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I cinesi bevono più di te. O almeno, vorrebbero

La Cina (e i suoi abitanti) sono avvolti da parecchie leggende metropolitane. Ne ricordiamo alcune: che mangino il gelato fritto e il riso alla cantonese, che “non muoiano”. Oppure, che non reggano per nulla l’alcol. In questo caso la risposta è affermativa, ma…
Credits: TOLGA AKMEN/AFP via Getty

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Un antico proverbio cinese recita: “Con un caro amico, mille bicchieri di vino sono troppo pochi” (酒逢知己千杯少). Pare una guasconata da osteria, e invece descrive accuratamente la cultura del bere in Cina e il ruolo cruciale che l’alcol gioca nella formazione e nel mantenimento delle relazioni sociali del secondo paese più popoloso al mondo.

Ganbei, 干杯 (letteralmente “bicchiere vuoto”), la versione mandarina del nostro alla goccia, è il cuore dei brindisi. Un gesto che supera di gran lunga il semplice atto di alzare il bicchiere. È un’arte, uno sport, spesso persino una sfida. Ma ecco l’ironia della vita quotidiana. In un Paese in cui l’alcol è uno dei tessuti connettivi più importanti della cultura sociale e degli affari, e, secondo la documentazione storica, lo è da migliaia di anni, ci si aspetterebbe che i cinesi siano campioni del brindisi. Eppure, ecco il paradosso: molte persone in Cina, e più in generale in Asia orientale, soffrono di una particolare deficienza enzimatica, la carenza di aldeide deidrogenasi, che impedisce loro di elaborare bene, o affatto, l’alcol. In altre parole, lo reggono peggio. Nonostante (o forse proprio a causa di) questo ostacolo biochimico, bere rimane un segno di coraggio.

Credits: HECTOR RETAMAL/AFP via Getty

Non è solo piacere; è un mix di rispetto, autoaffermazione, amicizia e tradizione. La presenza dell’alcol nella cultura cinese è tale che, pur non incoraggiando mai attivamente i giovani a bere, la Cina è rimasta senza una legge che stabilisse l’età minima per l’inizio del consumo di alcolici fino al 2006. E la storia va ben più indietro di così.

La nascita dell’alcol in Cina

La saga dell’alcol in Cina è una miscela di epopee distillate e consuetudini etiliche, anche soprannominata “Acqua della Storia”. Un viaggio che si snoda attraverso quasi 4.000 anni di narrazione: leggenda narra che sia stata Yi Di, moglie del re Yu della prima dinastia, a contribuire all’invenzione del processo di produzione dell’alcol. Inizialmente, il miglio dominava la scena delle materie prime, e infatti si produceva il rinomato vino giallo. Nel corso dei secoli, però, il riso prese il sopravvento, conducendo, nel XIX secolo, a una rivoluzione delle bevande distillate.

La storia dell’alcol cinese è un caleidoscopio di personaggi, miti e bevute epiche. Nell’antichità l’alcol ha avuto un impatto particolarmente profondo sulla comunità artistica del luogo. Numerosi maestri hanno forgiato capolavori in uno stato di totale ubriachezza. Il poeta Du Fu (杜甫) descrisse l’amore per l’alcol di Li Bai (李白), uno dei poeti più famosi della storia cinese, nella sua poesia “Canzone sugli otto immortali del bere”, dicendo «Li Bai può scrivere un centinaio di poesie mentre beve un dou (circa 10 litri). Dorme solo nelle taverne di Chang’an. Anche quando l’imperatore lo convoca, lui non va, sostenendo che è l’immortale dell’alcool». Wang Xizhi, il Santo della Calligrafia, ha tentato per anni di superare il suo capolavoro, il Lantingxu, scritto da ubriaco fradicio, ma invano.

Cerimonie e tradizioni

Bere in Cina non è solo un atto di socialità, ma un insieme di usanze radicate nella storia e nel rispetto reciproco. Ci sono regole che trasformano un semplice brindisi in un autentico rituale, e alcune di queste sono rispettate ancora oggi. Rifiutare un bicchiere offerto può essere considerato maleducato; gli anziani e i superiori primeggiano nella priorità del servizio e alzare il bicchiere più in alto di loro è un tabù. Quando si sente il ganbei, la tradizione vuole che si beva tutto il contenuto del bicchiere, mostrandolo poi vuoto agli altri presenti. Non da ultimo, sia nel dare che nel ricevere un bicchiere, è fondamentale usare entrambe le mani.

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Bere lavorativo e bere in festa

Il bere in ambito lavorativo in Cina si presenta come un mix tra una cena d’affari e un frat party americano. «Una volta ho salvato il progetto produttivo di un cliente» – racconta Bonnie Girard, presidente della società di consulenza China Channel Ltd – «bevendo vino di riso durante un banchetto con i capi di nove dipartimenti dell’azienda elettrica municipale. Inizialmente, il cliente avrebbe dovuto attendere sei mesi prima che l’impianto ricevesse energia elettrica sufficiente. A sorpresa, solo tre giorni dopo il banchetto, arrivò la notizia che la situazione era migliorata e l’installazione sarebbe partita entro il mese, cosa che effettivamente avvenne. Quei bicchieri di liquore e il legame che si era risparmiarono al cliente cinque mesi di fermo e centinaia di migliaia di dollari in mancati guadagni». Poiché la tradizione incoraggia a spostarsi tra i tavoli brindando con gli altri partecipanti, spesso ci si ritrova al tavolo principale per un momento di convivialità con i dirigenti e gli alti funzionari. Ricevere un complimento per saper gestire bene l’alcol è considerato un onore in Cina e, per coloro che eseguono questo rituale con destrezza, può rivelarsi un trampolino di lancio significativo per la carriera.

Ma bere in Cina non si limita solo al “dove” ma anche al “come”. Dai classici giochi alcolici (Jiuling 酒令), che possono variare in base allo status sociale, alla cultura e agli interessi del bevitore, fino al drinking with one heart, un’usanza che coinvolge due persone che bevono contemporaneamente dallo stesso contenitore. Questo gioco va oltre il semplice atto di bere, avendo lo scopo più profondo di eliminare incomprensioni, creare amicizie o rafforzare legami tra individui, o nazionalità diverse.

Che cosa bevono i cinesi?

Al centro delle libagioni c’è il baijiu, un distillato ottenuto principalmente dal sorgo rosso, ma che spesso abbraccia anche altre varietà di cereali come frumento, orzo o miglio, e la cui gradazione può variare tra il 35% e il 60%. Il baijiu di alta qualità, oltre a essere un dono prestigioso, viene offerto a politici stranieri durante momenti cruciali, come la storica visita del presidente americano Nixon a Pechino nel 1972. Nel 2020, secondo i dati della China Alcoholic Drinks Association, le vendite di baijiu costituivano il 70% del totale dei ricavi dei produttori di bevande alcoliche in Cina. Il mercato ne offre diverse varietà, tra cui spicca il Moutai. Questo liquore, portatore del nome della sua città d’origine, è oggi un’icona del patrimonio culturale cinese, sebbene il resto del mondo stia ancora cercando di imparare a pronunciarne il nome correttamente. Nonostante il dominio incontrastato del baijiu, alcuni cocktail fusion hanno fatto capolino. Un esempio è il connubio tra whisky e tè verde, definito dal giornalista di vino e liquori Beppi Crosariol come “l’equivalente cinese del gin tonic e una sorta di cocktail nazionale”. Il mix ha guadagnato popolarità a livello internazionale, tanto che il marchio inglese Noveltea ha lanciato una controparte fusion della bottiglia premix di Jack Daniel’s e Cola, chiamata The Tale of Oolong, una miscela di whisky scozzese e tè oolong cinese.

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I problemi con l’alcol

Questo intricato legame con l’alcol non è privo di ombre. La storia della baldanza nel bere ha, in diverse occasioni, assunto una piega tragica. Quest’anno, in tre circostanze separate, sono stati registrati decessi di altrettante persone. Un live streamer è stato ritrovato senza vita a maggio, dopo aver bevuto almeno sette bottiglie di baijiu in diretta su Douyin, la controparte cinese di TikTok. A giugno, un altro influencer è deceduto online nel tentativo di vincere una sfida alcolica. La moglie ha rivelato che il marito stava cercando disperatamente di guadagnare soldi attraverso il live streaming per saldare i centinaia di migliaia di yuan di debiti accumulati prima del matrimonio. A luglio, un uomo ha tragicamente perso la vita bevendo un litro di baijiu in soli dieci minuti durante una cena aziendale, partecipando a una competizione alcolica lanciata dal capo della compagnia, con un premio di circa 2.500 euro. Forse, proponiamo noi, pure un po’ pochi.

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