Le case di micelio sono ancora lontane. Abitare con i funghi, invece, è realtà | Rolling Stone Italia
MIRACLE WORKER

Le case di micelio sono ancora lontane. Abitare con i funghi, invece, è realtà

Abbiamo chiesto a Stefano Babbini, CEO dell’italiana Mogu, che cosa voglia dire fare innovazione con i funghi (anzi, con il micelio). E se è vero che presto abiteremo tutti in case fatte di fungo. Spoiler: sni

Le case di micelio sono ancora lontane. Abitare con i funghi, invece, è realtà

Credits: Mogu

Per fare un tavolo ci vuole il legno, per fare il legno ci vuole l’albero, per fare tutto ci vuole un fiore. La canzone la conosciamo a memoria, ma presto potrebbe aver bisogno di un aggiornamento, perché quei “fiori” finali potrebbero trasformarsi in funghi. Per fare tutto ci vuole un fungo? Non suona giusta come frase, eppure ormai ne abbiamo viste, di meraviglie. Stella McCartney ha presentato creazioni in non-pelle di micelio, ovvero radici di fungo. Con lo stesso materiale altri hanno costruito cover per iPhone, Adidas ci ha fatto delle scarpe iconiche. Lo studio di architettura The Living, invece, ha giocato con il micelio in forma di mattone, costruendoci una torre di circa dodici metri proprio di fianco al MoMA. E tanti altri, stanno puntano sul micelio per sostituire la pelle animale usata dall’industria dell’abbigliamento. Anche in Italia c’è vita. Per esempio con SQIM, casa-madre di due brand con al centro all things funghi & micelio, Mogu ed Ephea, attivi nell’interior design e nella moda rispettivamente. Non per nulla il loro motto recita: Mycelium Unbound. Micelio liberato, micelio scatenato.

Stefano Babbini è ingegnere ambientale e imprenditore, CEO e Co-Founder di SQIM e CEO di Mogu. Nata nel 2015 a seguito dell’incontro con Maurizio Montalti e della sua expertise nell’utilizzo artistico di materiali vivi (non calcestruzzo, per intenderci), Mogu è una design company che parla di natura prima che di prodotti. Lo dice bene il loro “manifesto”: Radical By Nature, bel gioco di parole che, incidentalmente, dice anche tutto dell’azienda. Perché l’essere radicali, cioè occuparsi di radici, è tutto, quando si parla di micelio.

Credits: Mogu

Babbini ci presenta Mogu, che «nasce per unire il concetto di design a quello di bioeconomia circolare, ovvero un’economia che preveda, nel suo processo, il riutilizzo degli scarti, e che utilizzi materie vive in biofabbricazione. In sintesi significa costruire qualcosa con elementi naturali, e addirittura, nel nostro caso, con microrganismi che riescono a digerire e trasformare scarti e residui di altri processi industriali. I funghi, per l’appunto».

I risultati sono pannelli fonoassorbenti ottenuti unendo micelio (che una volta cresciuto assume la consistenza di una schiuma) con scarti dell’industria tessile come canapa e fibre di cotone. Dato che sempre di design si tratta, Mogu offre i propri pannelli in diverse forme, colorazioni, e moduli, così da poter sia ricoprirne un’intera parete che decidere di dedicare solo una sezione. E poi ci sono innovative piastrelle, assemblate con resina e scarti recuperati in ottica di circolarità come fondi di caffè e gusci di ostriche.

In questi casi, il micelio svolge la funzione di collante naturale. Inserendolo nel contesto di altre fibre organiche, provenienti per esempio dall’agroalimentare o appunto dal tessile (in Mogu sono rigorosamente scarti recuperati), il micelio le digerisce parzialmente, si riproduce e, crescendo, lega tutte le parti insieme, dando vita a un materiale nuovo. La resina bio-poliuretanica che riveste le piastrelle Mogu, per esempio, è sviluppata con contenuti bio-based, rinnovabili e riciclati fino al 70% della formulazione.

Credits: Mogu

«Il maggior punto di forza del micelio è la sua versatilità, sia tecnica che estetica. Inoltre si produce a costi competitivi, ed è facile da lavorare, personalizzare, applicare e, soprattutto, riciclare una volta giunto al termine del suo ciclo di vita. Basti pensare che siamo noi i primi a riutilizzare micelio “vecchio” come componente di nuovi prodotti».

Mogu fabbrica con micelio inerte, pensate a tanti mattoncini Lego fatti di fungo e non plastica. Altri, invece, si stanno applicando sulle proprietà del micelio ancora vivo, che è, sotto molti aspetti, un miracle worker. Secondo un articolo apparso su Horizon, la rivista per la Ricerca e l’Innovazione dell’Unione Europea, il micelio vivo gode infatti di proprietà auto-riparanti e rigenerative. Addio crepe, dunque, bordi scheggiati o piccole fratture interne. Inoltre, fabbricare con micelio attivo permetterebbe, in via teorica, di sfruttarne le proprietà di rete (come funziona il micelio ve lo abbiamo spiegato qui). Infatti «il micelio riesce a elaborare informazioni attraverso stimoli elettrici che lo attraversano e cambiano nel tempo e a seconda della sollecitazione, in modo molto simile a quello del cervello umano». L’idea, promettente soprattutto nel campo delle costruzioni, è che, fabbricando edifici con micelio vivo, «la rete del micelio possa comunicare con l’ambiente circostante e rispondere agli stimoli autonomamente». Un esempio? Attivare il ricircolo automatico dell’aria quando la concentrazione di anidride carbonica in un stanza superi certi livelli. Altro che domotica, altro che smart home.

Credits: Mogu

Continua Babbini: «È ancora presto per dire se abiteremo davvero in case fatte di funghi. Di sicuro non saranno fatte esclusivamente di funghi. Ogni materiale ha le sue proprietà, e sostituire il mattone, almeno nel corto raggio, sarà impossibile. Vero è però che i funghi aprono un numero incalcolabile di porte alla ricerca scientifica. Sappiamo ancora così poco di come funziona il micelio, e le possibilità si moltiplicheranno strada facendo. Già una decina di anni fa Steve Jobs diceva che la prossima rivoluzione industriale sarebbe stata quella della biotecnologie. Osservando l’attenzione aumentata anche solo sui funghi, stiamo cominciando a intuire che ci aveva visto lungo».

Vie infinite e ramificate, quelle del micelio, proprio come la sua conformazione sotterranea. Tanto che la NASA ha cominciato a parlare di potenziali applicazioni spaziali per i funghi. Per ora, però, Babbini e il suo team rimangono con i piedi saldamente ancorati al suolo terrestre. «La nostra, se vogliamo, è un’idea molto trendy, o anche facile da far capire sia agli investitori che al grande pubblico. Soprattutto perché, appunto, lavoriamo in ottica circolare, e la sensibilità su questo tema è sempre più radicata e diffusa. La parte difficile arriva dopo, quando devi tenere tutto insieme e farlo stare in piedi dal punto di vista economico. Stiamo parlando di una filiera nuova, che al momento dominiamo interamente e con pochissime esternalizzazioni. Facciamo tutto in casa: ricerca, riproduzione dei ceppi-madre di micelio, progettazione, prima produzione. Al momento Mogu è un processo completamente in-house».

Ed è completato, all’interno di SQIM, da Ephea, che prevede la coltivazione del micelio in grandi stampi per ottenere la non-pelle di fungo. Dell’anno scorso la collaborazione con Balenciaga, che ha portato alla creazione di un cappotto “cucito” con il materiale di Ephea. Stefano Babbini promette già ulteriori, gustose novità in arrivo. Anche se no, non potrete addentare la manica del vostro nuovo trench lucidissimo per sopperire a un attacco di fame. Nel mentre la ricerca va avanti, grazie anche alla partecipazione di Mogu a Fungal Architectures (Fungar), progetto europeo di ricerca multidisciplinare nato per sviluppare un “substrato vivente di micelio, strutturale e computazionale, completamente integrato, da usare a fini architettonici”. Allora forse, come abbiamo detto, un giorno le nostre case si decomporranno, le cambieremo velocemente, impareremo a viaggiare rapidi e diffusi come il micelio. Chissà che, questa volta, non ci scappi che impariamo qualcosa.

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