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Fine fame mai: tutto il cibo che desideriamo in 12 canzoni internazionali

Una playlist che è letteralmente e metaforicamente da mangiare, i cui protagonisti sono caramelle, cocomeri, pesche, tartufi al cioccolato, vino rosso, pollo fritto, cognac, panini e tanto altro. Con buona pace del nostro stomaco

Foto: Columbia Records

Che noia che barba, che barba che noia la prova costume. Ma per fortuna non tutti, d’estate, si fissano con il diventare androgini scultorei che neanche Amanda Lear ai tempi d’oro. No: alcuni (come noi) si ostinano a portare avanti le loro passioni anche sotto l’ombrellone, durante il mese per eccellenza di chiusura generalizzata dei ristoranti senza vista mare. Stiamo parlando ovviamente dell’ossessione per il cibo e il ruolo che esso riveste non solo nel nostro stomaco, ma anche, e soprattutto, nella cultura di cui ci cibiamo quotidianamente. Perché il cibo è desiderio, godimento, e molto spesso metafora. Di una relazione, di un amore finito, di uno status sociale. Allora, per tenervi ben allenati anche quest’estate, abbiamo selezionato dodici canzoni che sono letteralmente e metaforicamente da mangiare. Per intenderci, non stiamo parlando di Pumpkin Soup di Kate Nash, che, nonostante il titolo acchiappa-ascolto, non parla mica di una gustosissima zuppa di zucca. No: qui troverete brani in cui il cibo riveste un ruolo strutturale. Internazionali, per rientrare nello spirito di viaggio e vacanza che ci accomuna in questo periodo. Dunque bando alle ciance: lasciatevi trasportare dalle papille gustative e preparatevi a un percorso tra hamburger, frutti succosi e dolcetti multicolore.

Watermelon Sugar

Harry Styles

Pettegolezzi più o meno confermati sulla natura metaforica del frutto contenuto nel titolo (alcuni vorrebbero fosse slang per l’orgasmo femminile, e lo stesso Harry Styles ha mezzo confermato), una cosa è certa: Watermelon Sugar è una canzone che sa di estate. Ma è anche una celebrazione della dolcezza – dello zucchero, appunto – che la vita sa regalare attraverso lo stare insieme. Non è un caso che l’intestazione del video, datata 18 maggio 2020, reciti “questo video è dedicato all’atto di toccare”. Anche qui, con un mica tanto celato doppio senso – touching, in inglese, vale come in italiano, e può assumere una connotazione sessuale. Un piccolo capolavoro del pop, e la seconda canzone più streammata di sempre su Spotify per l’ex-membro degli One Direction (2,267,935,307 ascolti).

Candy Shop

50 Cent

Che vi dobbiamo dire, il cibo si presta ai doppi sensi. Se Harry Styles la toccava piano, 50 Cent va di accetta sulle metafore, e ci invita a unirci a lui in un “innocente” giro nel suo candy shop, negozio di dolciumi, che nel video diventa una misteriosa villa a metà tra il Rocky Horror Picture Show e un film di Robert Rodriguez. Lui stesso dichiara: «ho cercato di essere il più provocante possibile, da un punto di vista maschile intendo, senza però scadere nel volgare od osceno». Grazie, Curtis. Ma proprio quando crediamo di aver già visto tutto, il plot twist: il video termina con uno spaesato 50 Cent che si risveglia al drive through del The Candy, un simil-Mc Donald’s dove la cassiera gli sta allungando spazientita il suo ordine d’asporto. Sogni bagnati a parte, Candy Shop è davvero una canzone sul cibo.

Drunk in Love

Beyoncé (ft. Jay-Z)

Uscita attorno al periodo dell’#elevatorgate e del proverbiale schiaffo che Solange rifilò a Jay-Z per aver tradito la sorella, Drunk in Love è un gioco a due in cui l’alcol occupa il ruolo di terza punta del triangolo. Una notte, un amore folle, e tanti riferimenti pop per narrare le dinamiche tra gli amanti. In mezzo ci finisce naturalmente anche il cibo, anzi, il beverage. Beyoncé canta «We be all night, love, love», e il partner scelto per la serata potrebbe avere sia forma umana che di bottiglia. Due in particolare quelle citate nel testo: uno champagne Armand De Brignac, e il cognac D’USSÉ. Un mix da relazione pericolosa, accompagnato da ulteriori accenni gastronomici: «Eat the cake, Anna Mae», in riferimento a un episodio avvilente intercorso tra Tina Turner, al secolo Anna Mae Bullock, e il marito Ike Turner, che si vide scavalcato dalla moglie in popolarità e per ripicca le ordinò una torta che lei non volle mangiare; e misteriosamente, anche qui, l’anguria: «Didn’t mean to spill that liquor all on my attire / I’ve been drinking, watermelon».

Savoy Truffle

The Beatles

A leggere Truffle, tartufo, uno magari pensa a quei deliziosi funghi che i nasi dei lagotti tirano su dalla terra umida dei boschi. Eh, no. Il Savoy Truffle che dà il titolo a questa track del White Album è sì un tartufo, ma nella sua versione pasticcera: una piccola bomba di cioccolato, da mangiare in un morso. Perché dedicare un’intera canzone a un cioccolatino? George Harrison, autore del testo, arriva in nostro soccorso: il pezzo, spiritoso e leggero, di appena 2’54”, è dedicato all’amico Eric Clapton e all’operazione dentistica per tappare i buchi che l’eccessivo consumo di dolciumi, e in particolare di cioccolato, gli aveva procurato sui denti. E infatti il testo recita: «You might not feel it now / But when the pain cuts through / You’re going to know and how / The sweat is going to fill your head / When it becomes too much / You’re going to shout aloud / But you’ll have to have them all pulled out / After the Savoy truffle». In poche parole: dopo aver mangiato il tartufo al cioccolato, dovrai toglierti tutti i denti. Sempre Harrison afferma che l’ispirazione giunse da una scatola di cioccolatini Mackintosh’s Good News, da cui rubò i nomi di alcune dolcezze citate nel brano: Montelimart, Creme Tangerine, inventandone altri da sé. Insomma, se ascoltando Savoy Truffle vi sentirete pieni come dopo un’intera scatola di cioccolatini, missione compiuta.

Egg Cream

Lou Reed

Non si sa per certo chi abbia inventato l’egg cream. Leggenda vuole sia stato Louis Auster, dolciario di Brooklyn che, nel 1880 circa, mischiò latte, soda e uno speciale sciroppo al cioccolato, ottenendo un frappè senza gelato, spumoso come l’albume di un uovo. Senza maltrattare alcuna gallina. E infatti il secondo mistero dell’egg cream è proprio il nome. Per alcuni potrebbe essere una corruzione dello Yiddish echt keem (“pura delizia”), per altri una storpiatura con accento di Brooklyn di “a cream”, “una crema”. Quale che sia la verità, non sembra interessare a Lou Reed, che nella sua Egg Cream indossa l’abito della guida turistica e indica agli ascoltatori dove poter gustare il migliore egg cream di Brooklyn la prossima volta che passeranno da New York. I primi versi specificano addirittura la ricetta, completa di procedimento. Ricordate che, per replicare a casa, dovrete usare esclusivamente lo sciroppo di cioccolato della U Bet.

Vegetables

The Beach Boys

Quando Brian Wilson si mise a scrivere Smiley Smile, dodicesimo album in studio dei Beach Boys, voleva che il disco diventasse un inno al cibo salutista e alla cultura del corpo ben nutrito e allenato degli anni Sessanta – più o meno il periodo in cui le verdure furono scoperte per le loro proprietà nutritive e non, fino alla Seconda Guerra Mondiale, come unica forma di sussistenza rurale. Non è un caso dunque che Vegetables abbia, nei toni e nelle parole, l’allure di una canzoncina per bambini, quelle che le mamme usano per convincerli a mangiare le cose verdi che mettono loro nel piatto. «I’m gonna be ‘round my vegetables / I’m gonna chow down my vegetables / I love you most of all / My favorite vegetable». Ma i Beach Boys non sono il Ministero della Salute, e quindi, registrando Vegetables, hanno anche fatto in modo di divertirsi. Nella fattispecie, facendo sgranocchiare un sedano a un certo Paul McCartney che passava a trovarli quel giorno. Della boutade rimane un piccolo sottofondo nella traccia. Chapeau.

Soul Food

Goodie Mob

Il soul food è un mondo. Il titolo del brano dei Goodie Mob si riferisce infatti a una particolare tradizione culinaria degli Stati Uniti: la cucina afroamericana degli Stati del Sud. Caratterizzata da influenze africane nei metodi di cottura e negli ingredienti, il soul food è cibo di casa, delle radici, che fa stare bene per gusto e quantità, molto spesso preparato e servito in occasioni comunitarie come la Messa della domenica o i ritrovi di famiglia. Il nome deriva dalla musica soul, che, negli Anni Sessanta, fu portata alla ribalta come fondamentale contributo degli afroamericani alla cultura statunitense e dell’Ovest. Quindi soul food, come rivendicazione culturale e identitaria. Il senso del brano dei Goodie Mob, gruppo rap di Atlanta, è proprio questo: il fast food mi ha fatto star male, non voglio questo cibo finto, datemi il mio soul food. Che in soldoni potrebbe essere pollo fritto, ocra fritto, gallette di mais, gumbo, jambalaya, pie di patate dolci. Avercene.

So Far…

Eminem

Non un’ode ma una maledizione. Nella Detroit che Eminem canta in So Far… le possibilità di riscatto sono poche e sanno di fritto: quello che si leva dalle cappe dei fast food citati nel pezzo, McDonald’s, Burger King, e dal cibo che producono. Si parla di panini brutti e preparati economici per pasti tristi (il citato Hamburger Helper), e la fotografia restituita è quella di una discarica umana da cui è impossibile levarsi, o fisicamente o con l’anima. Il cibo è potere, e parla della classe sociale di chi lo mangia. Che Eminem, da sempre attento a queste tematiche, abbia scelto dei panini puzzolenti per parlarci di disperazione non stupisce affatto.

Steve Wynn

Action Bronson & Party Supplies

Pomparsi a bestia: questo il senso di Steve Wynn, brano con già qualche anno addosso (una decina circa) ma che regge ancora bene con un video di revenge gym che prende in giro i sali da bagno, così di moda nei primi Duemila. Ma non basta, perché Action Bronson è abbastanza famosamente tra i più spiccati gourmand della scena rap, e dunque per “pomparsi” non poteva mancare il cibo. Sushi al salmone con granchio, ginger beer Canada Dry, due panini, lime a volontà. Proprio come il protagonista del video, che sniffando un po’ di sali diventa bestia da mingherlino che era. Il messaggio arriva forte e chiaro: faccio il ca**o che mi pare, anche quando si tratta di mangiare.

Peaches

The Presidents of the United States of America

«Movin’ to the country / Gonna eat a lot of peaches». Questa la frase che, ipnotica, gira nelle orecchie all’ascolto di Peaches dei Presidents of the United States of America. La canzone parla, molto semplicemente, di quanto siano buone le pesche, e di che bello sia addentarle. Naturalmente, chiunque abbia visto Call Me By Your Name ha ormai perso ogni tipo di innocenza verso questo frutto succoso e pelosetto. Che dirvi, l’innuendo ci sta. La verità però è più triviale: a sentire il duo, Peaches sarebbe stata ispirata da una frase sentita ripetere ossessivamente da un vecchio signore su un bus: “I’m moving to the country, I’m gonna eat a lot of peaches”, ripresa pari-pari nel testo.

Apricots

Bicep

Dalle pesche alle albicocche. Anche se, a dirla tutta, qui bisogna lavorare d’immaginazione, visto che il duo di musica elettronica Bicep non è solito inserire testi nei loro lavori. Con Apricots, però, una sensazione rimane addosso, chiara e inconfondibile. Quella di essersi appena imbarcati per un viaggio, pronti a correre su praterie sconosciute. E visto che è estate, chissà che non si trovi un piccolo albero di albicocche per dissetarci e rifocillarci lungo la via.

Red Red Wine

UB40

Tra pop e reggae, gli UB40 ci regalano il perfetto sigillo a questa rassegna: la cover del brano originale di Neil Diamond è un inno al dolce abbraccio del vino, unico amante quando tutto il mondo sembra rivoltarsi contro. Il dialogo con la bevanda è intimo, salvifico, ed è l’unica cosa che davvero riesce a farci dimenticare per un attimo i problemi e i dispiaceri. «Red, red wine, it’s up to you / All I can do I’ve done / Memories won’t go, memories won’t go». Voi però, mi raccomando, bevete con moderazione. Specialmente in queste vacanze, con la nostra playlist ben accesa. E che cibo sia.

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