanche a disposizione, «perché il ristorante è stato chiuso per ristrutturazione, abbiamo rifatto completamente la cucina». Motivo di più, dunque, per fargli una visita nella capitale del Regno Unito. Chi lo è andato a trovare a Londra ha potuto inoltre gustare il suo uovo in camicia con salsa verde di cime di rapa, insalata verde, crostini e sardina leggermente stagionata; animelle alla griglia con maionese alla ‘nduja, salsa di cavolfiore e pangrattato di cavolfiore; e, naturalmente, lei, la carbonara, rigorosamente con guanciale, tuorlo d’uovo, pecorino romano e pepe.

Sempre da Roma sono saliti nella perfida Albione anche la coppia che si nasconde nel Retrobottega, o meglio, dietro i fornelli del loro bellissimo locale a pochi passi da Via della Scrofa, in Via d’Ascanio, un gioiellino con tavoli comuni, cucina e cantina a vista, e soprattutto un menu dalle mille sfaccettature. Oltremanica, Alessandro Miocchi e Giuseppe Lo Iudice hanno portato alcuni dei loro cavalli di battaglia: risotto giallo con midollo affumicato infuso di zafferano e tarassaco; Saltimbocca alla romana scomposti, una cosa insensatamente buona per forma e sapore; panna cotta con aglio nero, nocciole e tartufo.

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Giuseppe Lo Iudice e Alessandro Miocchi di Retrobottega, Roma. Courtesy of Murra

Tutta al grido di sabotaggio, la loro filosofia. «Perché in cucina bisogna fare questo», ci hanno spiegato. «Sabotare è importante, non avere sicurezze, trasformare: è quello che facciamo sempre, altrimenti ci si annoia». Miocchi e Lo Iudice hanno ospitato lo scorso novembre lo chef del Carousel per una residenza a Retrobottega, ibridare la loro cucina con il viaggio evidentemente piace, ma la sede resterà lì, nel cuore di Roma. «L’idea di fare qualcosa all’estero ci sarebbe, ma ci sono anche le famiglie, e per ora stiamo fermi dove siamo». Anche perché, parlando di materia prima, molti generi a Londra non si trovano, e, se si trovano, non hanno lo stesso sapore. «Qualcosa lo abbiamo portato dall’Italia, ma il Carousel ha ottimi fornitori e, conoscendoci già, ci siamo assicurati di poter trovare tutto quello di cui avevamo bisogno». La serata di Retrobottega del 27 gennaio ha chiuso la prima Murra con un fully booked. Grande convivialità, ospiti che non sarebbero mai andati via, e alla fine via i tavoli per festeggiare.

Bloise, ora, guarda già al futuro. «Murra andrà in giro per l’Europa, abbiamo delle proposte, forse la prossima sarà a Parigi. Dovunque saremo, l’importante sarà portare il messaggio di una cultura, gastronomica ma non solo, e di un’Italia diversa, non più quella da cartolina a cui siamo attaccati, ma di un paese giovane, dinamico, aperto verso altre culture, che vuole imparare, contaminare ed essere contaminato». Se fosse questa la fotografia del nostro paese, be’, saremmo tutti più tranquilli.

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